Caro #DatoNatale…

ErikaMarconato
CivicHackingIT
7 min readJan 8, 2019

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A fine ottobre stavo lavorando, con Matteo Brunati, al calendario editoriale della newsletter di #CivicHackingIT per i mesi successivi e mi si è accesa una lampadina: e se creassimo un mini kit di “cose per civic hacker”?

Pensavo a una cassetta degli attrezzi preconfezionata utile a chi non sa da dove partire (ma anche a chi ha un pirata civico nella sua vita e non sa cosa mettere sotto l’albero). Insomma, immaginavo una lista di strumenti, libri e componenti software e hardware in cui ci fossero cose con un codice a barre da mettere sotto l’albero, ma anche cose come GitHub o OpenStreetMap, di cui avevamo già parlato nella newsletter. Ho curiosato un po’ online e mi sono imbattuta in questo Data Science Toolkit che mi ha colpito fin da subito: c’erano un paio di libri, del software e delle API, degli strumenti basilari (tipo il convertitore da HTML a testo oppure un coso per la standardizzazione delle date), insomma cacciaviti, chiodi, martelli, ma anche trapani elettrici e pietre affilacoltelli. Immaginavo che i tipi di Code for America o mySociety avessero fatto qualcosa di simile per il civic hacking. La newsletter sarebbe stata la traduzione di quello che trovavo come introduzione, una serie di “oggetti” divisi in tre fasce di prezzo come corpo principale e un elenco di letture da mettere in libreria. Uso oggetti in modo molto lasco: nella prima bozza c’erano anche cose come pagare per il tuo civic hacker domestico un dominio con un hosting o una macchina virtuale su Amazon AWS.

Mi ero fissata con questa idea perché mi sono resa conto che non tutti i nostri iscritti sono civic hacker: abbiamo curiosi, gente che si vuole solo informare, gente che non sa se il civic hacking fa per loro o no. In più, sono convinta che siamo nel momento storico in cui dobbiamo pensare alla successiva generazione di potenziali pirati civici, non solo per una questione di età (i potenziali civic hacker non sono necessariamente i giovincelli e le giovincelle nati dopo il Duemila), ma perché, se non lo facciamo, rischiamo di perdere un potenziale enorme solo per miopia o mania di protagonismo.

Piccolo problema, nessun anglofono o francofono o ispanofono o germanofono aveva creato niente di simile al Data Science Toolkit per il civic hacking. Che si fa? Vabbé, l’introduzione si cambia e per il resto perché non chiederlo direttamente a chi fa civic hacking da un po’?

Da qui è partito tutto!

Ho fatto un tweet, molto meno invasivo e molto più pubblico di scrivere direttamente alle persone, lasciandolo vago, ma chiaro. Almeno, così credevo. Fino alla risposta di Valentina Bazzarin.

Al di là di aver creato Dato Natale (che è già di per sé un pregio notevole), Valentina è stata la prima a partecipare ad una discussione tra svariate persone su dati e affini. Discussione piuttosto vivace e interessante, nonostante il limite di caratteri imposto da Twitter. Matteo ha rilanciato la richiesta e altre persone si sono aggiunte per dire la loro.

Non contenta, Valentina (con la sua collega Damiana Aguiari) mi ha invitato a Radio Città del Capo per spiegare #DatoNatale (è interessante tutta la puntata, ma io sono dal minuto trenta più o meno).

Quel numero della newsletter è diventato qualcosa di diverso, complice anche il fatto che fosse la penultima prima delle feste; si è trasformata in una letterina per il buon Dato Natale da parte dei civic hacker italiani.

Caro DatoNatale,

qui siamo tutti adulti: lo sappiamo che, probabilmente, non esisti e, anche se esistessi, non potremmo chiederti di risolvere tutti i problemi dell’attivismo (digitale o meno). Vogliamo pensare che, però, tu nasca da qualcosa di reale, come il tuo quasi omonimo Babbo Natale, insomma una verità che diventa leggenda.

Quest’anno siamo stati piuttosto bravi: abbiamo cercato di partecipare a tavole rotonde e forum, abbiamo fatto richieste di accesso civico — a volte andate a buon fine, a volte no -, abbiamo cercato di fare monitoraggio su dati e azioni concrete, abbiamo creato nuovi strumenti, abbiamo cercato di far progredire la discussione sull’openness anche in Italia. Quindi siamo autorizzati a chiederti qualcosa, no?

Vorremmo avere accesso ai dati, non solo perché fa figo rilasciarli. Vorremmo avere anche i dati scomodi, quelli di interesse pubblico, quelli che possono permetterci di capire il presente. Vorremmo far avere alle prossime generazioni gli strumenti per misurare questi strani anni Dieci, quasi Venti.

A proposito di dati, sotto l’albero ci piacerebbe trovare dati davvero aperti: ci piace farci cose con i dati — non solo la carta da parati del tinello. Se non fosse troppo disturbo, vorremmo anche quei dati “utili”, rilasciati con l’idea che tutti lavoriamo nella stessa direzione, non con l’idea “ma di cosa vi lamentate, tanto sono dati, no?”.

