Massimo Gatti, l’ambasciatore del mandolino americano dal bluegrass a De Andrè (prima parte)

Massimo Gatti è famoso nel mondo come interprete e innovatore del mandolino americano. La sua storia comincia coi Bluegrass Stuff, il gruppo più longevo nato da quel fantastico marasma che fu il movimento acustico degli anni ’80, ma da questa conversazione si vede un artista curioso che non si fa mancare niente. Oggi vive dalle parti di Udine, dove l’ho contattato per chiedergli delle informazioni, ed è successo che ci ho passato un’ora e mezza in una conversazione piacevolissima. La storia che mi ha raccontato è incredibile, tanto da dover dividerla in due puntate. Mettetevi comodi…

Massimo Giuliani
RadioTarantula
14 min readMay 16, 2022

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Max Giuliani (Radio Tarantula): Massimo, ci siamo visti qualche mese fa quando suonasti con Paola Selva

Massimo Gatti: Certo, io alla mandola e Paola alla chitarra. Stiamo lavorando su cose nuove…

RT: Ottima notizia. Ma mi racconti un po’ della storia dei Bluegrass Stuff? Avete vinto premi in tutta Europa, vi siete guadagnati il rispetto dei colleghi americani… Come è nato tutto quanto?

MG: La storia comincia nel ‘77, avevo vent’anni. Prima suonavo col mio vicino di casa, imparavo la chitarra da autodidatta, lui mi aveva insegnato gli accordi. Ci appassionammo alla musica acustica, CSN&Y, le cose di quegli anni… Io dai 6 ai 13 anni avevo fatto pianoforte classico, lo avevo lasciato per la chitarra.

RT: Quale fu la spinta per quella scelta?

MG: A 15 anni avevo visto il film “Un tranquillo week end di paura”, ero rimasto flashato da “Dueling Banjos”, solo che non conoscevo niente, non sapevo dove trovare uno che mi insegnasse il banjo, niente… c’era qualcuno che insegnava il banjo jazz, ma il 5 corde no!
Poi in quel periodo andavo spesso a Porto Recanati, e a Recanati c’era la Eko. Una mia cara amica era la figlia del proprietario, così mi comprai un banjo Eko a 5 corde. Poi andai da Buscemi, il famoso negozio di dischi di Milano, perché avevo ascoltato un disco dei New Riders of the Purple Sage, ma non mi ricordavo il nome. Lui fece: “forse è questo”, e mi dette un disco della Nitty Gritty Dirt Band, dove c’erano due pezzi bluegrass. Dissi “ecco, è questo che voglio suonare!”.
L’anno dopo, il1973, uscì il triplo della Nitty Gritty, “Will the Circle Be Unbroken” e da lì ho iniziato. Leggevo i nomi degli interpreti e compravo alcuni dischi a caso.
Poi avevo visto su una rivista, boh, Suono?, degli articoli di Renzo Bagorda, un banjoista di Brindisi che scriveva di banjo. Gli scrissi per avere informazioni sul banjo. Lui mi rispose e siccome mio padre era di Brindisi gli dissi “la prossima volta che vengo ci vediamo”.
Nel frattempo avevo il duo col vicino di casa, cercavamo un violinista. Avevamo messo un annuncio da New Kary a Milano, il negozio di strumenti. Ma nel frattempo il mio amico aveva cambiato casa, e dopo forse un anno torno lì e leggo: “Ho chiamato venti volte, non mi risponde nessuno, se vuoi chiamami. Pino”.
Così chiamo Pino, mi risponde la madre e mi dice: non c’è. Dico ah, sa, ho visto che suona il violino… Dice: violino? No, suona il banjo e la chitarra!
Così la sera sento Pino e ci vediamo. Io suonavo già il mandolino, Pino suonava il banjo molto meglio di me, allora ho detto: passo definitivamente al mandolino, tu suoni il banjo e l’altro amico la chitarra. Allora lui ha chiamato un suo amico bassista. Il primo concerto fu nel 1978, mi ricordo al Circolo Sociale Ebraico, perché c’era la mia fidanzata di allora che aveva i cugini lì, allora organizzò questo concerto.

RT: Chi era il chitarrista?

