Tales of Arise: un parere in differita

Un atteso ritorno da valutare a mente fredda.

Stefano Lucchi
Frequenza Critica
8 min readOct 29, 2021

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Il sottoscritto si è buttato su tre day one nel giro di una settimana (gli altri due erano rispettivamente l’ultimo Life is Strange e The Medium), motivo per cui Tales of Arise, che era il titolo più lungo dei tre, me lo sono lasciato per ultimo. Non nascondo che i tempi si sono allungati anche a causa degli impegni personali, ma la cosa non mi dispiace nemmeno tanto perché volevo giocare scevro dall’hype per capire quanto questo gioco fosse riuscito a centrare il suo obiettivo di riscattare gli altalenanti capitoli precedenti. A distanza di più di un mese dall’uscita è giunto il momento di fare un bilancio.

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I giochi normali mettono una grotta o un passaggio dietro una cascata, Tales of Arise ci mette UN INTERO DUNGEON. 11/10 su scala Alteridan.

Il mondo è diviso in due regni di nome Rena e Dahna, col primo che schiavizza il secondo sfruttandone gli abitanti in veri e propri campi di lavoro. Il protagonista del gioco è uno schiavo dahnano senza memoria di nome Alphen, soprannominato Maschera di Ferro poiché indossa una maschera che non riesce a levare e ha anche la bizzarra caratteristica di non sentire il dolore. Un giorno si imbatte in una ragazza di nome Shionne inseguita sia dalle guardie renane che da un gruppo di ribelli dahnani chiamato Corvi Scarlatti: il loro incontro e l’inusuale compatibilità dei loro poteri latenti permette il manifestarsi della Spada Fiammeggiante, arma talmente potente da poter portare alla deposizione del lord del regno. Un po’ per interessi personali di Shionne e un po’ per il desiderio di Alphen di porre fine alla schiavitù, i nostri si metteranno in viaggio con il capo dei Corvi Scarlatti per rovesciare il governo del lord despota, salvo poi decidere di proseguire il viaggio verso mete più grandi.

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Sì, anche in questo gioco ci sono i falò.

Da questa premessa cominciano le avventure di Tales of Arise, nuova iterazione della storica saga di Action JRPG di Namco che affonda le radici ai tempi dello SNES. L’incipit narrativo non è originalissimo: il setting è simile a quello di Tales of Symphonia ma la cosa non è un male, visto che il gioco cerca comunque di pescare gli elementi migliori un po’ da tutta la serie per cercare di mettere insieme il Tales of “definitivo”.

Dove sicuramente il gioco spicca è nei personaggi, che godono di una buona caratterizzazione, approfondita anche grazie alle famose skit — le scene di intermezzo — che anche in questo capitolo fanno ritorno. Stavolta non sono più basate su immagini statiche, ma si tratta di sequenze semi-animate realizzate direttamente con il motore di gioco; ovviamente queste sequenze, come da tradizione, servono anche a incrementare il rapporto tra i personaggi e il protagonista, motivo per cui il giocatore è portato a cercare di vederne quante più possibile premendo il tasto dorsale quando compare la notifica sullo schermo in basso a destra, con il bonus che le eventuali scene “mancate” potranno essere recuperate presso i punti di riposo. Dove invece il gioco paga dazio è nella narrazione, che essendo quella tipica dei JRPG è un po’ basilare e non scevra di cliché. Giocando ho sentito un po’ la mancanza di una narrazione un po’ più “adulta”, anche se il gioco ha qualche freccia al suo arco anche in questo aspetto, in particolare nelle fasi più avanzate.

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Gioco i giochi per la trama e i bei dialoghi.
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Ritornano le classiche sequenze di intermezzo, rivisitate per l’occasione.

Arise riscatta i capitoli precedenti più recenti presentandosi all’appello con un motore grafico più al passo con i tempi (ormai Namco già da qualche anno ha adottato in maniera stabile l’Unreal Ungine al posto di claudicanti motori propietari) e si presenta con un comparto tecnico che non fa gridare al miracolo ma è sufficiente per mettere in scena ambienti di buon livello; questo va a sposarsi con la direzione artistica basata su colori deliziosamente pastello sempre vicina al tratto distintivo della serie (l’art direction generale della serie fu impostata agli albori da Kosuke Fujishima, lo stesso che ha realizzato anche il design di Sakura Wars, e si vede).

Le primissime ambientazione non sono tra le più ispirate — la classica area roccia/fuoco simil-vulcanica e la classica montagna innevata — , ma successivamente il gioco propone ambienti decisamente più interessanti, tanto che la terza location, quella di Elde Menancia, è stata sia quella utilizzata per la dimostrazione dell’E3 di quest’anno che quella in cui si giocava nella demo resa disponibile pre-lancio. Non vi nascondo che mentre giocavo ho iniziato a catturare screenshot a raffica e un po’ mi dispiace che il gioco non abbia una photo mode, anche se non sono particolarmente dedito a questa pratica. Al bel comparto estetico si accompagna poi anche un ottimo audio, che è caratterizzato tanto da una soundtrack di assoluto rilievo (che conta peraltro su un quantitativo spaventoso di brani) quanto da un ottimo doppiaggio giapponese.

