Credit: P. Marenfeld/NOAO/AURA/NSF

Due buchi neri al prezzo di uno

Gli astronomi cercavano un buco nero di massa intermedia al centro di M22, ma non c’era. Trovarono invece due buchi neri di massa stellare: i primi scoperti in un ammasso globulare e i primi visti solo nelle onde radio e non nei raggi X

Michele Diodati
Spazio Tempo Luce Energia
11 min readJan 11, 2016

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La scoperta di due sorgenti radio in M22

La teoria della segregazione di massa prevede che, in un ammasso globulare, gli oggetti più massicci tendano a sprofondare verso il centro mentre quelli meno massicci a migrare verso orbite più esterne. La ragione di ciò sta nel fatto che, quando due corpi interagiscono gravitazionalmente, avviene uno scambio di momento ed energia cinetica. Da un punto di vista statistico, l’energia tende a distribuirsi in modo paritario tra i due corpi: è un fenomeno chiamato equipartizione.

Ora, siccome l’energia cinetica è uguale alla massa moltiplicata per la velocità al quadrato, ne consegue che, quando due oggetti si sfiorano, come è facile che accada in un luogo affollato come un ammasso globulare, il più massiccio deve perdere velocità e quello meno massiccio acquistarne, se alla fine il bilancio energetico deve essere in pari. A lungo andare, il ripetersi di questi scambi energetici dovrebbe condurre a una separazione degli oggetti all’interno del globulare in base alla massa — una segregazione di massa, per l’appunto — con gli oggetti più massicci raccolti al centro e quelli meno massicci in orbite via via più esterne. Il tempo necessario perché l’intero ammasso giunga a un equilibrio basato su una simile ordinata distribuzione delle masse è chiamato tempo di rilassamento.

In base a questa teoria, se in un ammasso globulare si formano dei buchi neri, questi, essendo più massicci delle tipiche stelle dell’ammasso, tenderanno naturalmente ad “affondare” verso il centro, via via che scambiano momento ed energia cinetica con altri corpi meno massicci. Dato un tempo sufficiente, i buchi neri meno massicci finiranno espulsi dall’ammasso nell’incontro con i più massicci o si fonderanno con essi. Alla fine dovrebbe rimanere nel globulare un unico buco nero centrale di massa intermedia, cioè dalle 100 masse solari in su. E gli ammassi globulari sono sufficientemente antichi da aver avuto tutto il tempo necessario a “partorire” il loro unico buco nero centrale.

In uno studio pubblicato su Nature a ottobre 2012, Jay Strader e colleghi ragguagliarono la comunità scientifica sul loro tentativo di trovare una conferma alla teoria della segregazione di massa, osservando il centro di M22 nelle onde radio alla ricerca di un buco nero centrale. Ma, come spesso accade, la realtà si rivelò differente dalle attese:

Abbiamo ottenuto immagini radio nel continuo molto profonde dell’ammasso globulare della Via Lattea M22 (NGC 6656) con il Karl G. Jansky Very Large Array (VLA). Lo scopo principale delle osservazioni era cercare un possibile buco nero centrale di massa intermedia attraverso l’emissione di sincrotrone proveniente dall’accrezione di gas all’interno dell’ammasso. Non è stata trovata alcuna sorgente centrale. Tuttavia abbiamo rilevato casualmente nel nucleo dell’ammasso due sorgenti radio continue precedentemente ignote. Abbiamo chiamato le due sorgenti M22-VLA1 e M22-VLA2. Entrambe hanno spettri radio piatti e rimangono irrisolte alla nostra risoluzione pari approssimativamente a 1 secondo d’arco.