MG: Sempre il mio vicino. Ma poi capitò che andai a un concerto al Leoncavallo, e vidi Aldo Navazio e Carlo Montoli che suonavano in duo. Mi impressionarono due pezzi di Clarence White che aveva fatto Aldo Navazio, era uguale! Però sul manifesto c’era scritto Aldo Navazzi. Il concerto si era concluso nel casino, lanciavano lacrimogeni, sai, le cose che succedevano in quegli anni. Così non avevo fatto in tempo a parlarci. La mattina dopo ho cercato tutti i Navazzi di Milano, chiedevo di Aldo ma non si trovava! (ridiamo) Il giorno dopo ancora vado a Radio Popolare e chi ti vedo uscire? Aldo! Allora lo blocco e dico: Aldo, ho visto che suonavi bluegrass, vieni a suonare con me? Così è venuto, abbiamo preso un altro chitarrista che era un mio compagno di banco del liceo che cantava molto bene, e siamo diventati cinque.

I Bluegrass Stuff del 1978: Maurizio Lodi. Aldo Navazio, Massimo Gatti, Pino Perri e Gigi Leone.

RT: Dunque Aldo Navazio suonava con Montoli? Di Carlo Montoli parlavo qualche tempo fa sul mio blog!E cosa succede poi?

MG: Succede che Pino Perri, questo era il nome di Pino il banjoista, a un certo punto va a Londra, perché non trova lavoro in Italia. Nel frattempo un mio amico banjoista mi dice: ho trovato due tipi di Melegnano, chitarra e banjo, sono molto bravi, prova a sentirli. Erano Dino Barbè e Dario Caremoli, e con me al mandolino quello era l’inizio dei Bluegrass Stuff. Aggiungemmo un altro elemento, avevamo bisogno di un altro cantante bravo: era un mio amico che non suonava bluegrass ma fu coinvolto. Facemmo la prima Convention Italiana Di Musica Old-Time & Bluegrass di Ponderosa con questa formazione, anche con un contrabbassista che avevo trovato — avevamo un basso elettrico, ma volevo il contrabbasso.

I Bluegrass Stuff alla prima edizione della Convention al Ponderosa Ranch di Tradate

Poi tornò Pino dall’Inghilterra e gli dissi: senti, perché non suoni il dobro? Così ha preso in mano il dobro e ha cominciato a suonarlo.
Suonavamo tantissimo, specialmente nei locali, perché una volta a Milano suonavano solo quelli che sapevano suonare. Giravamo molto, pensa che un locale che faceva musica ogni tanto — si chiamava Osteria della Notte, sul Naviglio — ci ingaggiò per suonare tutti i mercoledì per due anni. Quindi è stata l’unica volta nella vita che suonavamo tutte le settimane in un locale. si era creato un bel giro.

RT: La formazione dunque si trasformava…?

MG: All’inizio degli anni ‘80 eravamo Dino Barbè al banjo, Dario Caremoli chitarra e voce, Andrea Tognoli al basso elettrico, io al mandolino. Poi nell’82 si è aggiunto Pino Perri al dobro e l’altro chitarrista, Alberto Cesana

RT: …Perri e Cesana stanno anche sul tuo disco solista di qualche anno dopo, no?

MG: Sì! Su “Frangenti”. Alberto suonava fingerstyle allora, siamo sempre rimasti amici. E Pino ha suonato il dobro. C’è stato un periodo in cui non volevo più suonare bluegrass, mi dicevo voglio cambiare. Suonavo cose mie originali insieme a Paolo Menconi, il banjoista della Southern Confort Band, e Valentino Peyrano, che era un chitarrista molto bravo. Incidemmo “Vento di Lontano”.
Facevamo solo musica strumentale, ci chiamavamo Abacus. Partecipammo anche a una compilation che si chiama “Dixie in Country”, c’erano quattro gruppi…

Abacus: Paolo Menconi, Massimo Gatti, Valentino Peyrano.

RT: Sì, ce l’ho presente! Uno dei quattro erano i Bluegrass Stuff da cui eri uscito… anche se sulla copertina diventano “Staff”, con la “a”…

MG: Sì, in quel periodo si faceva casino… una volta con la “u”, una volta con la “a”… il gruppo andava avanti senza di me, Dario Caremoli era passato al mandolino. Gliene avevo venduto uno dei miei…

RT: E il tuo progetto come andò avanti?

MG: Allora, nell’88 Paolo non poteva più suonare perché partiva militare… Incontrai nella scuola di musica dove lavoravo un banjoista e un chitarrista. Il banjoista era Claudio Parravicini, molto bravo, è ancora adesso il miglior banjoista che c’è in Italia. Non suona con nessuno, fa video su Youtube. Pezzi suoi, trascrizioni dalla classica… Il chitarrista era Dino di Giacomo. Insieme abbiamo fatto questo gruppo che si chiamava Hot Stuff. C’era anche Ruben Minuto alla voce e al basso, abbiamo suonato tanti anni. Una media di 120 concerti all’anno in tutta Europa! (ridiamo). E intanto lavoravamo! No, anzi, Ruben e Claudio studiavano ancora. Io e Dino facevamo i salti mortali, tutti i week end eravamo via per suonare…

RT: Quanto durò questa pausa dai Bluegrass Stuff?

