Poche cose da sapere sulla vita e la morte di una comunità di pratica

#CoP di interesse per i medici dediti alle attività di formazione sul campo

salvo fedele
Comunità & Pratica
7 min readMay 5, 2013

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(1) La definizione? Qualche caratteristica

Una ricerca orientata permette al lettore di trovare una ricca e varia bibliografia sulle definizioni di Comunità di Pratica (CoP). Ottima la breve introduzione scritta da Etienne Wenger, ma quello che serve sottolineare subito è più che una definizione qualche caratteristica.

Le CoP negano la validità dell’assunto, nei fatti alla base di tutti i percorsi formativi tradizionali, secondo cui l’apprendimento di chi pratica un “mestiere complesso” si può fondare, come per lo studente in formazione, su una relazione tra “maestro” e “discepolo”.

I mestieri complessi si fondano infatti su competenze complesse e l’acquisizione di queste competenze è possibile grazie a un processo di relazioni tra pari in cui i ruoli di “novizio” e di “esperto” non sono fissi, ma interscabiabili e gli attori di queste relazioni hanno disponibilità a mettere in comune esperienza, pratica e cultura.

D’altra parte al di là della partecipazione attiva alla vita di una CoP chiunque pratichi un mestiere complesso ha certamente esperienza diretta della validità di questa affermazione riflettendo individualmente sul proprio percorso di formazione, per quanto mediato da incontri e esperienze più tradizionali.

Circa le definizioni vale la pena sottolineare che alcune distinzioni ancora in voga tra CoP e CoP on line sembrano ormai obsolete.

In realtà la vita delle CoP si caratterizza per la pratica costante del cosiddetto “blended learning”, ovvero l’utilizzo di tutte le “piattaforme” idonee alla comunicazione e all’apprendimento di quel dato gruppo, senza contrapposizioni nette tra piattaforme virtuali e modalità di incontro realizzate di presenza.

Serve semmai sottolineare che la vita di una CoP difficilmente può contare esclusivamente sull’incontro virtuale, per via della facilità con cui la comunicazione on line può determinare equivoci di ogni sorta e generare eventi critici che mettono a rischio la vita stessa della CoP.

Infine una puntualizzazione va subito fatta sul numero relativamente esiguo di persone che può essere considerato compatibile con la vita di una CoP. Dimesioni superiore a 10 unità, almeno senza una attenta programmazione collettiva dei percorsi di interazione interna, difficilmente sono compatibili con la vita di una CoP.

(2) I prerequisiti essenziali

Una comunità di pratica è innanzitutto un’infinità di “progetti didattici reali” creati dalla quotidianità del lavoro individuale.

In generale,la partecipazione a una Comunità di Pratica (CoP) richiede almeno due prerequisiti: la consapevolezza dei propri limiti e la disponibilità all’ascolto. Questi prerequisiti ovviamente esulano dalla “piattaforma” utilizzata.

La consapevolezza dei propri limiti permette di affrontare con la necessaria serenità eventi critici ed errori, da sempre considerati, almeno sul piano teorico, elementi essenziali del processo d’apprendimento di un adulto in formazione permanente.

D’altra parte la consapevolezza dei propri limiti permette di evitare un importante “effetto collaterale” che può derivare “dal senso di appartenenza” e cioè il “delirio di onnipotenza”. Lo stesso odioso “effetto collaterale” cioè che incontriamo talvolta in medici che fanno parte di “importanti istituzioni” o semplicemente dell’istituzione ospedale e che in forza di questa “appartenenza” credono di aver diritto a ignorare le regole della comunicazione scientifica come quelle della buona educazione.

Partecipare a un nostro “progetto didattico reale” sui riflessi periferici, senza essersi sforzato nell’ultimo decennio di fare qualche timido tentativo con il martelletto, renderebbe vano ogni sforzo. Nessuno di noi si sentirebbe però neurologo pediatra alla fine di questa attività, grazie a un altro e ben più importante prerequisito: la consapevolezza dei nostri limiti. Questa cautela va mantenuta per tutti i percorsi didattici proposti.

La disponibilità all’ascolto è l’altro elemento fondamentale di ogni processo didattico (che per sua definizione è un processo di cambiamento).

Ancor più lo è per i processi didattici reali che coinvolgono aspetti rilevanti oltre che del “sapere” e del “saper fare” anche e soprattutto del “saper essere”.

La disponibilità all’ascolto ha sue peculiarità nell’interazione digitale, ma si ricorda che alla fin fine… di presenza, su internet, con i piccioni viaggiatori o quant’altro… la disponibilità all’ascolto è sempre la stessa “qualità”, senza la quale è davvero impossibile partecipare alla vita di una CoP.

(3) La capacità di interagire

Questi prerequisiti sono “essenziali” proprio per acquisire le varie abilità che la vita in una CoP tende “naturalmente” a coltivare, per esempio la capacità di interagire efficacemente e in modo “umano”.