Dato che fare cose con i dati ci piace, vorremmo anche trovare dataset che possiamo far parlare tra di loro con poca fatica (magari anche con dei metadati coerenti e chiari). I dataset ci piacerebbe fossero disponibili via API, lo sai che siamo un po’ smanettoni, no? Ci piace fare cose anche con i computer e, a loro, quelle cose lì piacciono. Se fossero tutti nello stesso posto e compatibili con dataset di altri Paesi, sarebbe il massimo.

Vorremmo riuscire ad incontrarci più spesso — non è che potresti condividere con noi il segretuccio della slitta magica e le renne, vero? A volte ci sentiamo soli, oppure ci sembra che i nostri sforzi siano vani perché, anche se parliamo spesso con persone piene di buona volontà, la verità è che la volontà dei singoli non basta.

A proposito di volontà dei singoli, vorremmo che ci fossero meno orticelli e più senso di interesse collettivo. Anche se a volte non è chiaro, ci piace pensare che stiamo lavorando tutti nella stessa direzione: attivisti, Amministrazioni, formatori, consulenti.

Caro DatoNatale ci piacerebbe che tutti, ma soprattutto le Pubbliche Amministrazioni, non si reinventino cose già esistenti, ma provassero a calarle prima nel loro contesto. Aggiungiamo inoltre: ti prego fa sì che le PA NON rincorrano gli hype del momento solo perché fa figo.

Come ultima cosa, ma forse avremmo dovuto metterla in alto, ci piacerebbe avere dati di fatto. Forse lo sai già, ma l’apertura di copertura (un nome in italiano provvisorio per l’open-washing) ci spaventa, forse perché non sappiamo bene come affrontarla.

Dopodiché, dato che siamo venali e i pacchetti scintillanti ci piacciono, ti chiediamo, per la nostra libreria, di farci trovare qualcosa per riflettere sull’openness. Da poco abbiamo ricordato Aaron Swartz, un hacker-attivista, e ci piacerebbe avere il dvd del documentario che parla di lui e il libro con i suoi scritti. Se ti avanza un po’ di posto nella slitta, anche qualche kit targato Arduino o Public Lab non sarebbe male (magari abbinato al Data Science Toolkit di Pete Warden). Siamo anche piuttosto nerd, quindi ci piacerebbe anche un servizio di stampa di dataviz su maglietta tutto automatizzato. Ok, forse stiamo esagerando…

Non ti mettiamo nessun link perché non vogliamo fare la fine del povero bimbo sbeffeggiato online perché a Babbo Natale aveva scritto l’intero URL di Amazon, invece del regalo che voleva. Comunque lo sappiamo che con le ricerche in Rete te la cavi bene.

Ti lasciamo un bicchiere di grappa vicino all’albero, nel caso ti serva.

Ps. Abbiamo presupposto che tu fossi maschio (i dati in italiano lo sono), ma se non è così, non restarci male e faccelo sapere così ci correggiamo.

Come vedi, di cose da incartare ce ne sono ben poche. In parte, perché le persone che hanno interagito con i nostri tweet sono come noi: civic hacker della più o meno vecchia guardia, attivisti e gente che i dati ce li ha proprio a cuore. Non siamo riusciti ad intercettare nessun potenziale nuovo pirata cittadino, il che porta ad un risultato falsato in un certo senso. Una lettera scritta (io ci ho fatto l’editing e l’ho resa unitaria, ma il contenuto l’ho pescato dai tweet) da chi ha una visione spostata più avanti nel tempo. Perché, diciamocelo chiaramente, se ti occupi di dati, di openness o di Open Gov da un po’ avrai probabilmente una visione più lungimirante di chi mette le mani in pasta per la prima volta e sentirai problemi più “teorici” (come i dati di fatto o l’open-washing), ma questo è fisiologico. A proposito di open-washing, hai letto le ultime traduzioni che ho fatto?

Tornando a #DatoNatale, grazie ad Andrea Borruso la discussione si è spostata in altri luoghi e sta continuando al di là di quello che si riesce a mappare con un hashtag (sono sicura che qualcun altro ne sta parlando da qualche parte, ma io non lo sono venuta a sapere). Questo piccolo gioco mi ha fatto capire una cosa: abbiamo l’urgenza di occuparci di dati in maniera diversa. Mi sono fatta l’idea che alle Amministrazioni non piaccia essere bacchettate per cose su cui non hanno il controllo e, dall’altra parte, i civic hacker e gli attivisti sono un po’ stufi di ripetere sempre le stesse cose (parafrasando Andrea Borruso, ogni giorno c’è qualcuno da qualche parte nella Rete che chiede i dataset dei CAP, aggiungo io, non è che ogni giorno possiamo raccontare il giro della proprietà intellettuale dei CAP). Dovremmo coordinare i nostri sforzi (il governo del Canada fino al 2017 aveva uno strumento semplice e chiaro) e aggiustare le aspettative (Amministrazioni, smettete di chiedere che dati vogliamo se non potete darceli, attivisti smettiamo di credere che solo perché chiediamo i dati questi arrivino, quando pretendiamo una strada mica ce la costruiscono in due giorni, no?).

Che Dato Natale esista o meno, lo lascio alla tua immaginazione, mentre io a livello più pratico cerco di mettere insieme la cassetta degli attrezzi di cui parlavo all’inizio.

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ErikaMarconato
CivicHackingIT

#CivicHackingIT e #scrivo. Leggo molto, a volte troppo. Sto cercando di capire il legame tra #opensource e cultura. Di #opendata parlo su @spaghetti_folks.