Ascesa e declino dei giochi musicali — Parte 3

Dalle stelle alle stalle.

Stefano Lucchi
Frequenza Critica
8 min readAug 16, 2021

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Copertina Guitar Hero

Dopo aver visto prima la nascita dei giochi musicali e successivamente la loro affermazione presso il grande pubblico viene spontaneo porsi una domanda: possibile che nessuno avesse provato a infilarsi in quel mercato, che nessuno avesse cercato di prendersene una fetta anche piccola? Possibile che non fossero spuntati emuli da quattro soldi come ogni volta che scoppia improvvisamente qualche nuovo fenomeno?

Oh, sì che ci sono stati.

Gli altri

Neanche a dirlo tra quelli che hanno provato a infilarsi in mezzo c’è stata per prima Konami, che provò a rilanciare il brand Bemani sull’onda del successo dei Guitar Hero/Rock Band con il disastroso Rock Revolution: si trattava di un titolo che cercava di mantenere una certa fedeltà ai vecchi Guitar Freaks e DrumMania integrando però elementi dei titoli moderni, creando così un mix che scontentava entrambe le utenze; venne demolito in fase di recensione e schifato o ignorato dai giocatori a seconda del loro background di appartenenza.

Più o meno nello stesso periodo Activision decise di farsi concorrenza da sola pubblicando DJ Hero, titolo questa volta incentrato sulla figura del DJ e dotato di un controller che replicava il mixer con giradischi. Nonostante l’accoglienza positiva da parte della critica, una convergenza di fattori portò il titolo a essere un mezzo flop dal punto di vista commerciale, tanto che riuscirà a ottenere solamente un seguito prima di sparire nelle nebbie del tempo.

Un terzo caso rimarchevole fu invece quello di Rocksmith, la risposta senza compromessi messa in campo da Ubisoft: in questo caso non c’erano controller ma si suonava con una chitarra vera e l’interfaccia era stata studiata per poter mostrare a schermo le note da suonare sullo strumento. Troppo complesso per il pubblico di massa che giocava a Guitar Hero e troppo basilare per chi già suonava realmente la chitarra, Rocksmith non arriverà mai a lasciare un segno consistente nel mondo del gaming, ma si ritaglierà la sua nicchia di appassionati che gli permetterà di continuare a campare di DLC per un bel po’ di anni a venire (e quello dei DLC è un discorso che riprenderemo più avanti).

Roscksmith-interface
Screenshot ufficiale che mostra la rinnovata interfaccia di Rocksmith per il 2014.

L’ambiente PC e il piacere di crearsi le canzoni da soli

Fin dai tempi dei primi Guitar Hero per PlayStation 2 i giocatori si ingegnarono a realizzare canzoni personalizzate per espandere le tracklist dei giochi con i propri gruppi preferiti. All’epoca non era raro scaricarsi le immagini .iso da eMule dei giochi con le tracklist rifatte e masterizzarle per farle girare sulle proprie PlayStation 2 modificate solo per poter avere più canzoni e/o poter suonare i brani dei propri gruppi preferiti; la community più grossa dell’epoca — quella di ScoreHero — aveva una sezione nel proprio forum totalmente dedicata a questo (ovviamente nascosta per non incappare in problemi di copyright) e gli appassionati convergevano praticamente tutti lì per farsi le tracklist personalizzate.

Non ci volle molto perché qualcuno andasse oltre e realizzasse un software aperto capace di replicare interfaccia e meccaniche dei rhythm in auge: fu così che venne realizzato Frets on Fire, che era di fatto un clone open source di Guitar Hero per PC che permetteva di svincolandosi dalle difficoltà legate al dover operare manualmente su software console (incrementate con l’arrivo di Xbox 360 e PS3). Frets on Fire si giocava tenendo in mano la tastiera e utilizzando alcuni dei suoi tasti come equivalenti dei pulsanti colorati dei musicali “classici”, ma era possibile utilizzare anche la chitarra della versione Xbox 360 di Guitar Hero II, l’unica dotata di cavo USB e non di connessione wireless.

