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Come il branding salverà i business di e-commerce spiegato da Nick Shackelford

uDroppy Italia
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13 min readJan 29, 2020

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Benvenuti al terzo episodio di My Grand Venture Heroes.

In questo episodio, la nostra Brand Relation Manager, Robin, parlerà con Nick Shackelford, esperto di branding, per condividere con voi la sua storia e le sue brillanti strategie.

Nick, benvenuto a My Grand Venture Heroes. Per prima cosa ti chiediamo di spiegare ai nostri uDropper qualcosa di te; come hai iniziato e perchè tutti ti definisco il massimo quando si tratta di branding.

Ciao a tutti, io sono Nick Shackelford. Per prima cosa vorrei dire che non mi definirei il massimo quando si tratta di branding, per lo meno non ancora, anche se sono piuttosto bravo.

La mia carriera è iniziata da un prodotto che ha avuto un grande successo: ovvero il fidget spinner, che è stata la nostra prima avventura nel mondo del dropshipping.

Il mio socio Jake è stato quello a cui è nata l’idea di iniziare questo business. Abbiamo trovato il prodotto su Alibaba, un mediatore, e poi abbiamo cercato di procurarcene il maggior numero di pezzi possibile.

Certo, tutto è iniziato con il testare il prodotto nella maniera più tradizionale, che significa trovare un prodotto, provare a venderlo, vedere che si riesce a farlo.

Dopodiché è arrivato il panico della spedizione. Chi se ne sarebbe occupato? Noi? O una azienda di logistica esterna?

Insomma, il progetto del fidget spinner è iniziato nel 2017 ed è stato il vero punto fondamentale per la mia carriera e per la reputazione del nostro business che, ormai, è in gioco da circa 6/7 anni.

Il dropshipping è stato il modo giusto per iniziare perché non avevo conoscenze riguardo alla logistica, a come si negoziare o a quali fossero i giusti prezzi. Tutto ciò che sapevo fare era marketing e utilizzare il linguaggio creativo. Con il dropshipping sono riuscito a sfruttare queste qualità per costruire qualcosa.

Se non sbaglio, il vostro episodio 2 riguardava Tim Burd. Ecco, io credo che sia stato proprio lui a darmi la spinta iniziale.

Io vivo in California e lui si trova ad Irvine — o meglio, oggi si trova a Newport Beach, ma a quei tempi il suo ufficio era ad Irvine. Così sono andato a trovarlo e lui mi ha detto “Senti, stiamo crescendo molto veloce qui ad Agency Y e abbiamo bisogno di media buyer”. Così ho aperto il mio computer e gli ho mostrato cosa ho fatto con fidgetly e poi gli ho chiesto come potevo aiutare. E lui mi ha risposto “Siediti perché dovrai lavorare duro”.

Insieme abbiamo visto i primi prodotti che abbiamo venduto in dropshipping come le ciglia magnetiche (ma le vende ancora qualcuno?), il pulisci pennelli per il make-up, quello che si usa mettendo il pennello in una piccola palla. Luci al LED. Tutti i prodotti che vi elenco ci hanno fatto fare almeno mezzo milione di dollari: la lampada ad effetto fiamma, il pulisci pennelli da make-up, la spazzola per i peli dei cani, le ciglia magnetiche, le luci al LED, lo specchio Vanity.

Eravamo nel mondo del dropshipping fino al collo, in un modo super aggressivo, finché qualcosa non è cambiato.

Ho iniziato a vedere commenti preoccupanti sotto tutti i miei post e le mie ads, come “Hey, il mio prodotto non è arrivato” “Fa schifo” “Perché non rispondete?” “Dov’è il customer service?”, ecc.

Era qualcosa che non potevo controllare, ma che stava seriamente danneggiando le mie campagne e questo mi ha fatto uscire di testa.

[Robin] Lo capisco benissimo, ed è il motivo per cui è nata uDroppy. Così da poter gestire tutte le operazioni di logistica, di sourcing, di spedizione e di controllo qualità che permettono agli imprenditori digitali come te, bravissimi a fare marketing, di potersi concentrare e investire esclusivamente su questo, mentre continuano a scalare il loro mercato.

