Ode a Kerbal Space Program

Dieci anni e non sentirli.

Fabrizio "Bix" Salis
Frequenza Critica
5 min readJul 26, 2021

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artwork di Kerbal Space Program

Sì, lo so che ho già scritto la recensione di Kerbal Space Program. È pure uno dei primi miei pezzi qui su Frequenza Critica.

Sì, lo so che il decimo anniversario è stato un mese fa. Però volevo avere più tempo per riflettere… oppure mi sono semplicemente dimenticato e corro solo adesso ai ripari, a voi la scelta.

In ogni caso mi sento in dovere di celebrare il gioiello di Squad, perché per quanto mi riguarda non se ne parla mai abbastanza.

Se proprio non vi va di leggere potete almeno guardare questo video prodotto proprio in occasione dei dieci anni dall’uscita. Ammetto che qualche lacrimuccia è scesa.

Se penso a Kerbal Space Program la prima domanda che mi viene in mente è: si tratta di un gioco o di un simulatore? Come in un simulatore abbiamo meccaniche molto complesse da imparare e ben pochi tutorial, ma d’altra parte è difficile tracciare un parallelismo con qualcosa di serioso come Universe Sandbox quando si notano i forti tratti caricaturali dei Kerbal — che i trailer non hanno mai mancato di sottolineare — e il sistema di costruzione dei razzi impostato come il paradiso dell’amante dei LEGO.

La genialità di Squad sta proprio nel non aver preso una posizione netta, lasciando che ognuno si approcci nel modo che preferisce. Non c’è un modo “giusto” per giocare a KSP: c’è chi come me ama la carriera e la sua intelligente progressione, altri invece dedicano anima e corpo nella creazione di strani marchingegni nella modalità sandbox (magari senza neanche abbandonare l’atmosfera) oppure nella ricerca dei tantissimi easter egg sparsi per il sistema stellare del gioco — continuerò a usare la parola “gioco” perché ha meno lettere di “simulatore” e tutti dicono che less is more, o qualcosa del genere.

Quello che in ogni caso resta sempre fermo è un amore viscerale nei confronti dello spazio e dell’esplorazione spaziale. Perché non ci può essere nient’altro che l’amore dietro alla decisione di una singola persona di mettersi a sviluppare da zero un gioco del genere senza avere esperienza. Quella dello sviluppo di Kerbal Space Program è davvero una bella storia, e chissà che in futuro non mi decida di raccontarla per bene. Basti pensare che nasceva come semplice sandbox dedicato alla costruzione e al test dei razzi, ma poi è diventato qualcosa di molto più grande; in un certo senso è quello che è successo a The Sims, che nelle sue prime iterazioni si focalizzava sulla creazione delle case, coi personaggi umani molto marginali. Nell’attesa di un “Frequenza Critica racconta” a tema potete dare uno sguardo a questa intervista al creatore (in inglese), che ho trovato davvero ricca di spunti.

Una piccola stazione spaziale in orbita intorno a Kerbin

KSP è riuscito a trasmettere l’amore di cui ho parlato poco sopra al suo pubblico in un modo difficilmente replicabile. I ragazzini che avviavano la primissima versione dieci anni sono gli adulti di oggi e diversi di loro, come non manca di sottolineare il video di inizio articolo, si sono non a caso orientati all’astronomia o all’ingegneria aerospaziale nel loro percorso di studi e lavorativo. Lo avrei fatto anche io, ma ogni volta che vedo un’operazione più difficile di un’addizione mi viene una brutta labirintite. Per fortuna che ho fatto il liceo scientifico.

Il bello è che il gioco, pur senza pretese di realismo assoluto, è perfetto per rappresentare in maniera semplice e intuitiva dei veri propri incubi matematici come la gestione delle orbite. Questa caratteristica può essere utile a uno studente alle prime armi e ha anche fatto la fortuna di numerosi divulgatori scientifici e creatori di contenuti online, come il mitico John Manley o — in misura minore — il nostrano Adrian Fartade. Pure le collaborazioni con l’agenzia spaziale americana e con quella europea, sempre interessate a pubblicizzare il loro lavoro e ad attirare nuovi talenti, possono essere interpretate in quest’ottica.

rover su Eve

Un titolo capace di appassionare in questo modo non può che avere una community molto attiva, e infatti KSP non sarebbe niente senza la sua community. La natura aperta del prodotto lo rende infatti estremamente adatto alla condivisione di consigli, esperienze o esperimenti, e se aprite il subreddit scoprirete che ha quasi un milione e mezzo di membri e che il flusso di post è ancora oggi costante. Mica bruscolini. La stessa community ha in un certo senso orientato lo sviluppo del gioco, soprattutto nelle caotiche fasi iniziali di sviluppo, e il risultato è stato sorprendentemente organico.

Difficilmente Kerbal Space Program sarebbe potuto essere supportato ininterrottamente per dieci anni senza un tale attaccamento dei fan. Quanti giochi possono vantare un supporto così duraturo? Non sono tanti, e rientrano quasi tutti nel campo dei veri e proprio fenomeni di costume; KSP dal canto suo non ha mai raggiunto dimensioni tali, nonostante il successo è indietro anni luce rispetto a qualcosa come GTA Online. È poi incredibile che il gioco sia andato avanti senza mai orientarsi verso un modello live service, neanche quando i diritti sono stati acquistati da Private Division (che poi sarebbe Take Two): se si escludono poche espansioni non particolarmente memorabili, tutti i contenuti sono rimasti gratuiti. È stata una bella fortuna, perché un approccio come quello di Paradox sarebbe stato tranquillamente applicabile.

Parlando di community, è obbligatorio soffermarsi un attimo su un pezzettino specifico di essa: i modder. Col loro lavoro costante, i modder hanno contribuito a questo lungo viaggio non meno degli sviluppatori, e infatti diversi di loro sono finiti per essere assunti ufficialmente durante la fase in cui quasi tutti i membri della formazione originale di Squad hanno abbandonato. Rivoluzioni del genere hanno spesso un impatto negativo su un prodotto, ma bisogna ammettere che la “nuova generazione” di Kerbal Space Program non ha fatto rimpiangere la vecchia. Ora l’Adam Kadmon che c’è in me suggerirebbe l’esistenza di un altro celebre videogioco uscito nel 2011 che deve alle mod molte della sue fortune.

Il futuro cosa ci riserva? L’ultimo aggiornamento è stato pubblicato e sappiamo tutti che l’anno prossimo dovrebbe arrivare il seguito, ma ammetto di essere parecchio dubbioso; non tanto perché alle redini del progetto non c’è più lo sviluppatore originale, quanto per il modo discutibile in cui Private Division sta gestendo il tutto… e non mi riferisco solo ai rinvii multipli, che in questo momento storico sono da dare per scontati, ma anche ad alcune pratiche molto poco etiche. Inoltre non sono molto convinto della deriva più “fantascientifica” (con tanto di viaggi interstellari), ma questi sono gusti personali. D’altro canto l’inserimento di una modalità multiplayer può essere l’idea giusta per raggiungere un pubblico ancora più ampio.

In ogni caso da parte mia resta ferma la speranza che l’amore nei confronti della spazio guidi lo sviluppo anche del secondo capitolo.

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