Frets-on-Fire-screenshot
Frets on Fire, con l’interfaccia di una spartanità senza pari, ha comunque segnato un’epoca.

Su console si provò similarmente a realizzare qualcosa di più “aperto” nella forma del Rock Band Network, piattaforma interna ai Rock Band dove i giocatori potevano veder caricate canzoni realizzate da loro; essendo un canale “ufficiale” il tutto era sempre vincolato dai copyright, perciò si potevano pubblicare i brani solo con il consenso delle band, finendo con il limitare il catalogo per lo più ai gruppi indie che magari volevano farsi conoscere.

A distanza di anni, quando ormai il fenomeno era andato decaduto, un altro emulo venne fuori e raccolse le redini di Frets on Fire: si tratta di Clone Hero, progetto nato su XNA e successivamente riconvertito su Unity che riciclava gli asset comuni di Guitar Hero 5, Band Hero e Warriors of Rock e manteneva la stessa espandibilità offerta precedentemente da Frets on Fire; i giocatori di alto livello che hanno continuato a giocare e che in certi casi si sono riciclati come youtuber o streamer solitamente utilizzano proprio questo “gioco” per i loro video e le loro trasmissioni, grazie al fatto che la natura aperta del programma permette di fare cose altrimenti impossibili, come creare canzoni personalizzate dalla difficoltà smodata, velocizzare progressivamente i brani e così via.

Cadute e rinascite. Di nuovo.

Il calo di vendite dei Guitar Hero e dei Rock Band e l’insuccesso dei principali competitor portarono l’opinione pubblica a considerare il fenomeno ufficialmente morto con il passaggio alla generazione di Xbox One e PS4. Un’analisi di mercato che tirava le somme di fine generazione, però, portò alla luce il fatto che Guitar Hero era stato uno dei franchise più remunerativi e che il terzo capitolo da solo era arrivato a diventare il gioco con il maggior fatturato negli Stati Uniti di tutta la generazione, scalzando perfino il compagno di scuderia Call of Duty. Tutto questo non poteva passare inosservato.

Il primo sussulto arrivò da Harmonix, che, intenzionata a rilanciare Rock Band, fece un sondaggio per sapere quali feature il suo pubblico avrebbe voluto vedere in un ipotetico nuovo titolo. Neanche a dirlo le opzioni di gran lunga più votate furono la retrocompatibilità degli strumenti e quella dei brani scaricati/esportati/acquistati, per non dover ricominciare di nuovo tutto daccapo. Harmonix iniziò così a lavorare a stretto contatto con Sony e soprattutto con Microsoft per rendere la cosa possibile — su Xbox la compatibilità degli strumenti era un problema perché su Xbox 360 il sistema di trasmissione dati dei controller era proprietario mentre per Xbox One si era passati al più comune bluetooth — , ma nel frattempo Activision vuoi per coincidenza o vuoi per pianificazione pensò anch’essa di tentare il rilancio del proprio brand e annunciò Guitar Hero Live. Per l’occasione sarebbe cambiato il sistema di funzionamento della periferica (si ritornava alla sola chitarra) e sarebbe stato avviato un servizio di musica online da “suonare” liberamente chiamato Guitar Hero TV da affiancare all’esperienza single player classica.

Questo rappresentò una colpo tremendo per Harmonix, perché questi si ritrovò a dover lavorare in fretta e furia per riuscire ad arrivare “alla pari” alla data di uscita del competitor ma senza averne le risorse equivalenti, in quanto il team era ormai tornato indipendente. A questo si sommarono le difficoltà nell’adattamento del motore grafico proprietario di Rock Band alla nuova generazione di macchine, soprattutto perché il tempo a disposizione prima della pubblicazione era pochissimo, circa sei mesi.

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Immagine promozionale di Guitar Hero Live: si può vedere come nel controller siano state realizzate due file di tasti sovrapposti per replicare la realizzazione degli accordi e di come l’interfaccia a schermo sia stata ripensata di conseguenza.