La posizione dei due buchi neri scoperti nelle onde radio con il VLA. Nell’immagine è marcata anche una sorgente più debole, che corrisponde a una pulsar già nota. La croce rossa segna il centro fotometrico di M22. Venti secondi d’arco corrispondono, alla distanza di M22, a circa 0,3 parsec (intorno a 1 anno luce). L’apparente elongazione delle tre sorgenti è dovuta ai limiti di risoluzione del radiotelescopio. Credit: arXiv:1210.0901 [astro-ph.HE]

I due buchi neri si trovavano proprio nel cuore dell’ammasso, ma non esattamente al centro: M22-VLA1 era a una distanza proiettata di 0,4 parsec dal centro fotometrico, mentre M22-VLA2 era a 0,25 parsec. Esaminando immagini d’archivio di M22 ottenute da Hubble negli anni precedenti, gli autori dello studio riuscirono a identificare le probabili controparti ottiche dell’osservazione nelle onde radio, riportate nell’immagine seguente.

a. La posizione delle due sorgenti radio all’interno di M22, usando come riferimento un’immagine dell’ammasso nella luce visibile. b. e c. due immagini d’archivio di Hubble in cui i cerchi delimitano la posizione delle sorgenti radio e mostrano le loro probabili controparti ottiche. Credit: arXiv:1210.0901 [astro-ph.HE]

Due buchi neri di massa stellare?

Nel caso di M22-VLA1, l’oggetto visibile più vicino all’esatta posizione della sorgente radio era una stella di piccola massa (circa 0,34 masse solari), situata a soli 0,05 secondi d’arco di distanza. Per M22-VLA2 la corrispondenza era meno precisa: l’oggetto più vicino era una stella di sequenza principale di circa 0,62 masse solari, a 0,17 secondi d’arco di distanza.

Da calcoli statistici basati sulla densità stellare del nucleo dell’ammasso, risultò che la probabilità che l’associazione della prima stella a M22-VLA1 fosse puramente casuale era solo del 2%, mentre per M22-VLA2 la probabilità di una coincidenza casuale saliva al 26%. Dunque, mentre l’identificazione della controparte ottica di M22-VLA1 poteva considerarsi abbastanza sicura, l’identificazione della controparte dell’altra sorgente era da ritenersi soltanto probabile. In ogni caso resta possibile che entrambe le sorgenti radio non abbiano nulla a che fare con le due stelle.

Ma cosa erano, infine, queste due sorgenti radio? L’ipotesi di Strader e colleghi era che si trattasse di due buchi neri di massa stellare, colti sul fatto mentre risucchiavano materia, a ritmo piuttosto lento, da una stella compagna (forse le due controparti ottiche trovate nelle immagini precedenti oppure due oggetti al di sotto del limite di sensibilità di Hubble, come per esempio due deboli nane bianche):

L’emissione radio implica che i buchi neri si stanno attivamente nutrendo, e lo spettro radio piatto è coerente con tassi di accrescimento relativamente bassi […] Buchi neri di massa stellare (tra 5 e 100 masse solari) offrono la migliore spiegazione della presenza di più di una sorgente vicino al centro dell’ammasso; oggetti più massicci rispetto a una tipica stella dell’ammasso sono destinati ad affondare verso il centro a causa della segregazione di massa.

Ovviamente i buchi neri non sono direttamente osservabili. La conclusione a cui giunsero i ricercatori è perciò il frutto di deduzioni, confronti statistici ed esclusione di opzioni meno probabili.

Il punto di partenza del loro ragionamento era la correlazione empirica esistente tra il flusso emesso da un buco nero nelle onde radio e quello emesso nei raggi X: c’è un rapporto abbastanza preciso tra l’emissione di energia in queste due bande dello spettro elettromagnetico, che permette di identificare la sorgente come un buco nero, scartando altre possibili identificazioni, per esempio con stelle di neutroni o nane bianche.

