Una missione possibile: semplificare la pubblica amministrazione con il design

UX Talks: Lorenzo Fabbri

Michele Zamparo
UX Tales
8 min readOct 26, 2018

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Lorenzo Fabbri è un service designer e content strategist focalizzato sui temi della trasformazione digitale. Si occupa di comunicazione da quindici anni e negli ultimi dieci ho partecipato a progetti di innovazione e di trasformazione digitale di Gruppo Editoriale l’Espresso. Lavorando in team con ingegneri, designer, ricercatori, data analyst, editor e project manager, ha analizzato i trend digitali e studiato le mosse degli innovatori, fondato startup e valutato nuove tecnologie, indagato i bisogni degli utenti e curato il design di siti e applicazioni, introdotto nuovi metodi di lavoro. Ora è Head of Content Design presso il Team per la Trasformazione Digitale della Presidenza del Consiglio (Team Digitale).

È un piacere averti ospite per questa intervista Lorenzo, grazie per aver accettato. Qual è la tua storia professionale, come ti sei avvicinato al digitale e al tuo mestiere? E di cosa ti occupi attualmente?

Lavoro al Team per la Trasformazione Digitale, una struttura della Presidenza del Consiglio che lavora come una startup e si occupa di migliorare i servizi pubblici attraverso la tecnologia e il design. Prima ero responsabile del product design & development dell’area intrattenimento e servizi della divisione digitale di Gruppo Editoriale l’Espresso, un pezzo importante dell’internet italiano. Prima ancora ho fondato una startup, che si chiama ilmiolibro, casa editrice digitale e community che in dieci anni ha pubblicato oltre 40.000 titoli e superato i 400.000 utenti registrati.

Quest’ultimo è il progetto che mi ha portato a confrontarmi sul campo con tutti gli aspetti relativi a un progetto digitale: infrastruttura tecnologica, processi di sviluppo software, sistemi di registrazione e sistemi di pagamento, project management, design di prodotto, design dei contenuti, content strategy e community e in generale gestione e sviluppo di una startup digitale.

La mia formazione da designer è molto influenzata dai temi legati al linguaggio, ma è sul campo che ho capito come si fa a progettare un servizio o a semplificare sistemi complessi per creare valore per le persone.

Ma cosa significa fare Content Design? Quali sono le caratteristiche di questo lavoro e qual è l’importanza del contenuto, in un servizio digitale, relativamente all’esperienza utente?

Il team per la trasformazione digitale è formato da trenta professionisti con una buona seniority e un forte grado di autonomia e flessibilità. Per questo motivo abbiamo adottato da subito una organizzazione “per progetti” e non “per funzioni”, in modo da essere più efficaci e orientati ai risultati. L’effetto è che in alcuni casi mi trovo a dirigere interi progetti, specialmente quando il tema del design è strategico. Questo accade per esempio con Docs Italia e per la costruzione di modelli di siti web per scuole e i Comuni italiani. In altri i casi sono coinvolto come specialista nel content design, per esempio nel progetto IO o nella gestione del sito del team. Infine, lavoro per costruire tool e altri strumenti di lavoro da mettere a disposizione di tutti coloro che debbano lavorare sulla progettazione, gestione e produzione di contenuti per la Pubblica Amministrazione.
In generale un content designer disegna una mappa dei bisogni informativi dell’utente nelle diverse fasi del servizio, progetta l’ecosistema informativo in cui si muove, produce contenuti di presentazione e guide, individua sistemi di classificazione delle informazioni che rendano più facile la navigazione e la ricerca, legge i web analytics e fa test con gli utenti. Inoltre, supporta tutti i colleghi che lavorano sui contenuti, per esempio progettando insieme a loro i workflow. Questo metodo si applica ai servizi fisici e digitali e anche ad ambienti come le community o i digital workplaces.

Lorenzo con il team di Designers Italia all’International Design in Government Conference

Ci racconti un po’ della realtà di Team Digitale? Come è nato il progetto e su quali fronti opera?

Il team per la trasformazione digitale è nato come “una startup a Palazzo Chigi”. È una struttura commissariale ma il suo fondatore, Diego Piacentini, è tutto tranne che un “commissario”: dopo aver lavorato con Steve Jobs e Jeff Bezos (è stato vice presidente di Amazon.com) ha accettato di rientrare in Italia su richiesta dell’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi e diventare, per un paio di anni, il punto di riferimento per la trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione.
Nel farlo, ha accettato di confrontarsi con una realtà totalmente diversa da quella di Amazon, ma credo abbia accettato una delle sfide più affascinanti per un manager: semplificare la Pubblica Amministrazione italiana, una delle organizzazioni più complesse del pianeta. L’unica cosa che ha chiesto, quando è arrivato, è di potersi costruire un team di persone con forti competenze digitali: così è nato il Team per la trasformazione digitale.

In questo contesto avete dato vita anche a un progetto davvero molto ambizioso, Designers Italia, che si pone obiettivi importanti come semplificare i servizi digitali della Pubblica Amministrazione, il tutto attraverso la condivisione e l’inclusione nei processi di design: come funziona la community che avete creato?

Designers Italia è uno dei progetti a cui sono più affezionato. Quando il team è partito, circa due anni fa, Matteo De Santi e io eravamo gli unici designer e abbiamo pensato subito che bisognava avere una visione di sviluppo: bisognava costruire un team di design e soprattutto bisognava creare un network di designer interessati al tema dei servizi pubblici.
Designers Italia è un set di linee guida sul design e soprattutto una raccolta di kit e altri strumenti operativi che permettono di portare il contributo del design in tutte le fasi relative alla progettazione di un servizio. Inoltre Designers Italia ha un blog e organizza eventi per favorire l’incontro tra mondo del design e Pubblica Amministrazione. Sfida ambiziosa, ma la Pubblica Amministrazione ha iniziato ad adottare i nostri strumenti.

