Il Crypto-Mercato Non è Dato
Una riflessione su mass adoption, Bitcoin e prospettive di business. Dalla quantità alla qualità.
Tempo fa scrissi assieme a Davide Michielotto (Bitcoin Veneto Center)alcune considerazioni su opportunità e minacce del settore crypto, pubblicate da Affidaty in data 18 maggio 2023. A distanza di tempo questa testata di settore, che debbo dire valorizza sempre contenuti interessanti in tema blockchain e cryptosfera, a firma Capaccioli e Quattrini riporta circa un mese fa un articolo che ha destato la mia attenzione, e che per una serie di ragioni la cui spiegazione troverete poco più avanti mi ha indotto a scrivere quanto state leggendo.
L’articolo in questione riporta sostanzialmente una disamina generale dello “stato d’adozione e accettazione di Bitcoin”, con l’aggiunta di una proposta di mappatura tramite specifico strumento — Action Map — architettato dallo stesso team di Affidaty.
https://affidaty.io/blog/it/action-map/
Ora, l’idea di una mappatura non è certo nuova, e svariati sono a dire il vero i servizi che già offrono più o meno esaustivamente questo servizio. Ma c’è da dire che questo specifico strumento, a livello di estetica, velocità e navigabilità, appare certamente tra i più evoluti e usabili, con mappe esplorabili in profondità e in tal senso sfruttabili.
Tuttavia non è di questo che voglio parlare, ma del concetto di adozione in sé, che a mio personale avviso (di utente e di operatore) dovrebbe essere precisato meglio più sul piano fenomenologico che su quello logico.
Il sopraccitato articolo afferma qualcosa di abbastanza perentorio:
Non è solo il mondo del lusso ad abbracciare pagamenti in criptovalute. Settori come i trasporti, lo sport, lo shopping generale e l’industria alimentare, compresi caffè e ristoranti, stanno seguendo questa tendenza, integrando le transazioni in criptovalute come metodo di pagamento preferito dai loro clienti.
Su questa affermazione, che ne sintetizza peraltro svariate altre, vorrei spendere qualche parola, visto che sì, posso essere d’accordo, ma non completamente.
Sul piano logico è infatti ovvio che l’utente possessore di BTC, specie se parliamo di asset accumulati in tempi non sospetti e conseguentemente rivalutati, ha tutto l’interesse di poterli spendere in modalità nativa, rivolgendosi ad aziende o esercenti che li accettano appunto senza mediazioni di cambio in fiat money. Ma quanto vale effettivamente questo mercato? Nella sua peculiarità può tradursi effettivamente in un aumento del fatturato, e se sì, per che tipo di prodotto o servizio, e con quale prospettiva di continuità?
Alcuni esempi concreti per capirci.
Come molti di voi sanno, io sono un grande estimatore del progetto PlanB, che la città di Lugano propone ormai da due anni. Questo mio apprezzamento non mi impedisce però di evidenziare, ovviamente in modo costruttivo, e ben lontano dalle preconcette stroncature che si sono sentite ultimamente (di cui ho parlato), anche le singole criticità che qualsiasi progetto porta inevitabilmente con sé, ivi compreso questo filone della politica economica e tecnologica ticinese.
Ho già peraltro spiegato questa cosa in un ulteriore articolo, ma mi ripeto. Io non mi sobbarcherei mai tre ore di viaggio da Vicenza a Lugano solo per comprarmi un caffè e una brioche pagabili direttamente in satoshi. Voi lo fareste? Non credo proprio. Da questo punto di vista la dicitura “accepted here” può avere senso lungo la direttrice di una facoltà aggiuntiva e facoltativa, di certo utile e auspicabile come seconda opzione per l’avventore, e non certo di un grimaldello per donare ai bar e ai ristoranti del luogo chissà che aumenti di fatturato.
In altri termini, c’è settore e settore, e credo che questo aspetto sia meglio comprensibile se facciamo un’ipotesi alternativa.
Supponiamo che io sia un miner che nel tempo ha accumulato BTC per un controvalore pari a, che so, un milione di euro, o dollari, o franchi svizzeri che siano. Ammesso e non concesso che io voglia spendere (ovvero che io non abbia già speso o venduto, cosa altrettanto da dimostrare o sfatare), è molto probabile che io sia molto ben disposto verso la possibilità di acquistare nativamente in satoshi una villa, o un Ferrari Testarossa, o altri beni di lusso o tendenzialmente costosi, in funzione dell’improvvisa ricchezza raggiunta per effetto della sopraccitata rivalutazione.
Idem dicasi per settori specifici, dove un certo anonimato di spese anche frazionabili, ma cumulativamente sempre alte, potrebbe essere un valore aggiunto: viaggi, affitti di appartamenti lussuosi, acquisti di beni che si vuole tenere al riparo da occhi indiscreti (la collana di diamanti per l’amante, se mi passate l’espressione senza tanti peli sulla lingua), etc…
Questo genere di mercato, però, è chiaramente confinato entro una dinamica spot, una tantum, perché riguarda un potere d’acquisto generato da guadagni a loro volta sviluppati in periodi molto precisi connessi alla rivalutazione storica di Bitcoin. In altre parole, stiamo parlando di un mercato intrinsecamente ad interim, che può certamente veicolare svariati buoni affari, ma non corrisponde certo ad un’opportunità costante e sistematica.
Bitcoin è oro digitale, trasferibile in modalità privata, incensurabile e decentralizzata. Un qualsiasi mercato costante o ragionevolmente duraturo avente a che fare con questo asset deve necessariamente considerare tali caratteristiche come portanti e determinanti nel definirne regole, prospettive, funzioni e relative strategie.
La sola e pura accettazione indifferenziata, che coinvolge panettieri e gioiellerie, agenzie immobiliari e bar, ristoranti e alberghi, mettendo in un grande calderone il microacquisto in satoshi via Lightning Network e la grande transazione per entrare in possesso di un’automobile sportiva o di una palazzina in centro storico, di per sé non basta a caratterizzare la ricetta universale per rendere sensata un’operatività di Bitcoin all’interno del mercato globale.
Da un punto di vista esplicito, troppa enfasi è stata posta sulle grandi ricchezze in BTC (quantità), e molto poca sulla natura effettiva (qualità) di questo strumento monetario, che è e rimane la decentralizzazione e l’assenza di terze parti.
Serve definire un nuovo mercato, anche a livello di elucubrazione creativa, visto che a tutt’oggi, nel passaggio da economia euclidea (finanza classica) a non euclidea (DeFi, e in generale Bitcoin e decentralizzazione), tutto o quasi tutto è ancora da inventare.