Nel caso di M22-VLA1 e M22-VLA2, in realtà, non c’era una precedente rilevazione nei raggi X. Il telescopio spaziale Chandra aveva osservato il centro di M22 nel 2005 senza trovare alcuna sorgente di raggi X nella gamma di energie tra 3 e 9 keV. Questa mancata rilevazione permetteva comunque di stabilire un limite superiore all’energia che le due sorgenti trovate nelle onde radio avrebbero dovuto emettere nei raggi X, un limite che gli autori dello studio calcolarono in 2,2 × 10³⁰ erg/s. Poiché il flusso delle due sorgenti nelle onde radio a 8,4 GHr era pari approssimativamente a 6 × 10²⁷ erg/s, ne conseguiva che il rapporto tra l’energia emessa nelle onde radio e quella emessa nei raggi X non poteva essere inferiore a 2,5 millesimi. Questo valore ricavato per esclusione, in aggiunta alla posizione centrale occupata in M22 dalle due sorgenti radio, fu sufficiente per indurre gli autori a ritenere che M22-VLA1 e M22-VLA2 fossero effettivamente due buchi neri di massa stellare:

Questi due oggetti sono i primi seri candidati a buchi neri di massa stellare in un ammasso globulare della Via Lattea; e sono i primi buchi neri di massa stellare a essere scoperti attraverso l’emissione radio piuttosto che attraverso i raggi X.

Il grafico mette in relazione le energie emesse nelle onde radio e nei raggi X da numerose sorgenti note. La posizione delle due sorgenti in M22, indicata dal cerchio rosso, è prossima alla linea che caratterizza il rapporto di emissione dei buchi neri nelle due bande, mentre è lontana dai valori caratteristici di stelle di neutroni e nane bianche. Credit: arXiv:1210.0901 [astro-ph.HE]

Ipotesi sui buchi neri negli ammassi globulari

Tuttavia, a voler essere pignoli, la relazione empirica tra i flussi nei raggi X e nelle onde radio calcolata sulla base dell’energia emessa nelle onde radio, indicava che le due sorgenti in M22 avrebbero dovuto avere una luminosità nei raggi X compresa tra 10³¹ e 10³² erg/s, cioè tale da poter essere rilevata dal telescopio Chandra. Come mai, invece, Chandra non vide nulla nel cuore di M22?

Una spiegazione plausibile era la possibile variabilità delle due sorgenti su scale temporali sufficientemente lunghe, cioè superiori alla settimana di osservazioni che fu eseguita nelle onde radio con il VLA, durante la quale i segni di variabilità furono nulli o quantomeno scarsi. Un’altra possibilità era che la relazione empirica tra flusso nei raggi X e flusso nelle onde radio non valesse per buchi neri con ritmo di accrescimento molto lento, come in effetti alcuni dati sembravano indicare.

C’era poi una terza possibilità, più intrigante, cioè che i due buchi neri in M22 fossero più massicci dei buchi neri di massa stellare noti, che hanno masse tipicamente comprese tra 5 e 10 masse solari. Se i due buchi neri di M22 avessero avuto, per esempio, tra 15 e 20 masse solari, la loro luminosità nei raggi X sarebbe stata minore di quella predetta dalla correlazione empirica di un fattore 2 o 3, cadendo così al di sotto dei limiti di rilevamento di Chandra.

Ma stava in piedi da un punto di vista teorico questa possibilità? Secondo Strader e colleghi sì:

È ragionevole attendersi che i buchi neri negli ammassi globulari siano più massicci di quelli di campo. Buchi neri di campo di cui è stata misurata la massa dinamica si trovano tutti in sistemi binari e sono stati probabilmente influenzati da trasferimenti di massa durante una fase di involucro comune che ha finito per ridurre la massa dei buchi neri risultanti. Non è detto che questo sia il caso degli ammassi globulari, dove i buchi neri possono formarsi anche come oggetti singoli o come sistemi binari distanziati, finendo poi per scambiarsi di posto all’interno di sistemi binari preesistenti o per catturare gravitazionalmente dei compagni a causa delle alte densità stellari. I buchi neri negli ammassi globulari si formano inoltre in ambienti con metallicità inferiore rispetto a quelli di campo, il che conduce a una minore perdita di massa del progenitore e, pertanto, a resti finali più massicci.