MG: Dopo un po’ di anni, tipo il ’94, ci siamo sciolti. Avevo rivisto Pino Perri, i Bluegrass Stuff, tutti gli altri e ci siamo detti “Perché non riprendiamo a suonare?”. Così sono tornato con loro…

RT: La formazione continuava a cambiare, giusto?

MG: Sì, a un certo punto Pino non voleva più suonare. Prendemmo un altro cantante, si chiama Perry Meroni. Con lui e un altro contrabbassista siamo andati avanti. Nel 2001 anche Dario decise di non suonare più e chiamai Dino Di Giacomo, che nel frattempo era andato a suonare coi Red Wine

RT: Si intrecciano le storie dei grandi gruppi bluegrass italiani…

MG: …e poi nel 2008 si è aggiunto Icaro, mio figlio, al contrabbasso. Ha cominciato con noi che aveva tredici anni e mezzo! Non trovavamo un contrabbassista bravo, lui già studiava contrabbasso classico, gli dissi “te la senti di suonare?”, lui disse sì. “Sicuro?”, “sì!”. Gli altri erano un po’ perplessi, perché era molto giovane. Fecero: “vabbè, proviamolo”, poi hanno capito subito che era bravissimo. Nel giro di un mese, suonando in giro con gente che aveva esperienza, iniziava già a suonare bene. Ha fatto in fretta!

Bluegrass Stuff 2010: Ruben Minuto, Colm Murphy, Icaro Gatti, Massimo Gatti, Dario Lantero, Maurizio Lodi

Poi quando andò via il banjoista, Icaro suonava già anche il banjo, disse “posso suonare il banjo coi Bluegrass Stuff?”, gli ho detto “va bene”.
E smise di suonare il contrabbasso, con grande delusione di tutti quelli con cui suonava con lui, compreso Claudio Sanfilippo! Gli dicevano “Icaro, sei proprio un pirla!”. Tutti quelli con cui suonava dicevano “Icaro era il più grande contrabbassista che c’era!”.
Sai, nel bluegrass devi suonare sempre un po’ in avanti, ma non troppo. E quasi tutti i contrabbassisti quando suonano in avanti accelerano, perché non gli viene naturale. Oppure suonano indietro. Lui invece era perfetto! Ascoltava bluegrass da quando aveva sei anni…!

RT: Avvantaggiato per essere cresciuto col bluegrass, ma è un talento formidabile…!

MG: Aveva un timing innato. E poi siamo arrivati alla formazione che sai, di “Bluegrass Vision”, è entrato Michele Dal Lago alla chitarra. Mi ero trasferito un periodo a Bergamo quando avevo conosciuto la mia compagna e siccome avevo incontrato Michele Dal Lago e la sera non sapevo che fare, ho detto a Michele: facciamo un duo? Lui non suonava bluegrass, aveva esperienza di musica country e cose simili, però gli piacque l’idea, così cominciammo a suonare in duo. E quando se ne andò Ruben (che era rientrato nel frattempo, nel 2011) chiesi a Michele. E fu lì che Icaro passò al banjo. Si aggiunse Rino Garzia al contrabbasso, gli avevo chiesto se voleva suonare il bluegrass. E alla fine Francesco Mosna, che suonava il dobro. E tra l’altro è un chitarrista strepitoso! E poi ha una voce bellissima.

Con Francesco Mosna, Icaro Gatti, Massimo, Rino Garzia, Michele Dal Lago.

E poi per gli ultimi gli ultimi due anni Icaro è stato sostituito da Marco Ferretti, il figlio di Silvio Ferretti…

RT: …un altro figlio d’arte!

MG: Sì, suonava la chitarra coi Red Wine ma aveva cominciato col banjo ed era felicissimo di tornare a suonare il banjo. Si trovò benissimo!

