Culle vuote, non è (solo) l’economia
Un Mondo più consapevole e in (giustificato) deficit di speranza
Puntuale come sempre, è arrivato il solito allarme demografico.
Secondo gli ultimi dati Istat, infatti, nel 2022 in Italia sono nati circa 393.000 bebè, un nuovo record in negativo: è infatti la prima volta dall’Unità che il numero di nuove nascite non arriva a 400.000.
Come si può immaginare, in televisione e in Rete è già ripartita la consueta girandola di ansie (quest’anno con la partecipazione speciale di Elon Musk), accuse, e possibili soluzioni.
“Colpa” della pandemia e dei suoi strascichi, certo: ma già negli anni precedenti al Covid-19 il trend negativo era abbastanza chiaro.
Che altro c’è sotto, quindi?
Due imputati sempre chiamati alla sbarra sono naturalmente la congiuntura economica non delle migliori e lo scarso sostegno economico e logistico offerto ai giovani: se il lavoro manca o quando c’è è mal pagato, se il costo della vita è alle stelle e trovare posti in asilo sembra un’impresa… quando i bimbi arrivano, arrivano più tardi e non più di due a famiglia, nessuno stupore.
Eppure, se la precarietà finanziaria e le politiche inadeguate restano fattori da non trascurare, da sole non spiegano tutto, specialmente se guardiamo oltre i nostri confini:
Come possiamo notare, Paesi con mercati più floridi e/o welfare più generoso del nostro non sembrano vantare tassi di natalità tanto superiori al nostro, mentre al contrario, terre più martoriate continuano lungo la strada di un boom demografico o almeno di nascite numerose e costanti.
Sembra già di sentire allora i soloni televisivi e da bar ringalluzziti e pronti a spiegare che anche da noi “una volta” si era poveri ma si figliava lo stesso, e che le vere cause del calo demografico sono il femminismo, l’ateismo, gli smartphone, e, soprattutto, l’egoismo.
Hanno ragione?
Be’, in parte sì e in parte no.
Da un lato, è vero che donne più emancipate, istruite, incoraggiate a vedersi come qualcosa di più della futura compagna di un uomo e di una madre di dieci figli si rendono conto di potere e volere ben altro dalla vita, senza che la loro esistenza ne risulti diminuita, anzi.
È altrettanto vero che la possibilità di esplorare altre visioni della vita e del suo senso, allontanandosi da dogmi e tradizioni, ha portato e porta tutt’ora molte persone di ogni genere e orientamento sessuale a vivere la propria quotidianità in modo sereno, senza ambire alla classica famiglia da spot pubblicitario.
Ed è innegabile anche l’impatto delle nuove tecnologie sulla nostra capacità e volontà di cercare e creare legami sentimentali profondi:
Ciò che contesto, però, è che la scelta di milioni di persone di non avere figli sia necessariamente un atto di egoismo.
Prima di tutto, non avere figli che non si desiderano è semplice buon senso: perché metterli al Mondo, magari cedendo a pressioni sociali varie, per poi crescerli nel risentimento?
Decidere di restare senza prole, o childfree come si dice Oltreoceano, è una scelta personale insidacabile e a suo modo etica.
Ma soprattutto: proviamo a guardarlo bene, questo nostro Mondo, quello che entra nelle nostre case attraverso la vita di tutti i giorni, le notizie, i media.
Siamo su un Pianeta squassato da una crisi climatica sempre più evidente anche ai non addetti ai lavori, mentre le soluzioni proposte restano spesso vaghe e insufficienti, con un’opinione pubblica che se non indifferente si sente non di rado respinta dalla discussione, anche a causa di forme di attivismo poco efficaci:
Viviamo inoltre in un tempo di guerre tornate ormai vicine anche a casa nostra, al relativamente “sicuro” Occidente, e mentre i morti si moltiplicano in terra e in mare la cabina di regia ci appare o affollata da attori in perenne conflitto o angosciosamente vuota, per lasciare spazio a interpretazioni della realtà assurde e pericolose:
Infine, stiamo sperimentando sulla nostra pelle i limiti della nostra fiducia nel nostro (presunto) libero arbitrio, cosìì come nel mito della resilienza, che in questa nostra era tanto competitiva, se portato all’estremo, genera illusioni, delusioni, tragedie; il tutto mentre il nostro ruolo di individui autonomi, pensanti, agenti, creativi sembra minacciato ogni giorno di più da tecnologie che ormai preoccupano i loro stessi artefici:
In un Mondo che sta andando a fuoco, in un Mondo dove il domani per tanti versi ci appare ancora meno scontato del solito, e dove, per inciso, tanti bambini senza casa aspettano già dei genitori, è davvero egoista rinunciare ad avere figli?
Certo, qualcuno potrebbe obiettare che in tanti si stanno già battendo per cambiare le cose, e che solo proseguendo il proprio cammino l’Umanità potrà continuare a lottare e a trovare nuove soluzioni ai suoi tanti problemi.
Ma siamo davvero sicuri che i “buoni” siano destinati a vincere?
E in ogni caso, siamo disposti a mettere in gioco non solo le nostre vite, bensì quelle altrui, inseguendo questa speranza?
E se un giorno i nostri figli ci odiassero per essere stati costretti a studiare lunghe ore per farsi strada in una società ipercompetitiva, o a prestare servizio militare obbligatorio per l’ennesima guerra, o a sopportare estati a quarantacinque gradi all’ombra?
Cosa diremmo loro, che non ci andava di passare da egoisti?
Mettere al Mondo un figlio, oggi, è più che mai un atto di responsabilità: rinunciarvi non può essere liquidato come “egoismo”.
I giovani in Italia e altrove, i genitori mancati di questi nostri tempi di crisi, potrebbero essere semplicemente più consapevoli e realisti: molto più di chi, accecato dalla comodità di un’esistenza più privilegiata o da ideologie di vario genere si sente in diritto di criticarli.
Se vi va, ci vediamo anche sul blog Mondo in Frantumi :)