Un mondo di mondi aperti — Parte 3

Dinamicità esigua e tecnologia martellante.

Fabrizio "Bix" Salis
Frequenza Critica
9 min readJun 30, 2021

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artwork di Assassin’s Creed Odyssey

Sono ormai passati parecchi mesi dalla pubblicazione delle prime due parti di questo speciale e qualcuno ha minacciato di costringermi a giocare a Miracle Sudoku se non concludo il lavoro, per cui eccomi qui più pimpante che mai. Nel tempo trascorso non ho solo riflettuto sugli effetti psico-religiosi di FIFA, ma ho anche potuto assistere al naufragio di uno degli open world più attesi della generazione: Cyberpunk 2077. Molti si aspettavano che il lavoro di CD Projekt RED avrebbe portato il genere su nuovi livelli, ma sappiamo che non è stato così. Tutto questo per dire che il discorso che porto avanti resta più valido che mai.

Prima di andare avanti magari è il caso di dare una ripassata a quanto ho scritto in precedenza seguendo questi link: 1 e 2. Poi potete anche leggervi la recente recensione di Days Gone del buon Alteridan, visto che siamo in tema.

Mondi vivi

In queste settimane povere di nuove uscite mi sono finalmente deciso a recuperare Horizon: Zero Dawn. Il primo open world di Guerrilla brilla parecchio durante gli scontri con le macchine, ma si rivela molto meno entusiasmante nella sua componente free roaming. Il mondo di Horizon è tanto bello da vedere quanto sostanzialmente vuoto: ci si muove dal punto A al punto B senza che succeda qualcosa di diverso dai combattimenti. Meridiana, la principale città del gioco, è grande ed esteticamente appagante, ma non è meno morta dell’ambiente circostante: i PNG stanno quasi tutti sempre fermi al loro posto e Aloy non può fare niente di concreto per interagire con la popolazione della città. Questi sono limiti che ritroviamo un po’ in tutti gli open world di quello che si potrebbe definire il “filone The Witcher 3”, ma sono in buona compagnia.

veduta di Meridiana in Horizon: Zero Dawn

Sono due i principali aspetti che contribuiscono alla creazione di un mondo vivo: deve essere dotato di routine indipendenti dal giocatore e di eventi casuali e/o dinamici. Vi anticipo già che per ora esiste un solo gioco che spunta alla perfezione entrambe le caselle: Red Dead Redemption 2. Sì, lo so che vi siete rotti le scatole di sentirne parlare, ma è inevitabile. Piuttosto prendetevela con Rockstar per aver creato un tale capolavoro. E visto che ci siete chiedete perché il primo capitolo non è ancora arrivato su PC.

Le routine giornaliere dei PNG e un’intelligenza artificiale capace di reagire in maniera quanto meno basilare alle azioni del giocatore sono caratteristiche che risalgono almeno al periodo tra la fine degli anni novanta e i primi anni duemila (Outcast, Gothic, Morrowind), eppure non sembra che questi due elementi siano ancora diventati lo standard del genere in tutte le sue connotazioni. RDR2, ancora una volta, gioca in un campionato tutto suo, come mostra chiaramente questo video.

Non si tratta solo della vita di tutti i giorni ricreata quasi alla perfezione, ma anche del modo in cui i PNG reagiscono dinamicamente alle azioni di Arthur o al suo aspetto. Esiste forse qualche altro gioco dove non solo puoi accarezzare i cani, ma questi se ne ricordano e quando ritorni nella zona ti vengono incontro per ricevere altre coccole?

In un prodotto dai ritmi compassati come quello Rockstar simili dettagli contribuiscono in maniera eccezionale all’immersione. Altrove le necessità sono diverse e sarebbe ingiusto pretendere un cura così maniacale, ma non ho potuto evitare di storcere il naso quando in Horizon ho provato a tirare una freccia su una persona a caso e ho scoperto che avrei ottenuto lo stesso effetto puntando l’arco contro un sasso. Ancora peggio è stato vedere le reazioni prive di senso dei PNG di Cyberpunk alle azioni del giocatore; se nel caso del gioco Guerrilla è quanto meno una scelta deliberata, quello di CD Projekt RED dalle mie parti lo chiamano disastro tecnico.

