Qualcuno deve essere l’eroe. Perché non tu?

Chieder scusa, senso di colpa, umiltá. E dintorni.

Valeriano Donzelli (Vale)
Gli Insoliti e i Sospetti
7 min readSep 13, 2017

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“Ti ho già detto dove trovare le informazioni. Non ho tempo ora, per favore sbrigatela tu”

La giornata al lavoro è iniziata con una montagna di richieste a cui rispondere “ASAP”, l’antipaticissimo acronimo inglese per il piú presto possibile(As Soon As Possible). La mia consueta capacità di mantenere la pace interiore è in bilico.
In generale, riesco a gestire abbastanza bene situazioni potenzialmente stressanti, ma per qualche motivo quel giorno ho lasciato che la mia frustrazione prendesse il sopravvento. Ecco cosa è successo in dettaglio:

alla prossima telefonata o e-mail esplodo!

10 di mattina. Telefonata sul cellulare: “Vale, dobbiamo completare la documentazione entro mezzogiorno. Puoi inviare per favore bla bla bla…” (dopo “per favore”, le parole hanno cominciato a diventare fumose mentre il mio livello di frustrazione raggiungeva il suo picco. Era abbastanza).
Anche se il mio collega non avrebbe mai potuto immaginare il casino della mia giornata fino a quel momento, mi sono sentito autorizzato a rispondere in modo poco cortese (vedi sopra).

Come se non bastasse, non mi ero reso conto di essere in viva voce: c’era un’altra persona seduta accanto a lui.
Bella figura di m.” — ho pensato. Seguito da “Andiamo avanti, va”.
Due ore dopo ho capito che il mio comportamento aveva superato la linea. La mia linea, per cominciare. Allora ho scritto questa mail ai miei colleghi:
“Mi dispiace molto per il mio comportamento di stamattina al telefono. Devo gestire cinque diverse ‘priorità’ simultaneamente e mi sentivo sotto pressione, in quel momento. È raro che mi comporti così, ma sono anch’io un’essere umano… e ho certamente opportunitá di miglioramento. Mi sento ancora più stupido ad avere trattato in quel modo proprio voi, che siete tra le persone più gentili con cui abbia mai lavorato. Grazie per la collaborazione, la professionalità e il duro lavoro che portate in ufficio ogni giorno. Tutte caratteristiche che apprezzo di cuore”.
Risposta:
Non ti preoccupare ragazzo, so che hai molto da fare»
Sollievo. E ispirazione per scrivere un articolo sul tema “chiedere scusa”.
Grazie. Ragazzo.

Il diritto alla stronzaggine. Seriamente?

Talvolta chiedere scusa sembra essere un grosso scoglio. Scommetto che spesso è perché non ci sentiamo veramente in dovere di farlo. Qualunque sia la ragione, questa è la nostra percezione. Ad esempio, possiamo ritenere che essere poco gentili o eccessivamente severi è un diritto che possediamo in base alla nostra posizione o ruolo. Oppure possiamo aver sviluppato una narrativa interiore che etichetta certe reazioni come giustificate quando affrontiamo situazioni che riteniamo minacciose o che necessitano di una “correzione”.
In questi casi, appunto, alcune persone non vedono la necessità di scusarsi. Ritengo si debba essere consapevoli di queste dinamiche. Perché, anche se abbiamo ragione (o crediamo di averla), la maleducazione e l’aggressivitá sono risposte che non portano mai nulla di buono, almeno nella maggior parte delle nostre esperienze quotidiane. Forse è un’abitudine o un programma scritto molto tempo fa nella nostra personalità … qualcosa che non abbiamo mai messo in dubbio. Ma può essere disimparato, come praticamente qualsiasi altra cosa.
Sì, richiede umiltà e una crescente consapevolezza di sé che può essere raggiunta attraverso diverse pratiche (coaching, terapia, spiritualitá, meditazione, etc.).
Tuttavia, possiamo cominciare cambiando la nostra reazione comportamentale quasi immediatamente.
Per esempio possiamo iniziare con…

“Ti chiedo scusa” in un modo sincero e genuino, ogni volta che ci rendiamo conto che abbiamo lasciato che le nostre energie negative raggiungessero un altro essere umano.

… anche quando crediamo di avere ragione. O quando abbiamo reagito ad un atto che abbiamo percepito come attacco o ingiustizia.
Il “sentirsi nel giusto” non può essere un ostacolo per la compassione e il perdono.

Tutti possiamo essere eroi. Ogni giorno.

Questo potresti essere tu! Dai, fallo almeno per il mantellino rosso!