Come ti è sembrata l’accoglienza da parte della community di design italiana, rispetto al progetto?

Il mondo del design è storicamente legato ai temi del pubblico e del sociale. In Italia c’è una community di user experience design forte, ma che fa fatica a dialogare con gli stakeholder pubblici. Designers Italia deve facilitare questo dialogo, creando un linguaggio comune o almeno un ponte per favorire lo sviluppo del design nei servizi pubblici. Il problema è che nella Pubblica Amministrazione non ci sono designer, siamo partiti da zero.

Cosa significa per te lavorare alla trasformazione digitale del Paese? Ci sono obiettivi personali che ti sei posto, come professionista?

Gli obiettivi di team sono più importanti di quelli individuali. Questo è ancora più vero quando di mezzo c’è la trasformazione digitale del Paese. Gli obiettivi principali del team sono creare e far evolvere una serie di componenti centrali, a disposizione delle Pubbliche Amministrazioni (sistemi di pagamento, sistemi di gestione dell’identità digitale, kit di progettazione e codice a disposizione di tutti); creare un progetto centrale di cittadinanza digitale (IO, l’app del cittadino) e infine favorire la diffusione di competenze e metodi di lavoro tipici del mondo digitale.

Puoi raccontarci alcune delle criticità più rilevanti che hai incontrato nel corso di questa esperienza?

La gestione della complessità e l’estrema distribuzione del potere. Per ottenere dei risultati serve perseveranza e una grande determinazione, che è poi quello che ci ha detto il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, quando ci siamo incontrati ad inizio 2018.

Quali sono invece le soddisfazioni più grandi?

Per ora la soddisfazione più grande è applicare metodi di lavoro moderni ai progetti della Pubblica Amministrazione: cultura open source, ambienti di collaborazione on line, teamwork, workshop di co-design e ricerca con gli utenti. E vedere che altri (enti, singoli innovatori) ci seguono. La prossima tappa è vedere decollare progetti come IO, l’app del cittadino o i nuovi siti dei comuni e delle scuole. In altri termini, mettere a disposizione del cittadino il risultato del nostro lavoro.

Ultimamente l’attenzione che aziende e istituzioni mettono nei confronti dell’esperienza utente sembra stia crescendo: che ne pensi?

La trasformazione digitale all’inizio era principalmente legata alla tecnologia, poi come è naturale con l’evoluzione del sistema digitale globale è cresciuto il ruolo del design, che è un ponte tra tecnologia e persone. C’è sempre più necessità di esplorare e capire i bisogni delle persone, c’è bisogno di progettare servizi eccellenti in tutti i loro aspetti, valorizzando la tecnologia ma senza limitarsi ad essa.

Se il design è il ponte tra tecnologia e persone, l’approccio più coerente è certamente lo human centered design: ci sono differenze di applicazione, tra il settore privato e quello pubblico? Nel settore pubblico ci sono esigenze aggiuntive da considerare?

Nel settore pubblico ci sono molti più vincoli di tipo di legislativo e maggiori rigidità organizzative. E’ più difficile progettare cose semplici ed efficaci. In UK è stata creata una struttura simile alla nostra che si chiama GDS (Government Digital Service) ma che conta ormai migliaia di professionisti. Loro sono partiti nel 2010 e ora riescono ad avere un metodo di lavoro moderno e rispettoso dei bisogni dei cittadini: quella è la strada che anche noi dobbiamo percorrere.

I kit per progettare i servizi della Pubblica Amministrazione

Notoriamente però la Pubblica Amministrazione del nostro Paese ha un linguaggio tutto suo, spesso incomprensibile per la gran parte dei cittadini: come si può risolvere questo problema, attraverso il design? Ci sono strumenti e metodi che possono aiutare a creare nuovi standard?

Il design definisce un linguaggio, è il modo in cui un’organizzazione si esprime, “mette a terra” i propri valori e rivela la propria identità (nel bene e nel male). La semplificazione del linguaggio amministrativo non può che passare dal design, e in particolare dal design degli ambienti digitali: i link abbatteranno le divisioni tra uffici e dipartimenti di cui è piena la Pubblica Amministrazione, i commenti costringeranno i funzionari a dialogare con i cittadini in modo semplice, leggi e documenti potranno essere aggiornate in modo più ordinato, riducendo la proliferazione, la duplicazione e l’ambiguità dell’attuale sistema. Bisogna dare l’esempio, e bisogna che tutti noi ci impegniamo a progettare cose semplici. Cerchiamo di andare in questa direzione con progetti come Docs Italia o la creazione di un modello di sito comunale.

Il 27 ottobre sarai tra gli speaker del Summit Italiano di Architettura dell’Informazione a Genova: di cosa parlerai in quell’occasione?

La trasformazione digitale ha creato uno spazio senza precedenti per la professione del designer, anche in settori dove mai era stata pronunciata la parola “design”. Il design thinking è sempre più amato dalle aziende, ma può essere integrato all’interno delle aziende? In altri termini, qual è la strada per integrare processi, cultura di design e ruolo del designer all’interno delle aziende, senza snaturare o depotenziare l’approccio di design? Per questo il talk si chiama Designer nel paese dei mostri selvaggi.

Storie di design, esseri umani e interazioni.

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Michele Zamparo
UX Tales

Digital Product Designer — Founder of UX Tales