Altri fattori che dovrebbero accompagnare le routine giornaliere sono un ciclo giorno-notte e un sistema meteo che non siano solo orpelli estetici e una fauna dotata di comportamenti credibili e di una vera e propria catena alimentare; del resto sfruttare gli animali per avere ragione più facilmente degli umani (o viceversa) mi ha sempre dato grandi soddisfazioni in Gothic, e di certo non sono l’unico. Da questo punto di vista Horizon è un po’ un’occasione persa, perché le macchine, pur ricalcando gli animali come aspetto, non interagiscono quasi mai tra loro.

le macchine di Horizon: Zero Dawn

È stato forse il primo Red Dead Redemption a introdurre il concetto di incontro casuale negli open world. Questi piccoli eventi non solo contribuiscono a rendere lo spostamento più di una mera incombenza, ma rendono anche il mondo di gioco più dinamico. Mi è stato fatto notare che nella realtà se viaggi a piedi per qualche giorno non è che succeda un granché, ma ancora una volta ci tengo a sottolineare che stiamo parlando di un gioco e non di un simulatore; è più una questione di credibilità che di realismo. Certamente gli eventi casuali vanno distribuiti in maniera intelligente, perché essendocene un numero limitato il rischio della ripetizione è sempre dietro l’angolo. Però ci vogliono: magari durante quello specifico tratto di strada non succederà niente, ma anche solo la possibilità che succeda qualcosa mantiene alta l’attenzione del giocatore. A volte basta una gara a cavallo improvvisata con uno sconosciuto, non c’è bisogno che da uno scambio di saluti prenda il via un’epica missione.

Se poi lo sviluppatore ha lavorato bene sulle routine dell’intelligenza artificiale può capitare che certe piccole situazioni si creino da sole in maniera naturale: un orso che affronta un branco di lupi in mezzo a un lago gelato, un gruppo armato che attacca un avamposto avversario, due persone che si menano malamente dopo un incidente stradale.

Franklin in fuga dalla polizia in GTA V

Tutto ciò mostra come per realizzare un mondo vivo non sia necessaria chissà quale idea o tecnologia fantascientifica. Nella maggior parte dei casi quello che vediamo è frutto di uno script, qualcosa di inserito manualmente dal programmatore. Ed ecco che tempo e denaro diventano i due fattori determinanti. Red Dead è stato sviluppato in un arco di tempo estremamente ampio e con un budget che la maggior parte delle produzioni dello stesso tipo non vedono neanche col bincolo; questi due fattori hanno permesso agli sviluppatori di inserire una miriade di piccoli tocchi di classe e dettagli in giro per la mappa; questi, messi insieme, creano un affresco così convincente da risultare quasi straniante.

Ovviamente solo Rockstar si può permettere di fare investimenti del genere e di far uscire un gioco ogni 10 anni, mentre per gli altri le regole sono diverse. Però questo non giustifica l’uscita di tre ridondanti Assassin’s Creed negli ultimi quattro anni o altri esempi dello stesso tipo. Date agli open world tempo, per piacere. Così non solo si crea un po’ di sano hype, ma si ha anche la possibilità di fare un lavoro come si deve. E se le dimensioni non permettono la cura per i dettagli richiesta, la soluzione è davanti a tutti: riducetele. Sono sicuro che la maggior parte dei giocatori apprezzerebbe un Assassin’s Creed Cerignola che dura 50 ore di qualità invece che 150 di minestra riscaldata.

artwork di Assassin’s Creed Valhalla

Non voglio far passare l’idea di avercela con la saga di open world Ubisoft — ho oltre cento ore di gioco in Odyssey e un’ottantina in Origins— , lo uso come semplice esempio perché mi è capitato di sentire persone lamentarsi del fatto che Valhalla sarebbe stato decisamente più piacevole se fosse durato 40 ore in meno. Non ho avuto ancora modo di metterci le mani personalmente, ma i precedenti mi fanno dubitare che questa lamentela sia basata sul nulla.

La questione tecnologica

Ci ricordiamo tutti di come Sony presentò fieramente l’SSD di Playstation 5 mostrando il quasi totale annullamento dei caricamenti in Marvel’s Spider-Man. La console è oggi sul mercato e ancora siamo fermi lì: la velocità dei caricamenti ridotta, la maggiore risoluzione e il frame rate più elevato sono i tre aspetti che il nuovo hardware si è portato dietro, mentre cambiamenti sostanziali nel modo di concepire gli open world non se ne sono visti. Questo è dovuto almeno in parte al fatto che Sony, a dispetto di quanto affermato in precedenza, è stata di fatto costretta a seguire Microsoft nella ricerca di un passaggio di generazione graduale. Difficile dire se ciò sia conseguenza dell’attuale carenza di componenti o di strategie meno improvvisate — probabilmente entrambe le cose. Non che le terze parti abbiamo osato qualcosa di più.

