Cronache dal Backlog — System Shock: Enhanced Edition

Benvenuti a Citadel Station.

Stefano “Revan” Castagnola
Frequenza Critica
6 min readAug 28, 2020

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Citadel Station

Nel 1993 Doom cambiava per sempre il modo di intendere i videogiochi, andando incontro a un incredibile successo di critica e pubblico. L’anno dopo, un altro gioco in prima persona era pronto a fare qualcosa di simile, espandendo per sempre i confini di ciò che era possibile fare all’interno di un videogame; purtroppo però senza andare incontro alla stessa fortuna del lavoro di Carmack, Romero e soci.

Quel gioco era System Shock, titolo seminale che, insieme a Ultima Underworld, avrebbe posto le basi per quel genere che oggi è spesso indicato col nome di “immersive sim” (termine che onestamente non mi piace molto, ma tant’è), che annovera al suo interno nomi come quelli di Deus Ex, Thief, Dishonored.

Ma torniamo a quanto dicevamo prima sulle scarse fortune di System Shock. Intanto quello che ho affermato in precedenza non è del tutto corretto, perché il videogame di Looking Glass e Origin Systems, pur senza sfondare, ha comunque registrato introiti abbastanza alti da giustificare l’esistenza di un sequel, il ben più famoso System Shock 2. In ogni caso, la titubanza di molti giocatori del periodo nei confronti di System Shock va probabilmente attribuita non solo a un gameplay dai ritmi piuttosto lenti (specie se paragonati a Doom e ai suoi “cloni”) ma anche e soprattutto a dei comandi un po’ macchinosi e a un’interfaccia poco intuitiva.

Interfaccia di System Shock
Diciamo che l’interfaccia poteva anche essere snellita un po’, ecco.

È probabilmente a causa di questi problemi che System Shock è rimasto un po’ sullo sfondo dei suoi fratelli più famosi, primo per l’appunto il sequel ma anche eredi spirituali più moderni come Bioshock di Irrational Games e Prey di Arkane Studios. Tuttavia, bypassare il capostipite in favore dei suoi eredi moderni è un errore, perché una volta superato l’impatto con le macchinosità iniziali quello che si ha davanti è un gioco fantastico, che ha molto da dire anche oggi, 26 anni dopo l’uscita originale.

E anche senza aspettare l’arrivo del remake, che comunque è il benvenuto e sembra sulla buona strada per svecchiare e rendere più accessibile il lavoro di Looking Glass senza tradirne però l’anima, l’Enhanced Edition presente su GOG e Steam è già una buona opzione per esplorare Citadel Station in tutta la sua gloria, con qualche piccolo aiuto per facilitare l’ingresso ai giocatori di oggi, tra cui il mouselook. Rimane qualche scomodità a cui tocca abituarsi, ma nulla di insormontabile.

La ricompensa è un gioco vecchio di oltre un quarto di secolo ma con idee sorprendentemente fresche e moderne, che da subito ci accoglie nei corridoi della sua vasta e letale stazione spaziale con un’atmosfera cyberpunk riuscitissima e sottolineata anche da una colonna sonora bellissima e dotata di tracce diverse per ogni macroarea, che sottolineano con efficacia l’atmosfera di ciascun livello e ci accompagnano durante l’esplorazione di tutta Citadel Station.

Ci troviamo in una stazione spaziale in cui qualcosa è andato terribilmente storto, l’equipaggio sembra essere sparito o morto e al loro posto troviamo strane creature mutanti e pericolosi cyborg, pronti a darci la caccia instancabilmente. Al loro comando l’IA SHODAN, che ha preso possesso della stazione e ci perseguita immancabilmente per tutto il gioco, spiandoci attraverso le telecamere presenti in ogni angolo e seguendo da vicino i nostri progressi, sempre pronta a metterci i bastoni tra le ruote e sempre (beh, fino alla sezione finale, almeno) al di fuori della nostra portata.

Se a questo aggiungiamo un certo gusto per la teatralità, i continui tentativi di sminuire ogni nostra impresa (e noi con essa) e la capacità di reagire con un piano B in grado di vanificare i nostri tentativi di combatterla, beh… non è difficile capire perché SHODAN sia diventata un personaggio così iconico e amato, ritenuto uno degli antagonisti più riusciti e carismatici della storia dei videogiochi.

