Agile HR. Da dove partiamo?

Luca Bergero
Nobilita
Published in
7 min readMay 21, 2018

Qualche tempo fa su Linkedin e Facebook mi sono imbattuto a distanza di poco tempo in due post che parlavano di #noHR; uno di questi riportava questa affermazione:

“The problem with HR is that it should never be existed. It is yet another symptom of command-and-control! It should thus disappear in a decentralized, networked, agile organization.”

In queste discussioni, “HR” è spesso inteso come un dipartimento aziendale, talvolta burocratico, lento e altamente strutturato in processi; concepito così, il dipartimento HR dovrebbe lasciare spazio a un’organizzazione fortemente decentralizzata e distribuita.

D’altra parte in rete sono numerosi gli articoli che descrivono il futuro di HR, sia in termini di competenze che di posizione nel contesto della digital transformation. Per citare uno degli articoli più interessanti, ossia HR Goes Agile, le principali aree in cui sarà necessario investire saranno performance appraisal, coaching, dinamiche di team, revisione delle politiche di compensation, recruiting, sviluppo e crescita.

Noi stessi, recentemente, abbiamo presentato una serie di articoli dedicati al tema dei ruoli e della carriera. Le scaramucce tra i sostenitori di #yesHR e #noHR non mancano: bene! Sai che noia, altrimenti?!

HR meets Agile

Indipendentemente dalle fazioni in campo, tutti questi sono spunti che promuovono confronto e diversità, e che in qualche modo ci obbligano a mettere in dubbio i nostri punti di vista e a farci delle domande.

Si ragiona sul futuro di HR: benissimo; ma fin da subito che cosa possiamo fare? La richiesta che spesso riceviamo quando veniamo coinvolti in progetti o iniziative HR è: “Vogliamo anche noi iniziare a lavorare in modo più agile!”.

Questo articolo non ha quindi l’obiettivo di sostenere le fazioni pro o contro HR, o di prevedere un ulteriore futuro, ma vuole essere uno spazio di riflessione da un punto di vista operativo. La domanda a cui vorrei rispondere fornendo qualche idea è: “OK Agile… ma, concretamente, da dove partiamo?”.

Vorrei far emergere queste idee basandomi sulle nostre osservazioni dal campo e sulle relazioni con diversi professionisti che abbiamo avuto modo di costruire nel tempo.

Cambiare. Dobbiamo proprio?

Partiamo da una prima considerazione. Alcuni mesi fa abbiamo partecipato con grande curiosità a un evento dedicato al futuro dell’HR. Dopo tanti speech dedicati allo smart working, l’ultimo intervento è stato piuttosto divergente.

Sosteneva sostanzialmente che parlare di agilità e necessità di cambiamento nelle organizzazioni, e in HR in particolare, fosse una gran perdita di tempo. Si sottolineava che, nelle organizzazioni, solo il 10% richiede innovazione e capacità di rispondere al cambiamento; il restante 90% richiede processi, disciplina e controllo ma soprattutto, testuali parole, “degli ottimi caporali!”.

Non ero molto a mio agio con quella prospettiva, ma mi sono stupito nell’osservare diverse persone intorno a me che annuivano, soddisfatte e sorridenti, indipendentemente dalla fascia di età. La percezione che ho avuto è che, nonostante sia di moda parlare di cambiamento, tutto sommato ci piace, ci rasserena sentirci dire di modificare solo un piccolo pezzetto — preferibilmente se a cambiare devono essere “gli altri” — lasciando tutto il resto intatto. Sono uscito dalla conferenza con un vago senso di delusione e tristezza.

Grazie alle nostre attività di consulenza nelle organizzazioni, stiamo invece incontrando sempre più spesso gruppi HR con un’elevata consapevolezza che anche per loro è necessario cambiare. Sovente sono loro stessi che ci contattano senza nessuna pressione dall’alto. Pur non avendo un’idea completamente chiara su cosa significhi essere “più agili”, hanno la sensazione che anche per loro è giunto il momento di mettere in discussione il modo di lavorare, magari ripartendo da un mindset diverso e mettendo in discussione lo status quo.

Molte di queste persone hanno a disposizione un bagaglio prezioso di competenze, esperienze e punti di vista. O siamo particolarmente fortunati e veniamo chiamati a collaborare con una percentuale di persone davvero speciale, oppure HR è comunque un bacino di intelligenza importante, non da combattere, ma da valorizzare in una fase di trasformazione.

Proprio a fronte di questa considerazione possiamo iniziare a dire una cosa fondamentale: anche nell’evoluzione di HR la ricetta perfetta e preconfezionata non esiste. E se trovate qualcuno che ve la propone, fossi in voi mi preoccuperei…

Quello che possiamo fare è collaborare per trovare i migliori punti da cui partire, sia a livello di mindset che a livello metodologico e operativo, per sperimentare più velocemente possibile soluzioni che possano dare il miglior risultato nel contesto specifico. Dobbiamo riconsiderare il modo di fare e di essere HR. Non stiamo parlando solo di progetti pilota, ma di un differente approccio e di una differente relazione con e tra le persone nelle organizzazioni.

In un articolo precedente, Marco aveva già indicato alcune linee di evoluzione “storica” legate alle risorse umane: dalla funzione amministrativa a quella legata alla formazione o al performance management.

Volendo semplificare al massimo, il compito di HR è stato quello di gestire le linee guida aziendali, comunicarle e acquisire talenti che fossero allineati con la cultura aziendale e, ovviamente, con il budget. È ancora sufficiente?

Agilità e adattabilità. Come?