Il dropshipping è stato solo l’inizio per te. E il 2019, forse è l’anno in cui ci renderemo tutti conto quanto fondamentale sia fare branding. Puoi dirci qualcosa riguardo alle fasi che servono per arrivare a creare un brand di successo?

È un piacere, ma prima vorrei iniziare con una premessa: Kylie Jenner ha da poco venduto il suo business per 600 milioni di dollari ad un’azienda più grande.

Sì, 600 milioni di dollari, state leggendo bene.

Kylie ha sempre venuto un tipo di cosmetici che tutti possono trovare. Tant’è che il brand di Kylie fa parte di una azienda che si chiama Colourpop Cosmetic, eppure nessuno ha mai sentito parlare di questa azienda, mentre tutti conoscono Kylie.

Essenzialmente, lei stata capace di costruire il suo brand sfruttato la sua presenza sociale, la sua rete e la sua influenza, per vendere prodotti che Colorupop Cosmetics non è stata capace di vendere in anni. Senza contare cosa ha ricavato dalla vendita del suo brand.

E la cosa più incredibile è che Kylie ne ha guadagnato qualcosa che è, letteralmente, il suo nome.

Adesso torniamo alla vostra domanda.

Il primo passo è trovare il giusto mercato per il tuo prodotto. Questo significa capire se puoi vendere quel determinato prodotto.

Quindi per prima cosa devi sentirti davvero un imprenditore e credere in te stesso. In questo modo sarai in grado di vendere i prodotti e, successivamente, di poter costruire il tuo stock personalizzato.

In altre parole, il primo passo è essere pronti e dare a te stesso la giusta immagine.

Si tratta di qualcosa di cui le persone e i guru generalmente non parlano perché non capiscono di cosa hai bisogno per costuire un brand.

La seconda fase, una volta trovato il tuo mercato, è quella di costruire il giusto sentimento e la giusta esperienza attorno al tuo prodotto. A questo punto non vuoi solo convincere una persona a comprare un prodotto, ma vuoi che questi utenti facciano parte della tua community. Condividendo con loro i giusti contenuti vuoi far capire loro che tu li senti parte della tua vita e ti senti parte della loro.

A questo proposito mi farebbe piacere sapere qual è il tasso medio di acquisto ripetuto di vostri dropshipper, i commenti che ricevono e se gli utenti sono orgogliosi di comprare i loro prodotti. Per me quest’ultimo aspetto è sicuramente il più importante ed è ciò che vogliono sentire dai miei clienti.

Questo è il momento in cui inizi a passare da dropshipping a branding.

Le persone iniziano a parlare dei tuoi prodotti, a fare delle foto, a condividerle, a taggare altre persone e il tuo brand. E il cambiamento è visibile perché inizi a ricevere più commenti, più tag, più condivisioni, tutti elementi che vanno ad influire sul calcolo dell’engagement di Instagram.

Si tratta di cose a cui solitamente i dropshipper non fanno caso perché non cercano di costruire una relazione con la community. E se non proverai a comunicare con una certa audience e a sviluppare queste relazioni non potrai aspettarti da loro la voglia di condividere il tuo brand o le loro opinioni.

Come influisce un brand sul prezzo? Hai già detto che influence sulla customer lifetime value, ma puoi spiegarci qual è la relazione tra prezzo e brand?

Ognuno di noi da un valore preciso ad ogni cosa.

Se sono un consulente, baso il mio prezzo su quello che penso io valga e su quello che penso sarà l’effetto del mio contributo sulla vita di una persona.

Per parlare di brand citerò i più importanti sul mercato come Gucci, Louis Vuitton, Supreme, Fendi, Dior, Chanel, ecc.

Se guardiamo le statistiche dei brand del lusso possiamo vedere una crescita incredibile negli ultimi due anni che ha quasi raddoppiato le aspettative a causa del prestigio, dei social media, e di come tutti questi prodotti siano stati glorificati.

Le vendite vanno alle stelle perché influencer e personaggi famosi indossano questi brand. Senza contare tutti i giveaway che si organizzano e per cui le persone farebbero qualsiasi cosa.