In maniera dunque molto diversa da come si interagisce normalmente, per esempio su una “mailing list” oppure nelle corsie ospedaliere o nelle équipe mediche in generale.

Queste e altre capacità di area si acquisiscono con relativa facilità, grazie alla naturale attenzione all’addestramento alle dinamiche della comunicazione che caratterizza la vita di una CoP

Questo addestramento riguarda in particolare:

a. le tecniche e le tappe della comunicazione scritta (dalla riflessione individuale al report preliminare, fino alle diverse modalità disponibili per presentare un problema o registrare le attività svolte);

b. l’analisi dell’errore e in generale degli eventi critici;

c. le modalità di interazione (sia scritta che orale) necessarie a condurre un problem solving;

d.le modalità con cui presentare un efficace progetto di problem based learning;

e. le modalità con cui definire bisogni educativi reali;

f. l’analisi dei ruoli ricoperti nelle varie attività, con particolare attenzione a sviluppare elevate capacità di trasferimento di competenze.

(4) Il valore della diversità

Una CoP ha il suo valore fondante su un secondo elemento e cioè la diversità. Per i teorici dell’apprendimento dell’adulto la diversità è una ricchezza. Lo è la diversità di temperamento, di professionalità, come la diversità di appartenenza sociale (ovvero di storie personali).

L’attenzione alla diversità è una caratteristica che accomuna le CoP alle istituzioni universitarie più attente.

A titolo di esempio si ricorda che il processo di selezione dei candidati all’Università mediche in UK prevede una particolare attenzione alla diversità sociale. C’è chi erroneamente pensa che questa sia un’eredità del “socialismo reale”, ma i conservatori di Cameron si guardano bene dal metterla in discussione.

Le Università UK riservano una quota rilevante degli ingressi (generalmente intorno al 5%) ai ragazzi che hanno origine da aree sociali svantaggiate. Si sostiene che senza questi ingressi si finirebbe per perdere una quota rilevante di “umanità”, si finirebbe per perdere una ricchezza indispensabile per il mondo universitario.

La totale disattenzione a questo problema dell’università medica italiana è emblematica del decadimento culturale di questa istituzione.

D’altra parte la diversità è la cosa più importante da ricordare per chi ha da costruire un progetto didattico di qualsiasi natura, la sfida che rende necessarie tutte le tappe della progettazione didattica.

Va da sé che questo elemento fondante richiede un’altra caratteristica individuale: la tolleranza, che la pratica comune trasforma facilmente in empatia, non solo per i problemi affrontati ma ancor di più per gli health outcome dei nostri comuni pazienti, il vero “prodotto finale” del progetto che ci accomuna.

(5) la possibile utilità dei socialnetwork

I socialnetwork non sono disegnati per favorire le interazioni di una CoP, hanno altre finalità, ma possono essere piegati alle esigenze di una CoP. Difficile farne a meno tenendo conto dell’attuale rapporto costi/benefici.

In un altro scritto partendo da considerazioni in larga parte qui ribadite ho dedicato particolare attenzione a uno di questi, ma per lo sviluppo di una CoP un insieme di attività individuali e di team meritano di essere dedicate all’analisi e all’utilizzo appropriato di nuove piattaforme ogni giorno offerte dal web.

Alcuni esempi:
a. i diversi sistemi di videoconferenza che rendono facile l’aggregazione di team dedicati ad attività specifiche in alternativa a (pur sempre necessarie) riunioni residenziali;

b. le piattaforme di e-learning che permettono di perfezionare le abilità di progettazione di attività rivolte al problem based learning;

c. l’uso combinato dei socialnetwork con altri servizi (su tutti i “domini Google” e i “taccuini evernote”) ad esempio per esigenze di catalogazione comuni o individuali come i “portfolio personali” (molto raccomandati nei progetti di formazione permanente e del tutto ignorati dalla nostra ECM)

(6) Il mondo degli incontri tradizionali

Chi vive una esperienza di CoP , finisce per avere non poche difficoltà a mantenere una propria partecipazione attiva alla vita degli incontri “formativi” più tradizionali. Al di là dei limiti evidenti di questi incontri la vita sociale di una professione impone in qualche modo anche quest’obbligo, considerato irrinunciabile dalla maggioranza di chi oggi pratica un mestiere complesso.

D’altra parte l’isolamento all’interno della propria CoP è un pericolo costante da tenere a mente e che contradddice la natura stessa della partecipazione attiva a una CoP.

(7) Il ciclo vitale di una CoP

Una CoP è un insieme fatto di organismi viventi, con un naturale percorso di crescita e di declinio fino alla morte.

La si può tenere in vita indipendentemente dalla morte di chi vi partecipa, ma è in grado di morire, come ogni organismo vivente, da sola e indipendentemente dalla volontà di tenerla in vita.

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salvo fedele
Comunità & Pratica

pediatra a Palermo; mi piace scrivere, ma cerco di non abusare di questo vizio per evitare di togliere tempo al… leggere (╯°□°)