RT: E con Marco Ferretti arriviamo alla formazione di oggi…

MG: Sì, però io ho continuato a non suonare solo bluegrass, ho sempre fatto anche altro fuori dai Bluegrass Stuff. Avevo gruppi di altri generi, ho suonato con parecchi chitarristi. Ho suonato con parecchi chitarristi, Riccardo Zappa, Walter Lupi, Pietro Nobile, Aldo Navazio… ho sempre avuto collaborazioni con chitarristi e cantautori, vedi Claudio Sanfilippo

RT: Infatti, tu sai che amo molto il suo progetto Ilzendelswing, del quale sei la colonna portante nelle varie formazioni, quella con Max De Bernardi e quella con Val Bonetti. Mamma mia che gruppo… e anche lì Icaro faceva la sua figura, prima di lasciare il posto di contrabbassista a Rino Garzia…

MG: Mi è sempre piaciuto fare cose diverse, sperimentare. Ai tempi in cui c’erano i locali c’era un posto a Milano che si chiamava Magia Music Meeting. Tutte le settimane facevamo delle jam session, chi voleva andare andava. Si suonava di tutto, rock, blues… Era vicino a casa mia, io andavo e suonavo con tutti, suonavo blues, rock, quello che capitava. Prendevo il mandolino e facevamo queste jam…

RT: Di che periodo stai parlando, precisamente?

MG: Siamo fra l’82 e l’84. Tra l’altro il Magia era il locale dove hanno debuttato Elio e le Storie Tese. Mi ricordo i primi concerti che facevano, le parodie delle varie musiche in voga in quel periodo… Poi a Torino avevano aperto un locale, lo conoscerai, il Folk Club di Torino, di Franco Lucà. E avevano chiamato il Magia per chiedergli se le conoscevano qualcuno che suonasse per loro. Io suonavo lì con il trio bluegrass, ci misero in contatto e così noi siamo stati il primo gruppo che ha suonato al Folk Club nel 1988, era aprile.

RT: Cioè, voi inaugurate il Folk Club nell’88?

MG: Sì, e ci abbiamo suonato parecchie volte dall’88, finché è morto Franco Lucà… ah, a proposito dell’88, è l’anno in cui ho conosciuto Bill Monroe, che per me è stato una svolta decisiva nel bluegrass…

RT: E come è successo?

MG: Ci era arrivata la voce che Monroe avrebbe suonato in Svizzera, in un posto tra le montagne svizzere. Ci diciamo: sarà vero? Boh, andiamo e vediamo! Così arriviamo in questo paesino e diciamo: come fa a essere qui Bill Monroe? A un certo punto lo vediamo a camminare per strada, dico “è Bill Monroe!”. (ridiamo) E così ho visto questo concerto che era un festival country di un paese svizzero, erano tutti i vestiti da Davy Crockett o da cowboy, noi eravamo vestiti normali! Insomma, Bill Monroe suonò dopo un gruppo country. Nel backstage sembrava un vecchietto, è salito sul palco e si è rivitalizzato!

RT: Quanti anni aveva in quel periodo?

MG: Nell’88 ne aveva 78, una cosa del genere. Era impressionante da ascoltare, fino ad allora non mi piaceva tanto ascoltare i suoi dischi, io ascoltavo cose più progressive, ma quando l’ho ascoltato dal vivo ho detto: “questo qui è il bluegrass!”. La presenza scenica mi ha veramente colpito… Ah, poi mi ha fatto provare il suo mandolino, il suo famoso Gibson “Lloyd Loar” del 1923, che adesso in un museo! e mi hai detto: tieni, se vuoi provalo…

Massimo Gatti e Paola Selva (Chatdebois) in un brano di Bill Monroe.

RT: Wow! Senti, ma quando dici che preferivi “cose più progressive” intendi musicisti come David Grisman? Che è un tuo estimatore, peraltro…

MG: Sì, esatto, sono stato un grande fan di Grisman e lo sono ancora. Quando è uscito io ho studiato tutto quello che lui suonava, sapevo tutto a memoria. Avevo fatto anche un gruppo che faceva le cose di Grisman, suonammo a Brescia… c’era Valentino Peyrano alla chitarra poi c’era un violinista, si chiamava Stefano Achilli e un contrabbassista, Gigi Zucca. Sì, suonavamo in quartetto…
Grisman era un altro che volevo vedere assolutamente. Lo vidi per la prima volta nel ’94 in Germania, la mia compagna che poi è diventata mia moglie viveva a Freiburg. Una volta ero là e ho visto che dopo due settimane sarebbe venuto Grisman a suonare. L’anno prima Mike Marshall e Darol Anger se n’erano andati dal suo gruppo. Venivano spesso a suonare in Italia in duo oppure con la Montreux Band e quindi li avevo visti un sacco di volte. Suonavamo anche insieme dopo i concerti… e poi appunto in Germania vidi Grisman per la prima volta e fu un’esperienza.

