From Arcosanti to Los Angeles. Mojave Desert, Arizona.

4. Rise

Una serie di situazioni più o meno inventate per raccontare l’effetto dei filtri di Instagram. [ep.4/rise]

Giorgio M Bologna
5 min readApr 29, 2017

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Vedi cara, lo vedi?
È in piedi sul molo di Venice con il suo caffè di Starbucks ordinato in un inglese ancora maldestro. Il cappuccio tirato sulla testa, che ascolta il vento insaccarsi nel tessuto, mentre il primo dei pick-up ha tirato il freno a mano in spiaggia, vicinissimo alla linea della marea in salita.

Venice Beach

Cara, cosa ci fa Guccini su un pontile di Los Angeles alle 7 del mattino?
Ha cantato tutta la notte nelle cuffie di un italiano che stava sdraiato su un materasso pulcioso di un ostello a pochi metri dalla spiaggia.

La collana di Gio è fatta di semi, un canapo intrecciato da Cabiria e un pezzo di canalina in ottone rubato dall’officina di Arcosanti. È appesa al letto a castello, dondola sotto il vento che entra dalla finestra, salmastro e pungente di caramello.

Il surfista ha la muta indossata a metà mentre con rigore monastico stende la paraffina massaggiando la sua tavola bianca che sembra vassoio d’argento accecante al primo sole.

I Wyfarer di Gio hanno capito la storia: la polarizzazione delle lenti trasforma ogni onda in una scultura in movimento filmata da una 8mm.

Marco si è svegliato con la collana di Gio penzolante davanti agli occhi incollati. Ma la Wrangler impolverata di fresco manca dal suo parcheggio: è con i finestrini abbassati e i sedili pieni di cenere parcheggiata da qualche parte a Malibu.

E alla UCLA tra poco comincerà la giornata studenti/parenti. Ci aveva studiato Morrison, non era una cosa dopo: le stesse scale, gli stessi prati, gli stessi alberi sotto i quali aveva scritto e bevuto, gli stessi dormitori che avevano incontrato l’acido. Come la stessa sabbia che era stata il cuscino dei Doors, quella mattina stava ancora sotto le unghie dei piedi di tutti e quattro: Gio, Marco, Pietro e Hortense.
I mattoni della UCLA si scaldano sotto il solo dei primi d’autunno, il loro rosso finto è maestoso. Le fontane accolgono genitori con i loro cartellini. Il montone rovesciato di Gio scalda una cervicale provata dal burbon.

Hollywood

Le lettere di HOLLYWOOD si stano svegliando sulla terra rossa, le colline da grigie diventano verdi, Beverly Hills dorme aggrovigliata tra i suoi tornanti, le sue piscine e i suoi fenicotteri di plastica.

Le onde si stanno alzando, la marea sale. La cera è stesa sulla tavola che non è più un osso d’argento: ora è candida come la schiuma, solida come uno scoglio. Marmo leggero pronto a fendere le creste lunghe e rilassate dell’oceano al mattino. Il funerale della notte è la festa della salsedine.

Lame di colore si fanno largo come spifferi dietro la montatura dei Ray-Ban, attraverso le finestre dell’ostello, si sdraiano sui tavoli vuoti di Starbucks e si appoggiano sul cofano metallizzato della Wrangler, mordono il culo siciliano di Hortense e svegliano i boccoli calabresi di Pietro.

La città è svenuta: downtown è deserta e i grattacieli riflettono sole per nessuno, scaldandosi l’un l’atro nel silenzio delle 10 corsie di asfalto vuote e abbandonate alle loro segnaletiche e ai semafori che parlano da soli.

Ah se il sale ti entra nelle vene. Ti rimane addosso, dentro, e cristallizza scambiandoti per la chiglia di un veliero ormeggiato. Ti rimane addosso come il deserto, come la sabbia che violenta gli occhi.

La stazione di servizio di Cordes Junction è lontana 6 miglia. La birra, le Marlboro e la carne secca sono a 6 miglia.

Ma una birra fredda dopo aver lavorato il cemento per un giorno intero, una Marlboro smezzata col vento dell’Arizona e un morso alla fibre dure della coscia di un bufalo ascoltando i coyote dall’altra parte della vallata valgono ben 6 miglia.

Un passo dopo l’altro, un miglio dopo l’altro, Los Angeles è alle spalle, sveglia dal fuoco del pomeriggio. Il deserto davanti, Blackrock è la prossima uscita dove mettere gasolio.

Arcosanti, Arizona

Il deserto non è un punto d’arrivo, ma una meta per ripartire.

I girasoli affilano le spine, gli scorpioni aspettano negli scarponi, le docce gelide lasciano entrare lucertole e serpenti a sonagli, tutto in attesa di 4 anime troppo giovani per capire che guidare un Jeep in mezzo al deserto, con i Ray-Ban davanti agli occhi e la Marlboro appena al labbro, sarà una grossa cicatrice nel cuore.

Gio, Hortense, Marco, ragazzo di roma, Pietro, ragazza spagnola. Arcosanti, Arizona. 2018.

La collana di Gio è rimasta appesa al letto a castello dell’ostello di Venice, il Samesun forse. I Wyfarer persi in un’area di sosta fuori Sedona.
Marco si è sposato con Susanna, vivono a Londra.
Pietro è disperso in giro per il mondo con la sua penna e la sua macchina fotografica.
Hortense è a Pantelleria, a fare l’architetto snob probabilmente.

Marco, Pietro, Gio. Arcosanti, Arizona. 2008.

Leggi i filtri precedenti
ep.1/reyes
ep.2/stinson
ep.3/moon

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Giorgio M Bologna

Milano based creative director, blackworks scribbler and documentary enthusiast