Tutto questo permette loro di avere questi prezzi esorbitanti ed è una cosa che mi lascia molto perplesso perchè comprare un capo di questo tipo vuol dire anche rischiare di arrabbiarsi molto se si sporca o si rompe.

Ora, non voglio dire che non ho cose di marce, perché le ho e le amo. Quello che dico è che spesso il prezzo di un prodotto viene associato in un modo emotivo. Ci associamo al prodotto con il prezzo più alto perché pensiamo che ci permetta di migliorare il nostro stato sociale e questo ci fa sentire bene.

Quindi quando vediamo un prodotto a 50 euro, non importa quanto quel prodotto sia eccezionale, perché continueremo ad associarlo con una categoria di prodotti dal valore più basso esclusivamente a causa del prezzo.

E insomma vale per tutto. Diciamo che compriamo una borsa della Louis Vuitton. Se questa si rompe sentiremo quasi un dolore fisico, molto acuto.

Mentre se lo stesso succede con una borsa da palestra o uno zainetto tutto ciò che fai è pulirlo o riparlarlo e usarlo di nuovo.

Quindi penso che il prezzo in ambito di branding sia completamente connesso alla qualità e all’esperienza che si crea intorno a un prodotto. Senza qualità ed esperienza non puoi chiedere un prezzo maggiore.

Quindi, se vuoi fare branding devi aumentare il prodotto, ma a patto che questo sia un prodotto di buona qualità, migliorato, e che sia in grado di dare una vera e propria esperienza.

Solo così puoi passare da un prezzo di 20–30 dollari ad uno di 60–80 dollari.
Facendo crescere i tuoi margini e il tuo budget.

Per quanto riguarda la mia crescita sono passato dal dropshipping, con margini piuttosto bassi, a stabilire un vero e proprio brand di performance che ora mi permette di rapportarmi con brand che stanno spendendo centinaia di milioni di dollari all’anno e chiedere nuovi investimenti.

Il segreto è sapere quali sono i bisogni del tuo business.

Ricorda che i brand principali non sanno fare media buying come i dropshipper. Non sanno scalare, né essere aggressivi trovando il giusto angle, la giusta nicchia e i prodotti migliore.

Almeno non tanto quanto lo sa fare un dropshipper.

Quindi bisogna passare ad una mentalità che ti permetta di essere consapevole delle tue capacità così puoi continuare ad essere aggressivo e scalare, mantenendo un’integrità che ti permette di far tornare le persone a comprare i tuoi prodotti.

In questo modo non dovrai più preoccuparti della logistica e dei tuoi prodotti o dei tuoi margini. Qui è dove uDroppy può aiutare a fare la differenza, credo.

[Robin] Sì è proprio così.

Noi di uDroppy lo vediamo succedere tutti i giorni.

E ogni giorno ci rendiamo conto di come il mondo dei brand sia un vero e proprio ecosistema in cui sono presenti grandi brand, e poi macro brand e un’infinità di micro brand. Ognuno diverso, ma estremamente importante.

Ed è interessante vedere come questo sta cambiando l’e-commerce e dove lo porterà in un anno.

Abbiamo parlato della relazione tra prezzo e brand. Adesso puoi spiegarci come cambia il ciclo di vita del prodotto? Perché nel dropshipping c’è sempre l’idea del prodotto vincente che a un certo punto si satura, ma se hai un brand?

Anche i brand hanno a che fare con il ciclo di vita del prodotto. Semplicemente lo gestiamo in una maniera totalmente diversa.

Quando fai dropshipping ti limiti a trovare un prodotto o un set di prodotti vincenti e li continui a spingere finché puoi. Mentre con il brand hai un set di prodotti sempreverdi.

La differenza principale è che non hai bisogno di continuare a spingere prodotti con centinaia di migliaia di dollari in campagne pubblicitarie perché puoi sfruttare le edizioni limitate.

Infatti chi ha un suo brand conosce quali sono i prodotti che funzionano e inizia a sviluppare le edizioni limitate, come per esempio una versione di un colore specifico.

Il problema è che quando i dropshipper trovano un prodotto vincente se vogliono utilizzare la stessa audience devono per forza trovare un prodotto simile o complementare.