RT: Era un periodo molto creativo…

MG: In quegli anni c’era molto fermento nella musica acustica. Mi ricordo anche di quando vennero Bill Keith e Peter Rowan nel ’79. Suonavo coi Bluegrass Stuff all Corte dei Miracoli…

RT: Un posto storico!

Massimo Gatti, 1978.

MG: Era un posto dove si faceva musica acustica e si suonava per tre o quattro giorni di seguito. Non ci stavano più di 100 persone e c’erano richieste. Loro suonavano due sere a Brera, non mi ricordo che posto fosse, una specie di teatro… ed erano in mezzo a queste quattro sere che suonavo io per cui non potevo andarli a vedere, cavoli… Così, siccome alla Corte si suonava dalle 20 alle 22, appena finivo andavo lì e vedevo gli ultimi due o tre pezzi.
Ah, devi sapere che questo tour era stato organizzato da Franco Ratti della IRD. Ratti mi fa: arrivano in stazione alle 5. Allora vado a prenderli, mi ricordo che Bill Keith scende dal treno e gli faccio: piacere, io suono il mandolino bluegrass… e lui rimane lì così (ridiamo). Lì li ho conosciuti, poi a un certo punto siamo andati a pranzo… Ah, hai presente Ezio Guaitamacchi?

RT: Guaitamacchi dei Country Jamboree, poi fondatore della rivista “Hi, Folks!” che poi lascia il posto a “Jam”…

MG: Ecco, Ezio ha iniziato a seguire il bluegrass perché ha conosciuto me. C’era Isabella Pinucci — che poi avrebbe suonato old time music con Ezio e Roberto Monesi — mi aveva telefonato perché voleva lezione di mandolino . Era il ’79 credo… abitava vicino a casa mia. Allora andavo da lei e facevo lezione di mandolino. Un giorno mi fa: devo farti conoscere due persone che ti voleva conoscere il mio fidanzato — che era Ezio — e Giorgio Ferrari, che era un giornalista a cui piaceva il bluegrass. Allora un giorno me li presenta — in quel periodo suonavo con Aldo Navazio e Carlo Galantini con un trio di musica irlandese. Lui venne a sentirci a Cascina Monluè, suonavamo in un festival come gruppo spalla dei Chieftains.

Massimo fra Carlo Galantini e Aldo Navazio a Cascina Monluè, 11 luglio 1979.

RT: Dei Chieftains?

MG: Sì! Loro vennero a sentirci quella sera, e poi con Isabella ci si vedeva anche al di fuori delle lezioni, perché abitavamo vicini… e così, frequentandoci, Ezio decide che vuole fare anche lui un gruppo bluegrass… Anche Isabella venne a pranzo con BIll Keith, Peter Rowan e Jim Rooney… Allora, siccome erano liberi la sera, gli ho chiesto: perché non venite a sentirci alla Corte dei Miracoli? Dice mah, adesso vediamo… E così Isabella li va a prendere all’hotel e, senza dirmi niente, ci porta Peter Rowan e Bill Keith! Noi stavamo facendo la pausa del primo tempo, io esco, li vedo entrare — considera che in quel momento erano famosissimi in Italia, Bill Keith viveva a Parigi, era conosciutissimo — e dico: “ sono arrivati Peter Rowan e Bill Keith!”. Mi rispondono: sì, adesso arriva anche Bill Monroe! (ridiamo). “Pirla, è vero, sono qua!”, “ci sono veramente!”. Allora li abbiamo invitati a suonare…

RT: Immagino che emozione…

MG: Pazzesca. Tieni conto che io suonavo bluegrass forse da tre anni. Bill Keith era disponibilissimo, chiedeva “cosa volete fare?”. invece Peter Rowan prendeva la chitarra e si metteva a fare i suoi pezzi che io non conoscevo neanche, comunque lo seguivo. È stata una gran cosa, è un bel ricordo. Ah, e poi l’anno dopo Bill Keith e Jim Rooney sono tornati. Li avevo invitati a casa mia di mia mamma a cena, e ancora adesso tutti mi dicono che quando incontrano Jim gli chiede: ma conoscete Massimo Gatti? Ho mangiato la migliore cena della mia vita da sua madre! (Ridiamo) Si ricorda ancora dopo tanti anni!

[fine della prima parte. Clicca qui per la seconda]

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Massimo Giuliani
RadioTarantula

La cura e la musica sono i miei due punti di vista sul mondo. Sembrano due faccende diverse, ma è sempre questione di suonare insieme.