Stelle fatte a pezzi e pianeti lanciati come proiettili

Michele Diodati
Through the optic glass
6 min readJan 14, 2017
Una rappresentazione artistica di una stella spaghettificata da un buco nero (il pallino in alto a sinistra). Credit: STScI / NASA Goddard / S. Gezari / J. Guillochon

Con il termine ‘transiente’ si indica in astronomia un fenomeno transitorio che può durare secondi, ore, giorni o anche qualche anno. Uno dei transienti più spettacolari mai osservati fu ASASSN-15LH, un evento di illuminazione scoperto a metà 2015, accaduto in una galassia distante circa 3,8 miliardi di anni luce dalla Terra. L’evento, che al suo picco di luminosità raggiunse una magnitudine assoluta pari a −23,5, superiore di circa 50 volte alla luminosità integrata dell’intera Via Lattea, fu interpretato inizialmente come l’esplosione di una supernova super-luminosa, la più potente mai registrata.

Successive osservazioni dell’evoluzione del fenomeno, unite a informazioni più precise sul luogo in cui si era verificato, indussero a riconsiderare la natura dell’evento: quell’enorme emissione di energia non era stata causata da un’esplosione di supernova, ma dalla distruzione mareale di una stella di massa solare da parte di un buco nero supermassiccio, annidato al centro della galassia ospite.

Quando una stella si avvicina troppo a un buco nero, il suo destino è segnato. La gravità del buco nero crea sulla stella forze di marea che producono effetti di deformazione, simili alle maree che la Luna provoca sui mari e gli oceani della Terra. Ma con una differenza: quelle prodotte da un buco nero sono infinitamente più potenti. La stella finisce letteralmente fatta a pezzi. La materia di cui è costituita viene spaghettificata, formando un lunghissimo filamento che spiraleggia verso il buco nero.

Ma qual è il destino finale di questa corrente di materia stellare? Una sorprendente risposta viene da uno studio pubblicato in questi giorni, firmato da Eden Girma, una studentessa del Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics, e dal suo supervisore James Guillochon.

Eden Girma, la studentessa di Harvard prima autrice dello studio sulle stelle fatte a pezzi dal buco nero al centro della Via Lattea

I due sono partiti da una stima di massima: a intervalli di circa diecimila anni, Sgr A*, il buco nero supermassiccio da 4 milioni di masse solari al centro della nostra galassia, fa a pezzi una malcapitata stella, avvicinatasi troppo alla sua zona di influenza. Girma e Guillochon hanno così realizzato delle simulazioni idrodinamiche, studiando la distruzione mareale di 50 stelle e seguendo l’evoluzione dei frammenti generati in tali eventi su un arco di 10 miliardi di anni.

Le simulazioni hanno indicato che circa la metà della materia nel filamento prodotto dalla spaghettificazione della stella rimane vincolata gravitazionalmente a Sgr A*. Un’altra metà, invece, resta sufficientemente distante da poter essere rinviata nello spazio esterno. Il dato sorprendente riguarda la forma che assume questa materia. Le simulazioni mostrano, infatti, che a livello locale prevale l’auto-gravità dei blocchi in cui la stella è stata disgregata. Tali blocchi, nel giro di appena un anno, si aggregano formando dei “pianeti” che possono raggiungere masse comprese tra quella di Nettuno, al limite inferiore, e diverse masse gioviane, al limite superiore.

La composizione di tali neo-pianeti dipende ovviamente dalla composizione interna della stella distrutta e dal modo in cui i suoi resti si ri-assemblano sotto la spinta della loro stessa gravità. Poiché le stelle sono fatte soprattutto di idrogeno e di elio, quelli saranno anche gli elementi dominanti nella composizione dei neo-pianeti formatisi dopo l’evento di distruzione. Ma, nel caso di una stella evoluta, dotata di un nucleo ricco di carbonio e ossigeno, allora anche questi elementi più pesanti finirebbero tra gli “ingredienti”.

Ma la cosa non finisce qui. Le simulazioni mostrano che i blocchi di materia stellare aggregatisi in pianeti possono diventare proiettili cosmici, sparati ad altissima velocità nello spazio esterno. La gravità di Sgr A* agisce infatti come una fionda potentissima, in grado di scagliare via i frammenti di massa planetaria a velocità che oscillano tra 1.000 e 10.000 km/s.

