Hollow Knight: il metroidvania pop

Manifesto moderno del genere.

Andrea Scibetta
Frequenza Critica
5 min readOct 13, 2021

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Hollow Knight copertina

Hollow Knight è uno dei miei giochi preferiti in assoluto. Voglio cominciare così, dichiarando il mio amore incontenibile per la creazione di Team Cherry. Da quando lo provai per la prima volta, sul finire del 2017, ho portato a termine l’avventura diverse volte e mi sono appassionato fortemente alla storia di Nidosacro, così criptica all’apparenza, ma così densa di racconti se si è pronti a recepirli. Se mi chiedeste quali titoli single player sono per me irrinunciabili, quelli da portare con me sulla classica isola deserta, Hollow Knight lo nominerei sicuramente. Mi sono appassionato al punto da cimentarmi a scrivere una guida approfondita che cerca di aiutare il giocatore ad affrontare l’avventura e a cogliere i dettagli della lore.

Eppure, quando all’epoca un mio amico me ne parlò e mi approcciai al titolo, non sapevo neanche cosa fosse esattamente un metroidvania. Un po’ per motivi anagrafici, un po’ per l’assenza di console Nintendo in casa mia, sono sempre stato lontano sia da Metroid che da Castlevania. La prima occasione di contatto con la celebre serie Konami, di cui avevo più volte sentito il nome, fu un episodio su PlayStation 2 in 3D (probabilmente Lament of Innocence, dopo una rapida ricerca) che mi lasciò molto freddo.

Hollow Knight boss
I boss di Hollow Knight non perdonano.

Scoprire Hollow Knight, così fluido, così cattivo e capace di ripagare, intrigante nell’ambientazione e soddisfacente nell’esplorazione, è stato per me una vera epifania. Dopo essermi innamorato di questo Bloodborne bidimensionale, documentandomi scoprii la sua natura di metroidvania e cominciai a spulciare tra i congeneri per cercare altri titoli, provandone diversi, per lo più moderni, con qualche incursione nel retrogaming.

Prima di proseguire, specifico che questo articolo nasce dalla polemica che in questi giorni ha investito la stampa di settore, riguardo la recensione di EveryEye di Metroid Dread, legata a un particolare riferimento al titolo di Team Cherry. In risposta a un discorso a mio avviso sterile, colgo la proposta di Damaso Scibetta di costruire un’offerta critica corale sull’evoluzione del metroidvania, che sfrutti la situazione per parlare dell’argomento in modo propositivo. A tal proposito vi rimando anche al pezzo di Francesco Toniolo sul genere specifico e a quello di Pietro Iacullo sui rapporti tra critici di videogiochi attorno alle polemiche. Qui invece voglio raccontare la mia esperienza personale con Hollow Knight. Perché di fatto quest’opera rappresenta la punta di diamante di una nuova corrente di metroidvania, importante soprattutto per le nuove generazioni di videogiocatori.

Un nuovo punto di riferimento

Il fatto che il titolo del piccolissimo studio australiano negli anni dalla sua uscita abbia riscosso così tanto successo, ha rafforzato una sorta di rinascimento del genere, unitamente ad altre opere importanti come il bellissimo Ori di Moon Studios.

screenshot di Ori and the Blind Forest
Ori proponeva un approccio al genere molto diverso, ma nel secondo capitolo ‘Will of the Wisps’ ha mutuato vari elementi da Hollow Knight

Tuttavia, il successo particolare di Hollow Knight, dopo poco tempo disponibile su tutte le piattaforme a un prezzo irrisorio e capace di affascinare sia il pubblico dei soulslike che i nostalgici di una certa idea di metroidvania, è arrivato al momento giusto per cavalcare diverse “onde”, ed è diventato di fatto un cult istantaneo.

Da un lato sicuramente i rimandi alle opere di Miyazaki, tanto nel gameplay quanto nel racconto, hanno reso Hollow Knight un’incursione nel mondo delle due dimensioni per molti appassionati orfani di titoli con quella struttura. Del resto, nonostante l’esplosione del genere soulslike, non sono tanti i giochi basati su quelle meccaniche. Dall’altro lato però, anche per un pubblico leggermente meno hardcore il gioco ha rappresentato un punto d’ingresso nel mondo delle produzioni indipendenti, grazie alla sua cura per il design, il mondo di gioco così approfondito e un livello di difficoltà crescente in modo lineare che propone una sfida impegnativa senza diventare frustrante.

Team Cherry nel suo primo gioco ha mescolato in un grande calderone elementi vecchi e nuovi, non solo di Metroid o di Castlevania: il combat system frenetico, la trama criptica, lo stile, pure l’esplorazione stessa, al centro della polemica degli ultimi giorni. Nel titolo dei ragazzi australiani si procede davvero quasi senza alcuna guida. Il gioco ti tiene per mano quel tanto che basta per non lasciarti brancolare totalmente nel buio; rispetto ai capisaldi del genere in pratica ti abbandona. Inoltre, nei panni del piccolo cavaliere vacuo il giocatore deve anche improvvisarvi cartografo, andando a completare le mappe di Cornifer, elemento spesso sottovalutato della sua struttura ludica.

Metroid Dread è davvero figlio di Hollow Knight

Hollow Knight ha permesso al contempo di scoprire e riscoprire il genere metroidvania, ibridandolo a delle formule ludiche moderne capaci di arricchire la struttura classica, e anche di riportare in auge questo tipo di avventure, dimostrando quanto ancora ci sia da dire e da sperimentare.

Grime è un interessante metroidvania chiaramente figlio del modello Hollow Knight.

Se oggi abbiamo Grime, Ender Lilies, Graek, lo dobbiamo sicuramente in parte a Hollow Knight, forse più a lui che alle saghe storiche di Metroid e Castlevania. In un certo senso, l’opera di Team Cherry è davvero diventata in questi anni il nuovo faro del genere, ed è lecito farvi riferimento. Anche perché il rispetto per la storia del videogioco è importante, ma non può e non deve diventare un cancello dietro cui chiudere i giovanissimi. Dopotutto, io in primis penso che senza Hollow Knight non mi sarei appassionato tanto a questo genere, potendo così scoprire anche le sue glorie del passato.

E in questo senso sì, Metroid Dread è assolutamente figlio del titolo del Team Cherry. Come lo è di Ori e di tutti gli altri metroidvania usciti in questi anni che hanno riportato in voga il genere. Senza questa rinascita della struttura ludica, un nuovo Metroid bidimensionale probabilmente non l’avremmo avuto, visto lo scarso appeal commerciale fino a pochi anni fa. Tra gli esponenti moderni più brillanti, l’avventura del cavaliere vacuo è forse quella che brilla di più, qualitativamente e soprattutto commercialmente. L’esplorazione di Dread è davvero figlia del modello Hollow Knight? Forse, o forse no. Tuttavia, se il nuovo Metroid esiste, in parte il merito è sicuramente del successo del titolo di Team Cherry.

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