C’è un’altra tendenza che mi sembra essenziale come la precedente… quando ci sentiamo colpevoli o responsabili, ma non riusciamo comunque a chiedere scusa. Alcune persone lo chiamano ‘orgoglio’. È la convinzione che, chiedendo scusa, ci rendiamo vulnerabili o perdiamo potere / influenza sulla persona che è stata offesa. Tutti noi abbiamo sperimentato questa sensazione almeno una volta nella vita. In effetti, anche quando riconosciamo il nostro contributo a un conflitto, sentiamo comunque che la responsabilità è quantomeno condivisa (ed è generalmente il caso). Chiedere scusa, per alcuni di noi, è come ammettere che ci prendiamo il 100% della responsabilità. Per assicurarci che ciò non accada, consapevolmente ci tratteniamo dal fare il primo passo. Temiamo che se lo facessimo, l’altro crederebbe che gli stiamo implicitamente dando ragione… e non è esattamente questo quello che pensiamo.

Con questo approccio tuttavia, perdiamo l’occasione di riconciliarci e, perché no, rafforzare i nostri rapporti. Inoltre, le energie negative accumulate a causa della discussione non verranno mai rilasciate e continueranno a dimorare nella nostra mente. Questo è uno scenario perdente, per tutti.
Durante un corso di formazione nella divisione in cui lavoravo da 9 anni, il relatore a questo proposito ci disse:

Qualcuno deve essere il dannato eroe

Ciò che intendeva dire era che dobbiamo trovare il coraggio di fare il primo passo e cercare di risolvere un relazione che era stata compromessa. O per creane una che non é mai esistita.
È esattamente così. Quando facciamo quel salto, possiamo trasformare la situazione in cui siamo tutti perdenti (“lose-lose”) ad una in cui siamo tutti vincenti (“win-win”).
Dopo aver trovato questo coraggio, la mia raccomandazione è quella di esprimere ciò per cui siamo dispiaciuti in modo specifico e di utilizzare questa opportunitá per offrire un feedback all’altra persona. Per esempio in questo modo:

“Devo ammettere che la mia reazione al tuo commento non é stata affatto appropriata. Non ti ho nemmeno lasciato finire la tua spiegazione… e mi dispiace per questo. Anche se non mi sento ancora d’accordo con la tua idea e trovo il modo in cui l’hai formulata eccessivo, penso che la prossima volta potró essere più costruttivo”.

“Mi sono sentita attaccata dal tuo crescente tono di voce. Questo non giustifica la mia reazione: non avrei dovuto riagganciare il telefono. Mi scuso per questo. Potresti pensare di prestare attenzione al tuo tono di voce la prossima volta, anche se le circostanze ti spingono al limite? Sono sicuro che posso aiutarti molto meglio se non sento la necessità di difendermi”

Sei disposto ad essere tu, l’eroe?

La colpa: utile o no? E in che misura?

Esiste forse un “eccesso di scuse”?
Io credo di si. Mi é capitato qualche volta, sia nel dare che nel ricevere.
Uno scusarsi continuo o ripetutamente espresso può indicare una mancanza di capacità di gestire un senso di colpa. In questo caso, può sembrare strano dal lato di chi riceve, in particolare se il perdono è già stato offerto.
In alternativa, questa situazione può sorgere quando la persona “offesa” non sembra disposta a perdonare.
Questi due scenari rappresentano due lati della stessa medaglia: sono collegati all’idea (normalmente inconscia) del ‘valore’ della colpa.
La parola “colpa” non mi piace per nulla (a qualcuno piace?).
È così pesante nella nostra cultura. Sembra un peso che, essendo radicato nel tuo passato, non può essere annullato.
Il rischio, psicologicamente parlando, risiede nel rimaner bloccati su ciò che non può essere cambiato (cioè il passato), mentre invece si potrebbe cogliere l’opportunità di concentrarsi su ciò che può essere fatto per modificare, correggere o migliorare la situazione. La verità è che la maggior parte delle questioni interpersonali può essere corretta con un atteggiamento mentale adatto e un sincero desiderio di riconciliazione. Molti di queste situazioni offrono davvero opportunità per guarire noi stessi e le nostre relazioni.
Ecco la mia proposta: perché non lasciamo la parola “colpevole” al tribunale e alle cause legali e usiamo invece qualcosa di più compassionevole, ad esempio “senso di responsabilità”? Come vi sembra?

Il nostro senso di responsabilità è sano quando lo usiamo come uno strumento cosciente per ricreare un equilibrio temporaneamente interrotto tra i nostri valori e i nostri comportamenti. Chiedere scusa è un modo per ristabilire tale equilibrio.

immagine da qua

Il punto è che trascorrere troppo tempo sotto l’influenza del senso di colpa puó comportare danni potenziali alla nostra integrità interiore e alla nostra percezione del mondo.
La sua funzione, relativamente ad una data circostanza, è di essere relativamente breve e stimolare azioni che possano ripristinare la nostra pace interiore e guarire le connessioni umane. Fatto questo, dovremmo lasciarlo delicatamente andare. Fino alla successiva situazione in cui avremo bisogno del suo sostegno.

Se riusciamo ad essere un poco piú gentili con noi stessi, saremo in grado di perdonare piú facilmente.

Voi cosa ne pensate?

Vale

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Valeriano Donzelli (Vale)
Gli Insoliti e i Sospetti

Storyteller | Inspirer | Leader | Peaceful Warrior. Passionate about Leadership, Communication, Human Connections, and Spiritual Life.