Ti piace vincere facile? Non farlo — Parte 1

Libertà, democrazia, esche e premi.

Mattia “Harlequin” Mangano
Frequenza Critica
7 min readMar 27, 2020

--

Ti-piace-vincere-facile?-Non-farlo-copertina

L’idea più diffusa di cosa sia un videogioco è, stringi stringi, quella di un ambiente virtuale, un insieme di regole, e un obiettivo da raggiungere superando un certo grado di sfida. E trovare il giusto bilanciamento di questa sfida è una delle questioni più delicate e complesse per gli sviluppatori, sia a causa della pura difficoltà pratica nel tarare a dovere sistemi e meccaniche complessi, sia per ragioni esterne, cioè capacità di intrattenere gli utenti e/o rispettare obiettivi commerciali.

Essendo la capacità del giocatore un elemento personale e che non si vuole, solitamente, precluda il godimento del titolo in questione, si sono ormai affermati da tempo i selettori del livello di difficoltà: una soluzione per integrare esperienze diverse all'interno dello stesso gioco, così da ampliare il bacino di potenziali utenti. Ma, come dicevo, bilanciare un gioco è complicato, e curarne più difficoltà diverse ancora di più. La conseguenza è che le risorse impiegate in questa attività sono nella maggioranza dei casi insufficienti, consegnando all'utente un solo grado di sfida curato a dovere (quando va bene) e i restanti tirati assieme alla meno peggio. Una pratica frequente e per nulla lodevole è infatti l’aggiustamento più scontato e immediato: ritoccare punti vita, danni e forse quantità dei nemici a schermo. Questo può essere un utile punto di partenza se non abusato ma, se la differenza si limita a ciò, il risultato probabilmente sarà un estremo di basso livello, banale e senza appeal, e l’opposto popolato da “spugne” (avversari eccessivamente resistenti ai colpi), monotono e frustrante. Questo perché, se le meccaniche base non vengono adattate di conseguenza, il livello facile consentirà di superare ogni ostacolo senza sforzo e quindi senza approfondire e godere dei sistemi di gioco; viceversa, a livello difficile ci si dovrà impegnare, ma anche ripetere troppe volte le medesime azioni, stancandosi più in fretta del previsto fino al sopraggiungere della noia. Insomma, qualcosa che magari apre l’esperienza a più persone, ma in maniera poco soddisfacente per le stesse, che si ritrovano a usufruire del gioco in modo non ottimale.

Ti-piace-vincere-facile?-Non-farlo-Skyrim
Il combat system di Skyrim non brilla già di per sé, ma può diventare ancora più noioso cambiando il livello di difficoltà, non importa in che direzione.

Le cose iniziano a funzionare quando il selettore di difficoltà va a intaccare in modo organico più aspetti del giocato. Diversi esempi virtuosi si trovano nei migliori action game, come Devil May Cry o Bayonetta. Potreste pensare che siano uno dei casi più evidenti dove ci si ritrova a menare in ignoranza nemici sempre più numerosi e tosti, come ho appena criticato, ma in realtà le partite ai livelli più impegnativi sono accompagnate da molti aspetti interessanti: nemici e boss non si limitano a fare più male, ma hanno vere e proprie evoluzioni nel loro comportamento, diventando più reattivi, imparando a difendersi, acquisendo mosse totalmente nuove. Cambia anche la loro disposizione, inserendone le tipologie più complesse in anticipo. Le novità sono tangibili, e arricchiscono a tal punto il gameplay in modo non banale che lo stimolo a continuare resta sempre vivo. Non basta ripetere la solita combo due volte in più del solito per vincere, la difficoltà è anche nell'aspetto strategico.

Questa tipologia di action ha anche altri meccanismi a suo favore per spingerci ad alzare sempre più l’asticella: i selettori di difficoltà maggiori sono inizialmente bloccati, sia per evitarci la frustrazione del tentare un’impresa per cui non siamo ancora preparati, sia per accendere la voglia di scalare pian piano la torre degli obiettivi e conquistare il gioco. E c’è anche un ulteriore strumento per regolare la sfida da non sottovalutare: i punteggi di fine missione. Questi, a differenza del precedente approccio, non scandiscono quanto è complesso l’ambiente, non impongono una ricalibrazione rigida e predeterminata, ma lasciano che siano i giocatori stessi a decidere quanto sono disposti a impegnarsi per raggiungere uno scopo non obbligatorio. L’effetto è pur sempre farli sudare, ma psicologicamente cambia parecchio tra il dover superare un’imposizione e il decidere attivamente di migliorarsi per puro orgoglio e soddisfazione personale, in modo del tutto libero e in quantità variabile in ogni momento. Ciò funziona perché ottenere l’agognata S in una missione difficile porta a comprendere e sfruttare una vasta gamma di mosse e abilità, magari non strettamente necessarie ma molto divertenti e che introducono ancora più valutazioni sulle tattiche da usare: senza un ottimo gameplay alla base, non si va lontano.

Non è necessario, ma quanto è bello?

