I sofisti e i progressi della geometria

Dioniso
Through the optic glass
5 min readOct 3, 2016

Nel capitolo precedente abbiamo parlato di Zenone, della scuola eleatica e di Democrito.
Continuando con lo spostamento dalle colonie verso la madre patria, che abbiamo cominciato con il passaggio da Zenone a Democrito, in questo capitolo ci concentreremo su quella che stava diventando la più importante tra le città greche e sulla corrente filosofica che lì si sviluppò: quella dei Sofisti.

Dopo la sconfitta definitiva dei persiani nel 479 a.C., Atene divenne la città più importante della lega delio-attica. Inoltre, la ricchezza acquisita attraverso i commerci, che avevano reso Atene la città più ricca dei suoi tempi, venne usata da Pericle anche per lo sviluppo architettonico e culturale della città. Tale situazione attrasse molti filosofi e, in particolare, molti pitagorici.¹

La prima corrente filosofica ateniese, quella sofistica, a differenza della scuola eleatica e della maggior parte dei filosofi presocratici, che si occuparono soprattutto di questioni “cosmologiche”, pone al centro della sua riflessione l’uomo e le problematiche relative alla morale e alla vita sociale e politica.² Lo fa tuttavia avvalendosi anche del metodo dialettico di Zenone.

Da http://www.slideshare.net/manzoni/scuola-di-atene-1509-1510

La corrente fu molto eterogenea e i suoi esponenti — detti sofisti — si interessarono di vari ambiti del sapere: grammatica, retorica, dialettica, morale, matematica, geometria, astronomia e filosofia; ed ereditarono dai pitagorici l’uso della matematica per comprendere il funzionamento dell’universo¹.
Molti dei risultati matematici prodotti in quel periodo furono il risultato collaterale dei tentativi di risolvere quelli che sarebbero diventati i tre famosi problemi geometrici del mondo classico: la quadratura del cerchio, la duplicazione del cubo e la trisezione dell’angolo.
E qui ci si potrebbe chiedere: ma perché gli antichi greci si accanirono così tanto su quelle tre questioni? Beh, le ultime due erano l’estensione naturale di altri problemi già risolti dai greci: visto che la diagonale di un quadrato è il lato di un quadrato di area doppia era naturale porsi il problema della duplicazione del cubo; e, visto che qualsiasi angolo poteva essere bisecato, era naturale porsi il problema della trisezione. La quadratura del cerchio apparteneva, infine, a una tipica categoria di problemi presi in considerazione dai greci: costruire una figura di una data forma uguale in area a una figura data.

Il primo tentativo noto per risolvere uno dei tre problemi è quello di Anassagora (496 a.C. — 428 a.C. circa), uno ionico che si dice abbia lavorato sulla quadratura del cerchio mentre era in prigione. Uno dei tentativi più famosi fu, invece, quello di Ippia di Elide (443 a.C. circa — 399 a.C.): contemporaneo di Socrate e tra i sofisti più importanti. Nei suoi tentativi di trisecare l’angolo, Ippia produsse una nuova curva detta trisettrice di Ippia.

Di Zorgit — Opera propria, CC BY-SA 3.0

Un’altro risultato prodotto nel tentativo di risolvere i tre famosi problemi geometrici fu opera del più noto matematico e geometra del V sec. a.C.: Ippocrate di Chio (470 a.C. — 410 a.C.).

Ippocrate di Chio

Più che un sofista, Ippocrate fu un Pitagorico¹ e, nel tentativo di risolvere la quadratura del cerchio, ottenne il suo risultato collaterale: cioè il calcolo dell’area delle lunule di Ippocrate. In senso ampio anche questo risultato può essere visto come il risultato di una quadratura, in quanto permette di calcolare l’area di una figura curvilinea, la lunula, in termini di un’altra figura rettilinea, il triangolo.

La lunula ha la stessa area del triangolo

Ma forse il più importante contributo alla matematica, o più precisamente alla geometria, attribuito a Ippocrate è il primo tentativo di esposizione sistematica della geometria in un libro intitolato Elementi (Στοιχεῖα, Stoicheia), di cui non ci è pervenuto nulla. Tuttavia, pare sia stata una delle prime codificazioni — forse perché i primi pitagorici non vollero lasciare testimonianze scritte — del metodo di derivazione di un teorema da altri teoremi, e anche del metodo di dimostrazione per assurdo.³ Fu da allora che i matematici del mondo antico cominciarono ad avere la possibilità di contribuire a un bagaglio comune fatto di concetti di base, metodi, e teoremi e questo stimolò molto il progresso della matematica.
Nei secoli successivi almeno altri quattro matematici scrissero i loro Elementi, migliorando la terminologia e la struttura logica. In qualche modo si può quindi considerare il lavoro di Ippocrate come un precursore che definì le fondamenta del celeberrimo Elementi di Euclide (325 a.C.) destinato a rimanere un importante manuale di geometria per i due millenni successivi.
Si pensa inoltre che fu Ippocrate a ideare l’uso delle lettere per riferirsi ai punti geometrici e alle figure in una proposizione. Come, ad esempio, il fatto di chiamare “triangolo ABC” un triangolo con vertici nei punti A, B, e C.

Un’altra idea importante introdotta dai sofisti fu quella di avvicinarsi progressivamente all’area del cerchio facendo crescere il numero di lati di un poligono inscritto. Questa tecnica fu concepita dal filosofo e drammaturgo Antifonte (V sec. a.C.) sempre nell’ambito della ricerca di metodi per la quadratura del cerchio. Egli avrebbe anche sostenuto che dopo un numero finito di passi sufficientemente grande si sarebbe ottenuto un poligono con i lati così piccoli da coincidere esattamente con il cerchio.
Brisone di Eraclea (c. 450 B.C.) introdusse, invece, l’idea complementare di usare poligoni circoscritti. Il metodo prefigurava in parte il successivo metodo di esaustione.

Nella prossima puntata parleremo della scuola platonica.

Indice della serie

  1. Morris Kline — Storia del pensiero matematico
  2. https://it.wikipedia.org/wiki/Sofistica (G.B. Kerferd, I sofisti, trad. it., Bologna 1988, p. 79 ss.)
  3. http://www.treccani.it/enciclopedia/ippocrate-di-chio/
  4. Carl B. BoyerStoria della matematica

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Dioniso
Through the optic glass

Che cosa siamo se non le brutte copie delle nostre storie?