Un anno di Visual Lab in 4 liste

Un po’ di numeri sui progetti pubblicati nel corso del 2018 (55!), l’analisi di cosa abbiamo messo da parte, i progetti che descrivono forse più di altri quello che siamo. E i propositi per il 2019 (o meglio, una lista di obiettivi-desideri)

Marianna Bruschi
Visual Lab
10 min readJan 11, 2019

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Un angolo di Lab visto dalla mia scrivania

A metà dicembre 2017 ho iniziato a lavorare al Visual Lab come responsabile della redazione. Un gruppo di lavoro che unisce professionalità diverse, con sviluppatori, grafici, videomaker e giornalisti, con una missione che ci rende liberi di essere creativi: abbiamo il compito di sperimentare nuove forme di giornalismo per tutte le testate del Gruppo Gedi. [da leggere con espressione “emoticon panico”] A volte è come affrontare il “tema libero” che ci veniva proposto a scuola. Alternativamente un incubo o un sogno. Un anno e oltre 50 progetti dopo condivido qualche riflessione. Ho cercato in realtà di mettere ordine e di riorganizzare mentalmente tutto quello su cui abbiamo lavorato. E anche se non amo i propositi per l’anno nuovo (la mia risposta continuerà a essere “no, non ho fatto i miei buoni propositi. No, tantomeno quelli personali”) ho notato che più ragionavo sugli ultimi dodici mesi, più ripercorrevo i lavori fatti e più si allungava un elenco puntato sul mio quaderno a quadretti. Ne sono usciti 5 punti che sembrano proprio altrettanti buoni propositi. Di elenchi qui ce ne saranno anche altri. È colpa — credo — del quaderno a quadretti [vedi sopra, con emoticon nerd] o di un recente bisogno di mettere in ordine.

12 mesi, 55 progetti

Senza troppa pubblicità abbiamo cambiato veste a quello che prima era un semplice elenco di progetti e che ora invece è diventato il nostro sito. Semplice ma efficace lab.gedidigital.it raccoglie suddivisi in categorie i lavori del 2018 e quelli del 2017. Negli ultimi dodici mesi abbiamo pubblicato 55 lavori:

  • 7 progetti di data journalism
  • 6 longform
  • 4 amp-stories
  • 6 video
  • 7 video interattivi
  • 1 podcast
  • 26 nuovi formati

Sì, “nuovi formati” è come il tema libero. [vedi sopra, con “emoticon stupita”]. È che facciamo a botte con le definizioni. È un tema non da poco: quando c’è da lanciare un nostro lavoro spesso si usa per presentarlo la parola “interattivo”. Anche se non sempre c’è interazione, per fortuna o disgrazia del lettore. Oppure si alternano due etichette anche queste non del tutto precise: “il multimediale” o “lo speciale”. “Nuovi formati” ci è sembrato meglio. Anche se ammetto anche qui un’imprecisione: non sempre i formati sono davvero nuovi. Mi sono risposta [Qui serve “emoticon imbarazzata, con goccia”] che spesso i lavori che pubblichiamo sono nuovi solo per noi, sono formati che non abbiamo mai utilizzato, che abbiamo dovuto imparare, anche se nel mondo, in quegli Stati Uniti che tanto guardiamo, sono quasi una routine. Noi siamo a Garbatella (cit.) e il nostro concetto di nuovo racchiude anche tutti quei contenuti che non avrebbero altrimenti trovato spazio. Non è solo questione di forma.

La prova colore per una delle pareti del Lab

Tra i 55 progetti ce ne sono tanti realizzati insieme a Repubblica, alcuni con i quotidiani locali del Gruppo e alcuni che io definisco “neutri”. Il logo Gedi Visual ci aiuta a comunicare che si tratta di lavori che saranno linkati su tutte le testate perché lavori di gruppo.

E le instagram stories?

Ogni progetto deve avere la sua declinazione per Instagram stories. Ci siamo dati questa regola. In alcuni casi si è trattato di immaginare più dei trailer in clip di 15 secondi, una sorta di lancio. In altri casi la narrazione si è adattata alle regole del social. L’idea di considerare Instagram solo come un nuovo canale di distribuzione non mi convince. I numeri però fanno riflettere: in più casi il traffico da Instagram per i nostri lavori ha superato quello da Facebook su link pubblicati sui due profili di Repubblica. Il passo successivo dovrà necessariamente essere quello di affiancare alla distribuzione la narrazione: i progetti vanno riscritti, ripensati, immaginati di nuovo se li vogliamo considerare davvero multiformato.

Nel corso dell’anno abbiamo anche pubblicato una Instagram-serie. “Vita nei campi” è uscita sul profilo del Messaggero Veneto: dieci storie nate per il cartaceo che raccontano la scelta di vivere di agricoltura.

Il “Generatore automatico di Instagram stories” e le clip sull’azzardo a Roma

Sul finire dell’anno abbiamo anche creato un “Generatore automatico di Instagram stories”: a partire da un dataset usato per il progetto l’Italia delle slot 2 abbiamo messo a disposizione delle nostre redazioni uno strumento che consente di cercare una città, generare 4 clip per Instagram e poter così creare Instagram stories “locali”, così da poter raccontare l’azzardo nelle città coperte dalle testate. Lo useremo ancora.