Ipotizzando che in un futuro non troppo lontano non sia più necessario fare code lunghissime per trovare una Playstation o spendere cifre folli per l’hardware PC più recente, in che modo il salto tecnologico potrebbe effettivamente svecchiare gli open world?

Ho paura — cioè sono sicuro — che che si punti ancora ad ampliare i mondi di gioco sfruttando i processori più potenti e le memorie più veloci. Sulla questione mi sono soffermato in precedenza, e quello che mi chiedo è: c’è differenza tra una mappa grande 10 dove ti muovi a velocità 1 e una mappa grande 20 dove ti muovi a velocità 2? Se quello che ci sta in mezzo è uguale direi che la risposta è un secco no.

Quello che invece credo e spero è che l’avanzamento tecnologico permetta di avere finalmente dei mondi davvero continui. È il momento di abolire i caricamenti quando si entra in certe zone, e non importa se questi caricamenti sono palesi o nascosti (ascensori, strettoie, porte che si aprono a rallentatore). Su questo aspetto il produttore che deve lavorare di più è senza dubbio Bethesda: Starfield, lo Skyrim in space, non può permettersi di interrompere il flusso di gioco di continuo come fanno tutti gli altri titoli della software house. Arrivati nel 2021–2022 è nostro diritto di giocatori pretendere anche lì una struttura più moderna e capace di avvicinarsi a No Man’s Sky o a Outer Wilds.

panorama gelato di No Man’s Sky

Cosa dire poi della fisica? Oggi siamo abituati a open world dove viene applicata solo a elementi medio-piccoli, e a volte neanche a quelli. Perché non osare di più e inserire un ambiente che si modifica in seguito alle azioni del giocatore o anche solo per effetto del meteo? Basta con le pozzanghere che si formano casualmente in giro, vogliamo vedere un fiume che esonda; le impronte sulla neve non sono più sufficienti, vogliamo poter creare una valanga lanciando una granata su una montagna; le esplosioni hollywoodiane di Just Cause ci hanno stancati, fateci abbattere degli edifici degni di tale nome; liberare gli avamposti sta diventando noioso, è nostro diritto poter appiccare un incendio per ridurli in cenere. Meccaniche di questo genere non sono del tutto nuove, ma è giunto il momento di vederle applicate su scala più ampia — chiaramente con qualche limitazione per garantire il giusto bilanciamento.

Concludo con un cenno all’intelligenza artificiale. È un argomento parecchio complesso e non ho le competenze per capire se le sue limitazioni siano inevitabili a livello tecnico o il risultato di una certa pigrizia nella sua realizzazione; tuttavia il fatto che esista qualcosa come AI Dungeon mi fa sperare che in futuro si possa fare almeno qualche piccolo passo avanti da questo punto di vista, rendendo la gestione dei PNG meno legata agli script e quindi riducendo anche la mole di lavoro degli sviluppatori. Qualche timido tentativo di realizzare un open world focalizzato proprio sul dinamismo dell’I.A. c’è già stato, ma il lavoro da fare è ancora tanto.

V in Cyberpunk 2077

Eccoci qui alla fine di questo viaggio attraverso i mondi aperti. Qual è l’insegnamento che abbiamo tratto da tutto questo? Ovvio, che Red Dead Redemption 2 è la fonte di tutta la verità e di tutta la bellezza. Scherzi a parte, quello degli open world è un genere potenzialmente adatto all’applicazione di tante idee interessanti; il problema è che la sua natura ormai estremamente commerciale è un gigantesco macigno sulle possibilità di sperimentare. Laddove Red Dead Redemption 2 cercava di fare breccia in una nicchia (grande, ma comunque una nicchia), il futuro GTA VI non è detto che si spinga oltre, tanto più che il successo di GTA Online ha messo in dubbio la stessa necessità di una componente single player classica.

E gli indie? Il basso budget non aiuta i piccoli sviluppatori che si vogliono cimentare nel genere — vedasi Biomutant — , ma Outer Wilds dimostra che le idee e la passione possono aiutare spezzare le catene. (Ri)partiamo da lì.

PS: come al solito vi invito a fare un salto nel nostro gruppo Discord, molti degli spunti contenuti in questo speciale vengono proprio da lì.

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