Ottobre 2015 arrivò e Guitar Hero Live venne accolto bene dalla critica ma le vendite al pubblico, pur discrete (circa 1,6 milioni di copie), non furono sufficienti a giustificare eventuali seguiti. I ricavi della Guitar Hero TV al di sotto delle aspettative (sfruttava un particolare sistema di partite “a gettone”) portarono dopo circa tre anni alla chiusura del servizio, decretando di fatto la fine del supporto al titolo e la fine della serie in generale.

Dall’altro lato Rock Band arrivò al lancio in maniera quasi impresentabile, con la retrocompatibilità dei brani ancora fortemente incompleta e un motore di gioco instabile e soggetto a glitch che portarono al reset delle classifiche online un paio di volte; per un gioco votato all’ottenimento del punteggio più alto diciamo che è un po’ un problema. Cosa più grave mancava il multiplayer online, storicamente cardine della serie, e non sarebbe arrivato prima di un anno. Le vendite non furono delle migliori (600.000 copie, la differenza di peso tra i brand si faceva ancora sentire parecchio) ma ciò in cui riuscì il gioco fu riattivare la già citata “macchina dei DLC”: uno dei principali motivi di successo sulla lunga distanza di Rock Band era proprio dovuta al fatto che Harmonix continuò a espandere regolarmente lo store online delle canzoni, riuscendo a generare un flusso di entrate costanti che consentì alla serie di monetizzare ben oltre il ciclo di vita dei singoli giochi, specialmente considerando che le canzoni aggiuntive erano compatibili con tutti i capitoli della serie, perciò anche chi “rimaneva indietro” poteva comunque continuare a espandere la propria libreria di canzoni.

Un gioco ben più di nicchia come Rocksmith ha campato di rendita sui DLC per ben nove anni, dal lancio nel 2011 fino all’anno scorso; Rock Band, al contrario, ha avuto un periodo “di pausa” ma oggi sta ancora sfornando canzoni aggiuntive, segno che una nicchia dura a morire ancora si stringe attorno al gioco. Nel frattempo con il passare degli anni Harmonix ha sistemato le magagne tecniche, ha aggiunto i contenuti mancanti,ha ripristinato le compatibilità dei brani e pubblicato l’espansione Rivals.

Il presente

Ormai di giochi musicali con le periferiche dedicate non è rimasto quasi più nessuno (al momento di scrivere l’unico nome che mi viene in mente è lo storico Taiko No Tatsujin di Namco, che peraltro pur esistendo da una vita ha curiosamente avuto un’escalation di popolarità in occidente proprio in questi ultimi anni), ma Harmonix, con il sopraggiungere dell’attuale generazione cominciata l’anno scorso è stata comunque in grado di rendere compatibile Rock Band 4 con le sue tracklist, le sue periferiche e il suo adattatore, facilitata anche dal fatto che le due nuove Xbox sono nativamente retrocompatibili con l’hardware precedente, e quindi il gioco già girava senza bisogno di particolari accorgimenti. Avrei voluto levarmi lo sfizio di concludere l’articolo con una piccola parentesi di vanagloria lasciandovi uno screenshot della mia lista di canzoni che attesti a cosa possono portare tre generazioni di compatibilità hardware/software, ma la cattura audio/video su Rock Band 4 è bloccata... per la cronaca al momento di andare online con l’articolo la mia “collezione” di brani conta più di 1000 canzoni.

Nota finale: Ovviamente in questo speciale non ho voluto coprire i giochi musicali in genere (ce ne sarebbero troppi) ma solo quelli dotati di periferiche dedicate che hanno generato un vero e proprio fenomeno di cultura pop, finendo per essere rappresentati perfino in cartoni animati e serie tv. Avrei potuto esplorare l’argomento più nel dettaglio parlando ad esempio delle curiose conversioni DS da giocare con il touch tramite plettro (!), ma direi che già così abbiamo approfondito l’argomento a sufficienza. L’unico aspetto che ancora vorrei approfondire è uno prettamente “tecnico” di gameplay, a cui dedicherò in futuro un Cosa non Funziona. Se dovessero esserci ulteriori sviluppi dedicati a questo filone potete star certi che mi troverete in prima fila a raccontarveli, anche se non voleste.

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