Cosa abbiamo (semi) abbandonato

Prima dell’elenco da dieci-progetti-dieci [sì, arriva: da leggere con “emoticon occhi al cielo”] con una selezione commentata dei progetti del 2018, penso sia utile condividere l’elenco [“emoticon occhi a cuore”] di quei lavori che abbiamo inseguito e poi lasciato perdere, che abbiamo provato per un po’ e poi abbandonato.

Le mappe interattive. Ok, queste non le abbiamo del tutto abbandonate. Però c’è una considerazione di fondo che le rende difficilmente adatte: se inserisco molti punti cliccabili su una mappa, e questi punti cliccabili aprono contenuti (anche solo un popup) la navigazione da mobile è frustrante per i nostri lettori. A me sembra un motivo sufficiente per ridurne l’uso a quei casi in cui davvero una mappa interattiva si dimostra utile. Meglio un’infografica statica, una animazione.

Uno dei video “In 3 parole” pubblicati su Facebook

In 3 parole. Per qualche mese abbiamo prodotto e pubblicato su Facebook “In 3 parole”, video quadrati per raccontare un personaggio, un anniversario, una ricorrenza cercando di individuare tre parole chiave. Li avevamo pensati per sostituire i tradizionali post che comunque vengono realizzati ogni anno per ricordare compleanni e anniversari. I numeri sono stati soddisfacenti, il format piaceva. Lo abbiamo anche semplificato con un template in modo da non dover ricominciare tutto da capo. Perché lo abbiamo interrotto? Perché quel momento in cui il prototipo diventa prodotto non è andato in porto. E come Lab non potevamo avviare una produzione quasi quotidiana, ci avrebbe sottratto tempo all’ideazione di altri progetti.

La mappa delle segnalazioni. Nella prima parte del 2018 abbiamo avviato un progetto per consentire agli utenti di scattare una fotografia e inviarla come segnalazione attivando la geolocalizzazione. Il progetto aveva un focus preciso, un tema già identificato. Ci siamo fermati di fronte alla privacy. La bilancia tra “in questo momento ci serve questo progetto” e “sforzi necessari per superare gli ostacoli della burocrazia” non era in equilibrio.

Lo scrollytelling. Abbiamo pubblicato tre lunghi approfondimenti usando la tecnica dello scrollytelling: “Da grande voglio fare l’influencer”, “Antidoto allo stupidario sulle adozioni” e “Disturbi alimentari: le cure che mancano”. Letture che richiedono tempo, video, dati, illustrazioni: c’è davvero tanto. E poi la forma, i colori. Questi tre lavori si assomigliano, si riconosce un modello declinato con qualche differenza. Non abbiamo abbandonato del tutto la tecnica, nemmeno la volontà di sperimentare su contenuti lunghi. Però ci siamo detti che, anche se con qualche rinuncia tecnica, questi lavori potevano entrare in una routine e il nostro compito — come Lab — è stato quello di offrirli come spunto, come momento di riflessione.

Il 2018 del Lab in dieci punti

  1. L’italia delle slot 2 e Un grado in più. Inchieste che partono dai dati, entrambe. Ed entrambe sono state realizzate multi-testata. L’Italia delle slot 2 è il primo lavoro realizzato per Repubblica, per tutte le testate locali e per la Stampa e il Secolo XIX. È l’aggiornamento della precedente edizione, con i dati comune per comune di tutti i giochi gestiti dallo Stato e non solo delle slot. “Un grado in più” racconta l’aumento delle temperature in Italia ed è stato realizzato insieme allo European Data Journalism Network e ai quotidiani locali .

2. L’atlante dei migranti. Anche in questo caso i dati guidano il progetto. In piena estate quando sui migranti giravano davvero troppe fake news abbiamo pubblicato un lavoro che a partire dai numeri cerca di rimettere ordine.

Le maglie della nazionali di calcio “spuntano” dalle pagine del Tirreno

3. Tutte le maglie del mondo e L’incubo degli autobus a Roma. La realtà aumentata! Il 3D! Essere riusciti a sperimentare la realtà aumentata, senza dover ricorrere a una app, essere riusciti a creare un’installazione all’interno di una mostra e aver realizzato i primi oggetti in 3D è stata una grande soddisfazione [da leggere con “emoticon cuore”]. Tutte le maglie del mondo è un progetto realizzato con il Tirreno (ne ho parlato qui) e “L’incubo dei bus a Roma” lo abbiamo realizzato con Repubblica per spiegare cosa succede ai mezzi che prendono fuoco e per farlo abbiamo costruito un modellino 3d.

4. Oggetti eroici. Le fotografie e l’audio. E aver mandato un collega a Gaiole in Chianti con una scatola bianca per realizzare le foto in still life. Quando ci hanno chiesto di raccontare la XXII edizione dell’Eroica (la corsa-raduno di ciclismo d’epoca) da subito ci siamo detti che dovevamo provare qualcosa di diverso. Da qui l’idea di non produrre un video, che fa parte della copertura più tradizionale dell’evento, ma di puntare sulle voci e sulle immagini di oggetti-simbolo.