Circa il 95% dei “pianeti” lanciati dal buco nero si perdono nello spazio intergalattico, perché hanno una velocità di fuga ben maggiore di quella che serve per sfuggire all’attrazione della Via Lattea. Ma una piccola parte di essi resta invece all’interno della galassia, costituendo una minaccia potenzialmente devastante per uno sfortunato pianeta che si trovasse casualmente sulla loro rotta. In una presentazione dei risultati della ricerca, fatta il 6 gennaio a un convegno dell’American Astronomical Society, Eden Girma ha spiegato che l’analisi della distribuzione all’interno della Via Lattea dei frammenti di massa planetaria prodotti da simili eventi suggerisce che almeno uno di questi “pianeti” potrebbe trovarsi a non più di 650 anni luce dalla Terra (più o meno la distanza di Betelgeuse).

Eden Girma presenta la sua ricerca al meeting dell’American Astronomical Society il 6 gennaio 2017

Una collisione con uno di tali oggetti è un evento estremamente improbabile, ma la loro velocità fa comunque impressione. Se un “pianeta” scagliato da Sgr A* casualmente in direzione della Terra alla velocità di 10.000 km/s venisse avvistato per la prima volta a una distanza di 600 milioni di km da noi (all’incirca la distanza di Giove), impiegherebbe meno di 17 ore per raggiungerci!

L’idea che vi siano in giro pianeti liberamente fluttuanti, cioè non orbitanti intorno ad alcuna stella, non è nuova. Ne sono già stati scoperti in passato e si stima che ne esistano in tutta la Via Lattea centinaia di miliardi. Ma si ritiene che si tratti di pianeti formatisi nel corso di milioni di anni da comuni dischi protoplanetari. Sono poi stati espulsi dai loro sistemi d’origine in seguito a interazioni gravitazionali di qualche tipo, ma le loro velocità sono enormemente più basse dei proiettili scagliati da Sgr A* in base alle simulazioni presentate in questo studio.

Una rappresentazione artistica di alcuni “pianeti” formati dalla distruzione mareale di una stella, scagliati via ad altissima velocità nello spazio. Credit: Mark A. Garlick/CfA

La Girma stima che i pianeti vaganti formatisi dopo la distruzione mareale di una stella siano non più di uno su mille, rispetto al totale dei pianeti liberamente fluttuanti potenzialmente esistenti. Si tratta comunque di un numero elevatissimo. Del resto, basta riflettere sul fatto che la massa del Sole equivale da sola a quella di circa 1.000 pianeti come Giove e ben 333.000 pianeti come la Terra, per rendersi conto di quanti proiettili di massa planetaria possano formarsi in seguito a un solo evento di distruzione stellare.

Scoprire questi pericolosi proiettili spaziali lanciati da Sgr A* non è evidentemente semplice. Potrebbero essere forse osservabili nell’infrarosso, se rimane traccia in essi del calore prodotto mentre si formavano sotto la spinta della loro stessa gravità; o anche attraverso fenomeni di microlente gravitazionale, nel caso si trovino fortuitamente allineati, rispetto alla Terra, con una stella di sfondo. Tuttavia finora non sono mai stati individuati. Osservatori di prossima generazione come il Large Synoptic Survey Telescope e il James Webb Space Telescope potrebbero essere forse in grado di scoprirne qualcuno.

La produzione di proiettili di massa planetaria non è, peraltro, un’esclusiva di Sgr A*. Se i risultati delle simulazioni presentate da Girma sono attendibili, allora ogni buco nero supermassiccio è in grado di disseminare lo spazio di masse sparate ad altissima velocità. Anzi lo sta già facendo da milioni o miliardi di anni. Per esempio il buco nero al centro della galassia di Andromeda, ben più massiccio di Sgr A*, potrebbe aver lanciato nel corso di miliardi di anni un’immensa quantità di “bombe” planetarie in direzione della Via Lattea.

In fondo sembra un po’ la storia del film Starship Troopers, senza gli insetti giganti, ma con proiettili molto più massicci e pericolosi degli asteroidi lanciati da quelli verso la Terra. A volte la realtà (se di realtà si tratta) è più strana e sorprendente della fantascienza…

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Michele Diodati
Through the optic glass

Science writer with a lifelong passion for astronomy and comparisons between different scales of magnitude.