Sembra, dunque, che vi sia più di un motivo per ritenere che i buchi neri che nascono negli ammassi globulari siano più massicci dei buchi neri di campo attualmente noti (cioè i buchi neri scoperti nella Via Lattea al di fuori degli ammassi, i quali fanno tutti parte di sistemi binari ravvicinati).

I due buchi neri in M22 — se davvero sono buchi neri — potrebbero essere nati da una stella singola o da una binaria con una compagna molto lontana, quindi senza attraversare una fase di involucro comune e, dunque, senza cedere al mezzo interstellare troppa della loro massa iniziale.

La formazione di un sistema binario ravvicinato con sottrazione di massa a una stella compagna (lo stato in cui sembravano trovarsi i due candidati buchi neri di M22 all’epoca della scoperta) può essere un esito successivo di una serie di interazioni gravitazionali con corpi venutisi a trovare casualmente vicini: una condizione probabilmente molto comune nel nucleo affollato di un ammasso globulare.

C’è infine la questione della metallicità, cioè dell’influenza che gli elementi più pesanti dell’idrogeno e dell’elio hanno sull’evoluzione stellare. Una stella massiccia nata in un ammasso globulare, caratterizzato tipicamente da valori di metallicità molto bassi, perderà infatti relativamente poca massa durante la propria evoluzione rispetto a una stella di campo. Ciò produrrà alla fine un buco nero più massiccio.

La galassia attiva NGC 4388. Oggetti di questo tipo, molto più distanti di M22, emettono un flusso radio il cui spettro potrebbe essere confuso con quello dei candidati buchi neri scoperti in M22. Credit: NAOJ

Le possibilità scartate

È bene ricordare, a questo punto, che tutte le considerazioni riportate fin qui sono estrapolazioni teoriche, congetture insomma, benché plausibili. La ricerca in astronomia è obbligata a ciò, perché i dati osservativi sono quasi sempre limitati e dicono meno di ciò che si vorrebbe. Nello studio che stiamo esaminando, l’unica cosa certa è che l’osservazione nelle onde radio evidenziò due sorgenti prima ignote in una regione molto prossima al centro di M22. Per le ragioni fin qui esposte è probabile che si tratti di buchi neri di massa stellare, ma sarebbero necessarie altre prove per avere maggiore certezza nell’identificazione, prima fra tutte una futura rilevazione anche nei raggi X.

Per intanto, può essere interessante dare uno sguardo anche alle possibilità che gli autori della ricerca scartarono:

