Zenone, la scuola eleatica e Democrito

Dioniso
Through the optic glass
4 min readAug 2, 2016

Nel capitolo precedente abbiamo parlato del crollo delle fondamenta teoriche della scuola pitagorica e di quale fosse la grande eredità che ci hanno lasciato Pitagora e i pitagorici.

Ma che successe alla matematica dopo la scoperta che non tutto si poteva esprimere attraverso i numeri allora conosciuti?

Probabilmente la scoperta fu irrilevante per chi utilizzava la matematica in modo puramente applicativo. Dal punto di vista teorico-filosofico-mistico, tuttavia, quel fatto non si poteva ignorare. Anzi, a voler leggere i fatti a posteriori, si sarebbe quasi dovuto ribaltare il motto dei pitagorici. Anziché “Tutto è numero” (razionale) si sarebbe dovuto dire “Quasi nulla è numero” (razionale). Infatti la quantità di numeri irrazionali è innumerabilmente più grande rispetto a quella dei numeri razionali.¹ Tant’è che definendo un certo modello probabilistico sui numeri reali la probabilità dei numeri razionali risulta nulla.

Comunque, la grande intuizione dei pitagorici che si potesse interpretare la natura utilizzando i numeri, fortunatamente, non venne affatto dimenticata. Bisognava solo correggere un po’ il tiro: o spostarsi verso un’altra branca della matematica, come si fece poco tempo dopo; oppure estendere il concetto di numero includendo questi oggetti “irrazionali”, come si fece più di 1500 anni dopo.

Zenone (489 a.C. — 431 a.C.) nacque a Elea (in seguito Velia per i romani), una colonia greca situata nell’attuale Cilento, più o meno quando Pitagora stava morendo, e fu filosofo più che matematico.

Zenone di Elea

Zenone portò alla luce il problema che, dalla scoperta di Ippaso in poi, turbava i matematici greci. Cioè quello dei rapporti di lunghezze incommensurabili.
Secondo Kline¹, Zenone era inizialmente un pitagorico — così come il suo maestro Parmenide, fondatore della Scuola eleatica — ma presto si allontanò da quella dottrina. Tanto che elaborò diversi paradossi con il probabile intento di attaccare le idee dei pitagorici, i quali avevano ipotizzato che lo spazio e il tempo consistessero di punti e di istanti discreti, e difendere invece il suo maestro, il quale aveva sostenuto che il movimento fosse impossibile.

Inizialmente, negli ambienti pitagorici le grandezze — come le lunghezze — venivano rappresentate con sassolini, Χάλικεσ, detti poi calculi in latino, da cui deriva il termine moderno di calcolo. Ma la scoperta di Ippaso evidenziò che, mentre il dominio dei numeri aveva la proprietà della discontinuità, il mondo delle grandezze continue costituiva qualcosa di diverso dal numero. Qualcuno dovette avere l’intuizione che fosse la geometria anziché il numero a governare il mondo. Boyer² suppone che proprio Zenone possa aver avuto tale intuizione a partire dal risultato di Ippaso.

La scuola di democrito di François-André Vincent

Kline¹, forse in modo un po’ avventato, afferma che anche Democrito (Abdera, 460 a.C. — 370 a.C.) si possa considerare un eleatico poiché egli apparteneva alla scuola di Leucippo (Mileto, prima metà del V secolo a.C. — terzo quarto del V secolo a.C.) e quest’ultimo era un allievo di Zenone³. Quindi molti dei problemi matematici che Democrito prese in considerazione potrebbero essergli stati suggeriti dalle idee di Zenone.
Ad ogni modo, Democrito tentò di smontare la teoria di Zenone della divisibilità infinita dello spazio contrapponendovi la sua idea di indivisibilità dello spazio fisico, che trovava nell’atomo un limite invalicabile. Per Democrito gli atomi erano principio primo dell’universo e quindi eterni e immutabili. Non erano stati generati né potevano essere distrutti, ma esistevano da sempre e sempre sarebbero esistiti e la loro caratteristica principale era l’indivisibilità. Tuttavia, non si trattava di una teoria totalmente nuova, giacché era stata proposta precedentemente dal suo maestro Leucippo. Pertanto i suoi avversari accusarono Democrito di aver plagiato altri filosofi, compreso Pitagora. È infatti possibile che l’atomismo di Democrito sia stato suggerito dall’atomismo geometrico dei pitagorici che usavano oggetti discreti per misurare grandezze geometriche. In ogni caso, con Democrito la discontinuità tornava a prevalere sulla continuità.

Boyer², osservando che alcuni dei problemi matematici a cui era interessato Democrito richiedevano una sorta di metodo infinitesimale — riferendosi in particolare al calcolo del volume della piramide — si spinge addirittura a ipotizzare che il filosofo possa aver sviluppato tecniche infinitesimali a partire da un supposto atomismo geometrico. Ma si tratta appunto di supposizioni, visto che ciò non trova conferma in alcun documento.

Per chi invece volesse leggere la versione più approfondita e sapere come andarono le cose direttamente dalla voce di Pitagora può leggere Il mistero del suono senza numero oppure La Musica dei Numeri e La musica dell’irrazionale.

Nel prossimo capitolo parleremo dei sofisti.

Indice della serie

1. Morris Kline — Storia del pensiero matematico
2. Carl B. BoyerStoria della matematica
3. Sebbene non tutti siano d’accordo. Ad esempio la biografia di Leucippo su wikipedia riporta la seguente affermazione: “ la tesi di un suo soggiorno ad Elea è solo frutto di pura fantasia, così come un suo contatto con Zenone.”

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Dioniso
Through the optic glass

Che cosa siamo se non le brutte copie delle nostre storie?