5. Non molestarmi. Ci sono le storie di donne che hanno affrontato tutte quelle molestie che spesso restano in una zona grigia, difficili da definire da gestire. Insieme alle storie ci sono i volti di donne che nella loro professione si occupano di questi temi e che spiegano cosa fare. E poi le informazioni di servizio. È stato un lavoro che ha richiesto tempo, che ha preso forma piano piano. Lo abbiamo immaginato come uno strumento per ragazze e giovani donne che hanno bisogno di una guida.

6. Musica da asporto. Non c’è solo il lavoro del Lab in Musica da asporto. Ci lavorano tante persone del Visual Desk e della divisione digitale. C’è la musica dal vivo in luoghi di Roma da scoprire, le fotografie analogiche (!), i gradienti, le storie. Ne abbiamo pubblicati quattro. Ne abbiamo in cantiere un altro.

7. Amp Stories. Le nostre 4 amp stories non hanno fatto numeri altissimi. Ma — evviva, evviva! — al Lab non lavoriamo solo pensando di dover far impennare gli utenti unici. Si può sperimentare senza farsi intimorire dai numeri. Ne abbiamo pubblicate quattro, molto diverse tra loro, un crescendo di grafica e complessità. Le trovo importanti perché descrivono bene il senso della nostra mission: se spunta una nuova tecnologia dobbiamo provarla.

8. I video interattivi. Li abbiamo ripescati dal Giurassico dell’Internet [da leggere con “emoticon occhi a stella”] . Perché? Perché la liberà di saltare da un video all’altro, da un capitolo all’altro, di interrompere, approfondire, poi tornare è una bella libertà da dare ai lettori. I video interattivi sono stati l’occasione per studiare come spezzare la narrazione in un video, come riprenderla, come gestire la navigazione.

9. L’arte del riuso. O anche: non si butta via niente. Per un Lab creare prodotti unici è un elemento caratterizzante. Però è anche vero che dobbiamo sforzarci di trasformare alcuni prodotti in prototipi per valutare se industrializzarli. E che riutilizzare parti più o meno consistenti di lavori già usciti è in parte già una forma di industrializzazione. Per esempio. Che questo sia stato fatto con la stessa tecnologia di questo ad un primo sguardo chi lo avrebbe mai detto?

10. Evviva Excel! In attesa della formazione del Governo al Lab abbiamo iniziato a raccogliere dati sui governi passati. Abbiamo costruito un dataset che ci consentiva di ripercorrere un po’ il passato attraverso i numeri: quanti giorni per formare i governi? E poi quanti ministri? Quanti cambiamenti? E le età? Abbiamo creato un bel [da leggere con “emoticon nerd”]foglio di calcolo. Tutto materiale — ci siamo subito resi conto — abbastanza noioso. Nemmeno potevamo trasformalo in un quiz per i lettori. Sarebbe stato frustrante. Così abbiamo pubblicato 70 anni di Governi in 15 domande. Un mix di grafica, dati e storia. Il foglio di calcolo è la base anche per l’Agenda di Robinson e Nuovo cinema Robinson.

I desideri per il 2019

Ed eccoci arrivati ai propositi per il nuovo anno. Io a dir la verità preferirei usare tutte queste parole insieme: propositi, obiettivi, linee guida, desideri.

  1. Valutare seriamente una presenza social del Lab
  2. Osare di più. Dobbiamo ricordarci di essere liberi di uscire dagli schemi. Lo siamo, abbiamo questa libertà, non sempre la usiamo.
  3. Che rumore fa il mondo? Mi piacerebbe sperimentare di più sull’audio. Immaginare i suoni, le voci, il racconto delle storie senza le immagini.
  4. Più progetti che partono dai dati. Tra i 55 lavori pubblicati nel 2018 solo 6 sono di data journalism. Sono pochi, penso ci sia bisogno di lavorare di più sulla ricerca di dati davvero utili alle persone per capire meglio il mondo, e di più dobbiamo lavorare anche sulla loro visualizzazione.
  5. 3D e AR: ci proviamo ancora? Ci siamo divertiti, ecco il punto. È stata una delle soddisfazioni tecnologiche più belle riuscire a far “comparire” gli oggetti (le maglie delle nazioni per Tutte le maglie del mondo, vedi sopra), i post in 3D su Facebook, il modellino dell’autobus che da neutro ha indossato l’abito dell’Atac, l’azienda dei trasporti romana. Non credo che la realtà aumentata racconterà davvero il futuro, ma è così divertente! La sfida è provare a farne un uso giornalistico forte.

E con quattro liste chiudo. Suggerimenti, spunti, osservazioni sono super graditi.

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Marianna Bruschi
Visual Lab

Genovese di nascita, nomad worker. Giornalista dei quotidiani locali di GEDI Gruppo Editoriale S.p.A. Vivo a Roma. Member @ona