Scrivere: quando la pausa è sacra

Come imparare a non esagerare e rodersi meno il fegato

Emanuele Secco
Sekken’s Digest
4 min readMay 23, 2018

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“Gmail displayed on the screen of a laptop on a bed in a dark room” by Jay Wennington on Unsplash

C’è un tempo per scrivere e uno per fermarsi. Il secondo, in un’ipotetica scala di valori, è infinitamente più importante del primo.
Un paio di mesi fa (in questo post) scrissi a proposito di un costante impegno in termini di scrittura. Ci vuole costanza, disciplina e, non di meno, una motivazione coi fiocchi. Facendo un altro lavoro — perché si deve pur vivere a meno che non si riesca a vendere qualche centinaio di migliaia di copie del proprio romanzo — e avendo così mille altri impegni per la testa, è centrale riuscire a mantenere la concentrazione necessaria a un buon ritmo di produzione. Si approfitta, così, di ogni momento libero in cui la mente riesce a correre per le sue vie.
Ebbene, avere coscienza dei propri limiti è un altro tassello da inserire nella cassetta degli attrezzi che uno scrittore porta con sé.

Una breve precisazione: qui non si sta parlando di una scrittura di stampo giornalistico-quotidiano, la cui produzione assume gli aspetti di una catena di montaggio anche grazie agli stretti tempi di consegna legati alla professione (e lo so benissimo, essendo parte del mio lavoro); parlo della scrittura di fiction, di ispirazione.
Mi rendo conto anche di aver già accennato qualcosa a proposito del tema di questo articolo. Tuttavia ritengo che, vista la sua importanza, meriti qualche parola in più.

So benissimo come succede. Sei nel bel mezzo di un racconto o di un romanzo, e mille altre idee per altrettante storie vengono fuori da ogni aspetto del quotidiano. Sei così immerso nell’attività di scrittura che ogni più lieve stimolo può originare pensieri che possono apparirti utili. Il solleticamento dell’intelletto è tale da portarti a lavorare a ciclo continuo. Finita una storia ne cominci subito un’altra.
Oppure sei alla scrivania già da ore senza cavare un ragno dal buco. Hai scritto solo poche righe. Non sai come andare avanti. Schiacci un tasto, subito cancelli. Senti che qualcosa non funziona. Il ritmo della battitura è stato interrotto. I personaggi non sono stati resi a dovere o non ne vogliono sapere di seguire la tua direzione.

Ti dirò una cosa, maturata in anni di scrittura e inutili patemi riguardanti la bontà di quanto partorito: anche la scrittura necessita dei suoi tempi morti. Non stai lavorando in una catena di montaggio. Senti di esserti bloccato perché qualcosa non funziona? Avverti che i pensieri non sono ancora abbastanza maturi? È giusto che tu ti prenda il tempo per rifletterci. Fa male, lo so; il senso di colpa, in questi casi, è una brutta bestia.
Se proprio vuoi scrivere, comincia a tenere un diario. Riflettere sui propri fallimenti e sugli ingranaggi che non macinano può essere una buona soluzione. Non devi scrivere forzatamente: rischi che il lavoro sia mediocre. Non ti senti neanche in vena di scrivere sul diario? Allora fermati. Ti risparmierai inutili ulcere.

La fiction ha bisogno del suo tempo. Disciplina e mestiere sono fondamentali, certo, ma con le dovute precauzioni. Stacca. Prenditi una pausa. Non sarà tempo perso, ma un buon investimento.

A tal proposito è importantissimo avere accanto una persona che ti capisca e sappia tenerti a freno. Voglio lasciarti un passo tratto dal volume On Writing (ne parlo anche in questo post), in cui Stephen King riflette proprio sul ruolo giocato dalla moglie Tabitha quando si tratta di concedersi una pausa dal lavoro:

My wife is the persone in my life who’s most likely to say I’m working too hard, it’s time to slow down, stay away from that damn PowerBook for a little while, Steve, give it a rest.
(p. 267)

Un ultimo consiglio: non esaurire in una sola sessione di scrittura tutto ciò che hai da dire. Lascia in sospeso, rimanda. Basta fermarsi e lasciare un piccola nota, qualche spunto di un paio di righe al massimo. Il giorno dopo, riprendere dal punto in cui ti eri fermato, sarà più semplice.
Non fidarti della tua testa. Preoccupazioni e pensieri del giorno dopo possono andare ad affievolire la carica creativa. E se nonostante tutto senti che non è il momento, rimanda.
Mi raccomando, non sforzarti. È controproducente.

E.

Se davvero hai voglia di scrivere, niente ti sarà d’impedimento. E forse potresti apprezzare questo mio vecchio articolo: 6 consigli per diventare uno scrittore.
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Emanuele Secco
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