HR ha oggi la necessità di cambiare ancora e in maniera decisamente profonda, partendo dalle funzioni tradizionali per spostarsi verso una nuova modalità che promuova innovazione e cambiamento a tutti i livelli: dall’organizzazione alla persona. HR ha davvero la possibilità di innescare e far emergere un nuovo tipo di organizzazione e lo può fare basandosi proprio su alcuni principi chiave dell’agilità e prendendo spunto dalle metodologie usate nello sviluppo di prodotto.

In primo luogo la persona è proprio uno degli elementi chiave che stanno emergendo dalle nostre esperienze dal campo. E in questo caso ritroviamo uno dei più importanti anelli di congiunzione con i tradizionali principi Agile: il valore per il cliente finale. Anche in questo caso dovremo scoprirlo durante il progetto e dipenderà dal contesto specifico.

Per come sono state considerate fino ad oggi, le attività HR erano fortemente legate alla necessità di seguire dei piani e processi strutturati. Iniziare ad essere “più agili” consiste proprio nel porre la massima attenzione ai destinatari delle iniziative aziendali, i quali non sono un nemico, ma sono un “cliente” da soddisfare, da ascoltare e da supportare.

Principi e pratiche Agile per HR: un esempio concreto

Riportiamo qui brevemente un caso in cui alcuni principi e certe pratiche dell’agilità sono stati applicati in maniera proficua in contesto HR, presso un’azienda reale. Recentemente abbiamo facilitato un workshop di kick-off presso un nostro cliente in cui abbiamo proposto un formato basato sulla tecnica di Impact mapping.

Una volta ottenuta una visione condivisa sugli obiettivi dell’iniziativa, abbiamo lavorato per definire le personas. Ne abbiamo tracciato le caratteristiche attraverso un modello ibrido di empathy map che andasse a indagare le sfere delle necessità, dell’ambiente, delle convinzioni e dei comportamenti.

Abbiamo poi collaborato per identificare gli employee’s journey. Questa fase ci ha permesso di confrontarci sulle tappe e sugli elementi principali legati all’iniziativa, di individuare i touch point critici e di estrarre le principali “epiche” del progetto. Solo a questo punto abbiamo potuto tracciare più nel dettaglio le attività per rispondere ai bisogni delle persone di riferimento, comprendendone meglio il possibile impatto.

Questa parte ha certamente costituito un buon avvio del progetto. Ma già nella successiva fase di definizione dell’implementazione abbiamo condiviso la necessità di coinvolgere l’utente finale per raccogliere i suoi feedback. Per qualcuno può essere preoccupante, in quanto potrebbe portarci a mettere in discussione quanto avevamo ipotizzato; ma solo un approccio basato su valori e metodologie che consenta questo livello di adattabilità potrà permettere, anche ad HR, di rispondere al cambiamento e alle reali necessità di contesto delle organizzazioni.

Un secondo elemento chiave, che ancora rispecchia la tradizione agile, è la cross-funzionalità. Allo stesso kick-off erano presenti persone di “estrazione” diversa, con un superamento dei loro silos di appartenenza. Allo stesso tavolo hanno avuto modo di collaborare anche persone non direttamente legate alle risorse umane, ma che hanno potuto dare un contributo reale e concreto al lancio della nuova iniziativa.

In questi momenti mi sono tornate in mente alcune affermazioni come “Quelli di HR vivono nel loro castello dorato!” a sottolineare la totale separazione tra i diversi mondi in azienda. L’effetto della cross-funzionalità è stato evidente e prezioso: la possibilità di integrare in uno spazio creativo prospettive e competenze diverse, l’occasione di mettere in discussione convinzioni o strategie assodate e di lavorare insieme per centrare un obiettivo comune.

Infine l’approccio iterativo, basato su ispezione e adattamento, risulta essere il terzo elemento chiave con cui favorire l’evoluzione dei gruppi e dei progetti legati alle risorse umane. Una metodologia come Scrum — pur non rappresentando necessariamente in questo contesto una soluzione pronta all’uso — può fornire una serie di spunti interessanti e facilmente sperimentabili: porre il giusto focus sulle priorità rispetto al valore per l’utente, organizzare il lavoro in cicli in modo da ottenere feedback rapidi, mantenere un allineamento frequente e costante tra i membri del team, dare il giusto spazio e il giusto peso a momenti di retrospettiva.

Con lo stesso team abbiamo quindi definito le prime modalità con cui strutturare il progetto ispirandoci a Scrum: gli sprint, la cadenza, i momenti di condivisione, revisione e confronto. Questi pochi elementi ci forniscono la possibilità di far emergere uno dei pilastri dell’agilità, ossia la cultura del miglioramento continuo, sia esso riferito al progetto in sé o alle modalità con cui collaboriamo nel team.

Centralità della persona, cross-funzionalità e approccio incrementale. Tre elementi ormai quasi ovvi per chi si occupa di agilità in sviluppo di prodotti, soprattutto software, ma che possono fare una prima grande differenza nelle iniziative HR.

Incertezza? Ebbene si…

In un certo senso, l’obiettivo principale è oggi quello di supportare flessibilità e adattabilità: vogliamo essere in grado di prendere decisioni migliori e possibilmente anche in modo più veloce. Vogliamo poter cambiare i piani per rispondere meglio alle esigenze che scopriremo strada facendo e lo vogliamo fare lavorando in modo appagante e sereno.

Sia nei gruppi HR, sia rispetto alle persone a cui si riferiscono i progetti HR, dobbiamo promuovere soprattutto una maggiore familiarità con l’opzionalità e l’incertezza. Se ci riusciremo, condividendo le basi di un diverso mindset, e sperimentando nuove modalità di lavoro, potremo davvero “rispondere al cambiamento più che seguire un piano”.

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