  • oggetti di sfondo. Lontane galassie di sfondo con nuclei attivi e alti ritmi di formazione stellare avrebbero caratteristiche spettrali e di flusso energetico compatibili con le due sorgenti radio M22-VLA1 e M22-VLA2. L’ipotesi fu scartata per via di considerazioni statistiche (la scarsa probabilità che due galassie di sfondo siano visibili casualmente attraverso il centro affollato del medesimo ammasso globulare), ma soprattutto per la mancanza di corrispondenze ottiche e nei raggi X nei cataloghi di Hubble e di Chandra. Resta comunque possibile, anche se molto improbabile, che i due oggetti non siano buchi neri, ma lontane galassie attive.
  • Pulsar o resti di supernova. Questa possibilità fu scartata per diverse ragioni: gli spettri radio sarebbero stati differenti e si sarebbe dovuta osservare un’alta luminosità nei raggi X, che invece non fu rilevata. Inoltre pulsar e resti di supernova si trovano generalmente in regioni ricche di gas interstellare, assente nel nucleo di M22.
  • Stelle di neutroni o nane bianche in fase di accrezione. Queste due possibilità furono scartate perché il rapporto tra luminosità nelle onde radio e nei raggi X è differente dai limiti definiti per le due sorgenti in M22. Tuttavia due stelle di neutroni con ritmi di accrescimento fortemente variabili avrebbero potuto soddisfare i requisiti, tranne per il fatto che trovarne due allo stesso tempo variabili, vicine e in eruzione sarebbe estremamente improbabile. Il caso di nane bianche simbiotiche — nane bianche, cioè, che stanno strappando materia da giganti rosse con cui formano sistemi binari ravvicinati — fu scartato, invece, per la mancanza di adeguate controparti ottiche (le probabili compagne delle due sorgenti radio non erano giganti rosse).
  • Nebulose planetarie. Gli spettri radio delle nebulose planetarie potevano essere compatibili con quelli delle due sorgenti in M22, ma la possibilità fu scartata perché oggetti di questo tipo sono luminosi anche nelle lunghezze d’onda corrispondenti all’ossigeno doppiamente ionizzato. Sarebbero perciò state visibili nelle immagini d’archivio di Hubble, così come risulta visibile la sola nebulosa planetaria nota di M22, IRAS 18333–2357, la quale peraltro non appare nelle immagini radio dell’ammasso.
  • Nane ultrafredde. Un’ultima possibilità era che le due sorgenti radio fossero delle nane ultrafredde molto più vicine alla Terra di M22. Se questo fosse stato il caso, avrebbero dovuto trovarsi a una distanza compresa tra 50 e 100 parsec dal sistema solare (se fossero state più vicine sarebbero state visibili nelle immagini di Hubble) ed essere molto attive, in modo da emettere spettri radio compatibili con le osservazioni. Questo tipo di nane fredde sono tuttavia molto luminose nell’infrarosso. Consultando dati d’archivio, i ricercatori poterono così escludere che M22-VLA1 fosse una nana ultrafredda in primo piano, mentre la possibilità restava in piedi per M22-VLA2 per via della sua posizione, troppo prossima a una stella brillante che rendeva difficile valutare esattamente il flusso della sorgente nell’infrarosso. È comunque molto improbabile che M22-VLA2 sia una nana ultrafredda, benché la possibilità non possa essere scartata in assoluto.

Sarà chiaro, a questo punto, quanto sia difficile raggiungere certezze sulla natura di oggetti così distanti e così sfuggenti. Per ora, e fino a prova contraria, possiamo dire che M22-VLA1 e M22-VLA2 sono buchi neri di massa stellare. La cosa sorprendente è che, in mancanza di prova contraria, la loro scoperta si porta dietro — secondo quanto spiegarono gli autori dello studio — la presenza di un’intera popolazione di buchi neri in M22 compresa tra 5 e 100 elementi:

La maggior parte dei modelli teorici in letteratura prevede che solo un singolo buco nero (o un sistema binario formato da due buchi neri) sopravviva ai processi dinamici per mezzo dei quali i buchi neri creano una segregazione di massa al centro dell’ammasso […].

In contrasto con queste predizioni teoriche, M22 contiene più di un buco nero. In realtà, è possibile che in M22 siano presenti più di due buchi neri, sia singoli sia in sistemi binari che non stanno attraversando un osservabile trasferimento di massa. Sotto l’incerta assunzione che entrambe le sorgenti di M22 siano sistemi binari formati da un buco nero e una nana bianca, è possibile usare calcoli esistenti in letteratura per stimare la frazione di buchi neri che sono in fase attiva di accrezione negli attuali ammassi globulari. Trascorsi 10 miliardi di anni, si stima che tra il 2 e il 40% dei buchi neri siano divenuti membri di sistemi binari con osservabile accrezione. L’osservazione delle nostre due sorgenti suggerisce, pertanto, una popolazione totale di circa 5–100 buchi neri in M22.

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Michele Diodati
Spazio Tempo Luce Energia

Science writer with a lifelong passion for astronomy and comparisons between different scales of magnitude.