Invece, noi brand possiamo utilizzare varianti di colori, collaborazioni, edizioni limitate in piccole quantità per tornare dalla stessa audience e continuare a convincerli a comprare in modo costante (ogni anno, due volte all’anno, mensilmente, ecc.).

Non abbiamo bisogno di quantità eccessive. Per esempio trecento pezzi potrebbero essere già abbastanza per vedere se il prodotto e la strategia funzionano e poi costruirci qualcosa.

Il brand fa anche molta differenza quando si parla di influencer marketing.

Infatti, gli influencer non vogliono sponsorizzare qualsiasi tipo di prodotto, hanno bisogno che sia di qualità e che permetta alle persone di vivere un’esperienza.

Ogni influencer vuole due cose: un compenso per il suo lavoro e qualità per i propri follower.

Se sei un influencer e ti manca il secondo di questi requisiti, allora non stai lavorando bene e non meriti il tuo pubblico. Infatti, la qualità è estremamente necessaria perché ti mantenere i tuoi follower e la tua fanbase, accrescendola persino. Lo stesso non si può dire di influencer che pur di essere pagati siano disposti a promuovere prodotti scadenti.

Proprio per questo gli influencer non promuovono qualsiasi tipo di prodotto, ma solo quelli in cui credono. Soprattutto ora che i social media stanno iniziando a nascondere i “mi piace”, mettendo in dubbio la grandezza e la rilevanza di un influencer.

[Robin] Hai completamente ragione, Nick. Questo è un momento cruciale e lo vediamo tutti i giorni con i nostri occhi, anche nel mondo del dropshipping. La vera sfida è trovare un influencer capace di creare dei contenuti adatti all’audience, per cui avere un brand alle spalle rende tutto più semplice perché il prodotto è stato testato e puoi garantirne la qualità

Siamo al succo della questione: i “mi piace” contano. E i social hanno iniziato a nasconderli. Prima in Canada, Australia, Nuova Zelanda e India. Quest’estate in Italia, ed ora negli States. Pensi che questo influenzerà molto i brand e i business in generale?

Questo è uno dei miei temi preferito ed è anche un tema bello caldo dato che ormai è sulla bocca di tutti.

Come business non pensiamo che questo cambiamento sia necessariamente negativo o che possa avere un impatto negativo sulla nostra attività. Anzi, siamo del parere completamente opposto.

Per prima cosa perchè non vedere più i like sui social network non cambierà le cose di molto dato che siamo già in possesso di tutte le metriche di cui abbiamo bisogno grazie alle API di Instagram e Facebook.

La seconda ragione è che solo gli influencer con poca esperienza usano i like come base per i loro prezzi. Se un influencer fa affari a seconda del numero dei like e dei commenti, non si tratta di persone che sono al passo con i tempi, ma soprattutto non conoscono il loro vero valore.

Oggi, infatti, i like e i commenti non sono fondamentali e non sono quello che rende gli influencer in grado di promuovere e vendere i tuoi prodotti.

Per esempio, abbiamo lavorato con Khloé Kardashian, Gronkowski, Dan Bilzerian, influencer con un nome distinto e una grande base di follower, eppure a volte non ha proprio funzionato, nonostante i like e l’engagement. Semplicemente perché non sono stati in grado di creare contenuti capaci di trasmettere il beneficio del prodotto, parlando alla loro audience e spiegando come il prodotto potesse aiutarli.

Quindi non si tratta di solo di engagement. Ma non si tratta nemmeno esclusivamente di contenuto (che è comunque ovvio che debbano creare). Quello che vogliamo è poter accedere alla loro audience.

Prendiamo per esempio Katy Perry o Justin Bieber. Cosa succede se creano un contenuto per un prodotto? Chi lo vedrà?

Quello che succede è che Instagram porterà il traffico a seconda di cosa succede per le prime 2.000 impressioni, ma soprattutto dove il costo è minore, quindi generalmente nel mercato Indiano o Asiatico.

In generale pensiamo che togliere il numero dei like e dei commenti non sia qualcosa di negativo, ma positivo dato che questi stanno facendo molti danni alle attività.

Quello che davvero ci serve è avere dei contenuti che ci diano l’accesso all’audience.