Quest’ultima soluzione composta dall'offrire un percorso base obbligatorio, a sfida relativamente contenuta, con l’aggiunta di elementi opzionali accattivanti ma più difficili da ottenere, è un po’ la formula preferita di casa Nintendo, ma anche di vari platform in generale. Coi loro titoli sgargianti e cartooneschi, è chiaro che una porzione importante del loro target è composta da giovanissimi e giocatori occasionali, quindi la difficoltà base non può essere molto alta. Ma per accontentare i più ferrati, anziché rendere funghi e tartarughe resistenti a più colpi, gli sviluppatori hanno pensato bene di creare un intero strato aggiuntivo e opzionale ai livelli per chi ha interesse a cimentarvisi, attirato dalla sete di completamento e dalla curiosità per quei contenuti da endgame bloccati finché non si ottengono tutti i collezionabili. Un quadro può essere attraversato in fretta e superficialmente a occhi chiusi, ma se iniziate ad accettare ogni piccola sfida del level design, raccogliendo oggetti che richiedono sequenze rischiose o setacciandolo in cerca di segreti, già le cose iniziano a complicarsi. E quando entrerete nell'ultimo mondo bonus, riservato a chi s’è dimostrato degno, ci sarà da imprecare (e divertirsi). Nessun vero e proprio selettore di difficoltà, solo la volontà del giocatore di sperimentare qualcosa in più.

I giochi che non fanno del combattimento il loro fulcro dovrebbero sempre svincolarsi dall'ovvia associazione tra sfida e nemici e spostare la difficoltà su altri campi. Il caro vecchio Thief: The Dark Project, uno dei capostipiti degli stealth game, è maestro in questo: all'avvio di ogni missione è possibile scegliere un grado tra Normal, Hard ed Expert, dove ognuno di essi non solo richiede di recuperare un bottino sempre maggiore, ma stravolge anche quello che sarà l’approccio utilizzabile, obbligando a fuggire dal luogo del misfatto una volta completati gli ordini, spingendo a scovare tesori secondari, imponendo di incontrare un particolare NPC, vietando di uccidere le guardie.

Down In The Bonehoard — Objectives:
- Search through the ancient Bonehoard and procure the legendary Horn of Quintus.
- What use do the dead have for their treasures, anyhow? Relieve them of at least 1000 worth of valuables. (Hard)
- In addition to garnering the Horn of Quintus, find and steal the fabled gemstone, ‘The Mystic’s Soul. (Hard/Expert)
- Once you have what you came for, get back to the surface. (Hard/Expert)
- What use do the dead have for their treasures, anyhow? Relieve them of at least 2000 worth of valuables. (Expert)
- The Mystic’s Soul had a sister stone, called ‘The Mystic’s Heart,’ also thought to be in the Bonehoard. Find it. Make it yours. (Expert)

La cosa incredibile è come il level design supporta tutto ciò, fornendo tante alternative e strumenti, dosando con cura loot e indizi. Addirittura, questi obiettivi sono generalmente posti in aree specifiche della mappa, inaccessibili senza accettarne la sfida correlata, ricompensando di fatto chi accetta di vivere la vera anima del gioco con una sostanziosa porzione di contenuti inediti e di alta qualità.

E la modalità facile invece? Deve essere sempre quella più scarna? Non necessariamente. Resident Evil ha due difficoltà di gioco, non indicate da un selettore diretto ma dalla scelta del personaggio da usare come avatar. Jill avrà diversi vantaggi lungo l’avventura: inventario più capiente, una pistola equipaggiata fin dall'inizio, il compagno Barry che interverrà in più occasioni a tirarla fuori dai guai. Chris invece avrà vita più dura, e anche qui come al solito la sua partita è quella più ricca e soddisfacente, dato che nessuno ci permetterà di superare una trappola nonostante fallissimo nel disinnescarla, così come dovremo affrontare in prima persona sezioni esclusive risolte altrimenti dal buon Barry. Tuttavia, il fatto di avere due protagonisti distinti, ognuno con la sua storia e i suoi contenuti personali, rende la partita con Jill qualcosa con un suo valore, non del tutto un sovrapponibile a quello dell’altra, assicurando interesse a entrambi i percorsi e anzi, probabilmente spingendo i fan a sperimentare ciascuno dei due.

Ti-piace-vincere-facile?-Non-farlo-Resident-Evil
Usando Jill, il caro Barry vi salverà la pelle più volte, anche se doveste finire in una trappola mortale senza gli strumenti necessari ad uscirne.

Questa di Resident Evil resta però un’eccezione, mentre in gran parte dei casi i giochi dove i selettori di difficoltà sono ben tarati ci comunicano un messaggio molto chiaro: non adagiarti sulla via facile e sarai ricompensato.

Tutti gli esempi e tipologie d’implementazione discusse finora partono dallo stesso presupposto: dichiarare alquanto apertamente al giocatore che la difficoltà è regolabile, e che lui è libero di impostarla a piacimento per andare incontro alle sue esigenze. Certo, magari si cerca di incanalarlo sulla strada ideale pensata dagli autori, con golosi contenuti aggiuntivi o feedback positivi dal gameplay, ma senza forzare troppo la mano. Ma come dovrebbero agire invece gli sviluppatori quando una sfida impegnativa è parte fondamentale dell’esperienza che vanno creando, un elemento per loro insindacabile? Come evitare che l’utente si adagi sul grado appena sufficiente a intrattenerlo, anziché beccarsi qualche bastonata come previsto?

Si prosegue nella seconda parte.

--

--

Mattia “Harlequin” Mangano
Frequenza Critica

Appassionato di sistemi, trova ristoro in esplorazione, funghi e polenta.