Non è solo SHODAN a rendere memorabile l’esperienza di gioco, però, anzi la protagonista indiscussa si può dire che sia la stazione stessa, che si sviluppa in verticale su dieci diversi livelli, ognuno con le sue particolarità e un’atmosfera ben distinta, che dovremo in certi casi visitare anche più di una volta facendo un po’ di backtracking (nulla di esagerato, comunque, non temete).

prima area di System Shock
La nostra avventura inizia qui, appena usciti da una capsula criogenica in cui abbiamo passato gli ultimi sei mesi, pronti ad affrontare le legioni di mutanti e cyborg agli ordini di SHODAN.

Il primo livello, quello medico, ci introduce fin da subito al gioco: siamo in un’area estesa con tante stanze da esplorare, collegate da numerosi corridoi e popolate da tanti nemici, ci sono tanti segreti da scoprire che premiano i giocatori più attenti e dedicati all’esplorazione e non ci sono personaggi pronti a guidarci passo dopo passo, darci una mano o spiegarci come stanno le cose, o come hanno fatto a precipitare così in fretta. Siamo lasciati a noi stessi e non resta che rimboccarci le maniche, darci da fare per ricomporre i pezzi del puzzle e svelare i misteri di Citadel Station.

Anche la storia, al di là dell’introduzione iniziale e di quella finale, è lasciata al giocatore: certo, comprendere il quadro generale non è troppo difficile anche senza essere assaliti da migliaia di dialoghi che ci spiegano tutto con dovizia di particolari, ma se vogliamo scoprire cos’è davvero successo nella stazione e perché, o se vogliamo conoscere meglio i principali attori del racconto, o anche solo capire com’era la vita a bordo dobbiamo essere noi a esplorare da cima a fondo ogni stanza e trovare le risposte alle nostre domande, spesso in forma di testi o di audiolog (sì, non avrete mica pensato che li avesse inventati Bioshock dai!).

Nonostante l’intreccio sia di per sé piuttosto semplice e il doppiaggio dei personaggi minori non sia sempre il massimo (di contro, quello di SHODAN è eccellente), ricostruire il mosaico narrativo pezzo dopo pezzo è un’attività molto soddisfacente che sa ricompensare molto bene l’esplorazione. Il level design della stazione sa offrire numerosi altri stimoli per spingerci ad investigare con attenzione, anche con ricompense ben più materiali, come armi e munizioni che possono facilitarci parecchio la vita contro i cyborg di SHODAN.

cyborg di System Shock
Questi cyborg appaiono piuttosto minacciosi, vero?

Nonostante la grafica ormai un po’ obsoleta (ma che può sempre contare su un certo charme, devo dire) possa rendere i corridoi della stazione abbastanza simili tra loro, non è comunque troppo difficile trovare la propria strada all’interno del livello e un ulteriore merito dell’ottimo level design ideato da Looking Glass è dato dalla sensazione di trovarsi in un ambiente verosimile e credibile.

Se vogliamo citare dei difetti, oltre alla macchinosità dei comandi e all’interfaccia ingombrante, possiamo probabilmente citare delle sparatorie non esattamente intense e divertenti come quelle del più o meno contemporaneo Doom, ma dopo tutto è anche diversa l’importanza che queste assumono nei due giochi.

System Shock sa comunque offrire un certo senso di progressione con le sue armi: partiamo con un semplice (e piuttosto debole) tubo di piombo con cui affrontare in mischia i propri avversari e mano a mano troviamo pistole a dardi tranquillanti, pistole semi-automatiche, granate, armi a raggi laser, mitragliatrici e persino una sorta di spada laser; alcune di queste da scoprire esplorando attentamente ogni anfratto. Insomma, se all’inizio siamo quasi indifesi di fronte ai pericoli della stazione, a fine gioco saremo armati fino ai denti e sapremo affrontare anche i nemici più pericolosi senza timore.

Si potrebbe dire ancora molto di System Shock, per esempio non ho parlato delle sezioni nel cyberspace; mi limito a dire che si tratta di un’idea bella e molto interessante sulla carta, un po’ meno nella pratica, ma comunque non sono poi molte e spesso possono anche essere evitate.

In ogni caso, System Shock è un gioco vecchio ma ancora eccezionale, un titolo visionario con un design immune allo scorrere del tempo e non posso che chiudere consigliandolo senza riserve un po’ a tutti.

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Stefano “Revan” Castagnola
Frequenza Critica

Si è innamorato dei giochi di ruolo esplorando la Costa della Spada tra l’Amn e Baldur’s Gate, ma non disdegna anche altri generi di avventure.