Inoltre, nascondere i like sarà conveniente perché ci permetterà di essere in grado di trattare il prezzo con quegli influencer che non sono in grado di darsi un valore.

Attualmente cerchiamo di pagare gli influencer in due modi: tramite pagamento anticipato, quando ci serve il contenuto molto in fretta, oppure con una quota a seconda delle vendite.

Nel primo caso bisogna comunque fare molta fatica per ottenere la collaborazione degli influencer. Infatti è necessario convincerli della qualità del prodotto.

Nel secondo caso, invece, è più semplice ottenere dei contenuti migliori perché gli influencer avranno il vantaggio di guadagnare di più con delle buone performance.

Il succo della questione è che se hai un prodotto di bassa qualità nessun influencer sarà mai disponibile a lavorare con te e promuovere il tuo prodotto. Proprio per questo il branding è fondamentale e ti permette di migliorare le tue chance e i tuoi risultati di influencer marketing.

Qual è la tua procedura quando scegli un influencer? Immagino che tu parta con un certo numero e poi riduca la scelta a pochi candidati, ma come scegli i primi?

Ho cercato di costruire il mio pattern, diciamo.

Prima di tutto, come brand posso sia utilizzare un team di influencer o cercare gli influencer da solo.

Solitamente, mi concentro su trovare tre aspetti chiave del mio business, per esempio potrebbe essere: bellezza, lifestyle e maternità. Questo mi permette di capire quali sono gli influencer che potrebbero interessarmi.

A questo punto, però, poiché so che non possono esistere molti influencer che parlino di tutti questi fattori, individuo con il mio team qual è l’aspetto principale. In questo caso, per esempio, la maternità, perché capiamo che il nostro prodotto si relaziona meglio con quelle donne che stanno affrontando questa fase della loro vita.

A questo punto torniamo agli influencer e li analizziamo.

Quello che cerchiamo non è un vero e proprio engagement e se lo è solo sotto forma di commenti. Quindi guardiamo quanti commenti ricevono, come reagiscono i follower, se taggano altre persone. Se commentano con cuori oppure fanno delle vere e proprie domande.

In generale vogliamo vedere che tipo di relazione c’è fra l’influencer e l’audience.

Secondo, poiché siamo alla ricerca di profili business, chiediamo loro di fare uno screen della loro audience, che è qualcosa di super semplice per chi usa Instagram.

Questo ci permette di avere un’idea più chiara.

Una volta scelto, è il momento di inviare i prodotti e negoziare il tipo di pagamento.

Diciamo che l’influencer riceve il prodotto e può creare il contenuto e farmi sapere il prima possibile, valuterò quell’influencer tra i 500 e i 2.000 dollari.

In generale, i miei influencer sono macro player che pago intorno ai 500.000 dollari per avere almeno 2 o 3 pezzi di contenuto che generalmente si traducono in storie di Instagram, e una immagine quadrata 1080x1080.

Lo scopo è vedere quanto economicamente possiamo avere degli swipe up e poi utilizziamo questi contenuti come placement nelle loro storie, e questo è davvero importante.

Non fraintendetemi, non pensiamo che le storie di Instagram siano il placement migliore quando si tratta di conversione, ma sono il modo migliore per ottenere gli swipe up e reindirizzare gli utenti verso la pagina prodotto. In questo modo la frizione è minore, anche se non sempre il tasso di conversione è alto.

[Robin] Sì, ovviamente le storie sono comunque formati relativamente nuovi e sono ancora in fase di test.

Io ti ringrazio molto per tutte le parole che hai detto, e continuerei a parlare di questo argomento per ore, ma è il momento di passare al uDroppy Game.

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In questo articolo abbiamo condiviso con voi le parole di Nick Shackelfodr, ma se volete sentire questi preziosi consigli direttamente dalle sue labbra vi basta guardare la video intervista di uDroppy sul nostro canale, dove potrete anche trovare il uDroppy Game.

Per quelli più impegnati che vogliono arrivare al succo della questione senza perdere tempo vi basta andare al minuto 27:43.

Come il branding salverà i business di e-commerce spiegato da Nick Shackelford

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