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Benvenuti a Elde Menancia. Non è un caso che in giro si trovino parecchi screensahot di questa città.
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Shionne con indosso il Velo di Sangue di Mia di Code Vein. Kawaii level: +∞ (è un DLC, ma non ho resistito).

È però quando si prende il pad in mano che Tales of Arise risplende davvero: il gioco fa fede alla sua componente action mettendo in campo meccaniche solide come la roccia, fatte di una gran varietà di mosse sbloccabili (le famose Arti), personaggi intercambiabili al volo in battaglia, attacchi combinati con il resto dei membri del party, schivate perfette, tattiche da impostare per i personaggi non controllati direttamente e altro ancora. Preferisco non entrare nel dettaglio di ogni singola meccanica perché il gioco è talmente strutturato che finirei con il diventare tedioso, ma vi assicuro che Tales of Arise non si risparmia di aggiungere nuovi elementi di gioco anche a distanza di diverse ore dall’inizio della campagna; il gioco si prende i suoi tempi per introdurre gradualmente ogni singola meccanica e farla usare al giocatore come si deve, con il risultato che poi quest’ultimo è naturalmente portato a sfruttarle tutte e a usare uno stile di combattimento piuttosto vario. L’unico aspetto che mi ha dato un po’ fastidio riguardo al combattimento è che a differenza di quanto capitato in passato non è stato implementato l’attacco preventivo, ovvero la possibilità per il giocatore di ottenere un vantaggio sull’avversario se si comincia uno scontro per primi sorprendendolo alle spalle.

Un altro elemento positivo che ha pochi eguali nel genere è la progressione di gioco: è tarata talmente bene che non ho mai avuto bisogno di grindare, e le aree che compongono il gioco, pur offrendo un minimo di esplorazione, sono anche sufficientemente lineari da permettere il completamento di un dungeon in tempi ragionevoli. Il gioco offre anche l’utilizzo libero del teletrasporto azzerando di fatto i tempi morti e rendendo molto più veloce gli spostamenti e con essi anche il completamento delle quest: qualche punto di teletrasporto avrebbe potuto essere piazzato meglio, tipo quando invece di venir posizionato all’inizio di un’area viene messo alla fine dell’area precedente, ma anche il quel caso c’è l’opzione per passare da una mappa a una adiacente senza bisogno di dover stare a navigare in menù e sottomenù. Per mantenere alto il ritmo di gioco è stata addirittura rimossa la schermata di fine combattimento, per cui le statistiche vengono mostrate direttamente a schermo al ritorno nell’area di gioco.

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Il mondo di gioco mette in scena begli ambienti. Mentre lo si esplora i nemici sono visibi a schermo ed entrandoci in contatto si inizia il combattimento.

Sono arrivato ai titoli di coda in una cinquantina d’ore vedendo la maggior parte di quello che il gioco ha da offrire, ma al momento sto ancora giocando ad Arise per fare un po’ di endgame: oltre a boss opzionali e a una serie di dungeon con nemici di alto livello si può anche proseguire le attività di intermezzo come la caccia ai gufi, la cucina, la pesca e i combattimenti nell’arena. Queste sono tra l’altro utili per sbloccare certe abilità, le quali rispetto al passato non sono più ottenibili salendo di livello.

Ovviamente Tales of Arise non è esente da magagne: il gioco ha il difetto di essere un po’ avaro a fornire Gald (la moneta di gioco), tanto che si è sempre un po’ a corto di soldi, anche durante l’endgame. La ragione di questo è che la sconfitta di nemici non produce soldi, perciò, mettendo da parte quest e bauli, l’unico mod per arricchirsi è dedicarsi in mainiera sistematica alla pesca, che però si sblocca solo dopo diverse ore di gioco. Altre note stonate sono rappresentate dal riciclo dei nemici e dalla non troppo approfondita caratterizzazione dei vari villain. Segnalo anche la presenza di un problema tecnico per cui il gioco mi si è bloccato a più riprese durante le skit, costringendomi a chiudere tutto e riavviare (ma in questo caso non si perdono progressi perché il gioco salva in continuazione). Ho provato a cercare in giro per la rete e il problema pare essere specifico della versione Xbox Series X da me giocata, speriamo risolvano con una patch.

Per fortuna questi nei non sono cose che compromettono l’esperienza, ma un po’ di fastidio lo generano.

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La pesca avviene principalmente in location come questa, anche se non mancano un fiume e addirittura il mare aperto.

Nonostante la qualità, avevo parecchi dubbi sulla capacità di questo gioco di ampliare il pubblico di riferimento, ma mi sbagliavo. Appena sei giorni dal lancio Bandai Namco ha rilasciato un comunicato in cui ha dichiarato che il gioco aveva già raggiunto il milione di copie e che Arise è stato il titolo della serie che ha raggiunto questo traguardo più velocemente, per cui attualmente ha buone possibilità di diventare il più venduto in assoluto. Lasciando da parte il successo presso il grande pubblico, Tales of Arise è effettivamente un gran gioco che gli amanti del genere non dovrebbero lasciarsi scappare, prima di tutto per il sistema di combattimento assolutamente solido e poi per l’ottima direzione artistica e la progressione calibrata a puntino.

Questo capitolo si va a infilare di prepotenza tra le migliori uscite dell’anno e tra le migliori uscite della serie e, considerando che stiamo parlando di una storia lunga più di 25 anni, non è decisamente poco.

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