Tropico: El Presidente e i suoi fantastici amici

I was only an aspiring dictator. I was never a real dictator.

Ioannis Largo
Frequenza Critica
12 min readMay 27, 2020

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Una spiaggia dei Caraibi, un sigaro cubano, un cocktail con ombrellino, una piacevole e sexy compagnia alla propria sinistra e pure alla propria destra. Tante piccole e belle cosine che voi miei cari lettori non potrete avere, ma non disperate miei cari, non disperate davvero, perché oggi almeno potrete immaginare tutto ciò con la mia personale narrazione e descrizione della saga videoludica di Tropico.

Il filmato iniziale del primissimo capitolo di Tropico.

Prima di iniziare a scribacchiare di Tropico è come sempre necessaria una piccola, anzi piccolissima introduzione di carattere storico.

Tropico: sei titoli per diciannove anni

  • Tropico. Primissimo capitolo sviluppato dalla PopTeam (Railroad Tycoon 2–3; Age of Wonders 2) e pubblicato dalla statunitense Gathering of Developers nel lontanissimo 2001. Espansione: Paradise Island
  • Tropico 2: Pirate Cove. Pur mantenendo il motore grafico del titolo precedente c’è un cambio di ambientazione con il passaggio al mondo dei pirati del diciassettesimo secolo. Titolo sviluppato dalla Frog City (Imperialism 1–2) e pubblicato dalla Gathering of Developers nel 2003.
  • Tropico 3. Pubblicato nel 2009. La principale innovazione è un motore grafico 3D con abbandono della visuale isometrica. Sviluppato dai bulgari della Haemimont Games (Imperium, Tzar, Il primo templare), pubblicato dai tedeschi della Kalypso Media. Fino a un paio di anni fa i titoli sviluppati della Haemimont erano distribuiti fisicamente e digitalmente sul mercato italiano e spagnolo dalla FX Interactive. Espansione: Absolute Power.
  • Tropico 4. Pubblicato nel 2011. Espansione: Modern Times. Dieci DLC minori.
  • Tropico 5. Pubblicato nel 2014. Due DLC maggiori: Espionage e Waterborne. Dieci DLC minori.
  • Tropico 6. Pubblicato nel 2019. Titolo sviluppato dai tedeschi della Limbic Entertainment, recente compagnia formata da tre sviluppatori della Sunflowers Interactive (serie Anno). Due DLC maggiori: The Llama of Wall Street e Spitter.
La versione Android di Tropico è basata sul terzo capitolo, con qualche meccanica del quarto.

Ovviamente tutto ‘sto nominare di sviluppatori e di distributori può sembrare noioso — e semplicemente lo è — , ma è necessario al giocatore italiano per comprendere il motivo della sua difficoltà nel trovare i primi due capitoli in italiano. Sul mercato digitale la versione in lingua italiana è distribuita esclusivamente da gog.com; su quello fisico si deve essere fortunati nel trovare la vecchia edizione della dalla FX Interactive, la quale ha rischiato il fallimento un paio di anni fa e ha perso i diritti di distribuzione di una buona parte dei titoli della Kalypso.

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Good morning Tropico!

Sono abbastanza sicuro che tra i miei lettori potrebbe esserci qualcuno che non conosce la saga di Tropico, quindi è mio obbligo darne una breve descrizione.

In Tropico noi interpreteremo il neoeletto presidente di uno stereotipatissimo stato caraibico. Prima dell’inizio della partita costruiremo la nostra isola caraibica stabilendone la grandezza, l’altitudine, il clima, le risorse naturali presenti e alcuni parametri di cui tratterò in seguito; successivamente costruiremo il nostro presidente stabilendo le sue origini familiari, il modo con cui ha preso il potere, i suoi pregi e i suoi difetti (dal terzo capitolo anche l’aspetto fisico, con tantissimi cappellini da indossare). Le scelte fatte in queste due fasi avranno un impatto sulla partita attraverso i canonici bonus e malus.

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Tropico 3: costruiamo il nostro presidente, anzi la nostra presidentessa con tanti bei cappellini.

Obiettivo del nostro presidente è rimanere in carica per quanti più anni possibili attraverso lo sviluppo dell’economia della nostra isola, la felicità dei nostri cittadini, l’arrivo di tanti ricchi turisti da spennare e anche una piccola pensioncina raccolta umilmente sul nostro conto svizzero. Nel caso sfortunato in cui i nostri amati cittadini siano infelici, abbiano intenzione di votare il nostro avversario alle elezioni presidenziali o decidano di formare noiosi gruppi paramilitari dal basco rosso con il fine di rovesciarci, possiamo semplicemente truccare le elezioni, o non indirle proprio, addirittura crearci il nostro piccolo paradiso autocratico difeso dalla nostra fedelissima guardia nazionale armata di tutto punto. Avremo la possibilità di emanare diversi editti (e dal quinto capitolo la costituzione): dal taglio delle tasse al divieto di commercializzazione dei contraccettivi, passando per l’instaurazione del coprifuoco e la dichiarazione di un’amnistia.

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In Tropico 6 c’è stato un cambiamento del motore grafico, con il passaggio all’Unreal Engine.

I nostri sudd… Volevo dire i nostri cittadini ed elettori sono divisi in sei gruppi: capitalisti, comunisti, militaristi, ambientalisti, religiosi e intellettuali; (nel terzo e quarto capitolo sono presenti altre due fazioni: i nazionalisti e i lealisti), ognuna di esse ha i suoi obiettivi e il suo peso politico. Di ogni cittadino potremo conoscere i suoi natali, la sua nazionalità, la sua abitazione, il suo lavoro, le sue attitudini politiche, ma soprattutto — come in ogni sogno bagnato di un regime totalitario — potremo conoscere i suoi pensieri e ovviamente reagire di conseguenza con qualche bella mazzetta o nei peggiori dei casi con il classico assassinio politico. Controlleremo l’economia attraverso la costruzione delle diverse infrastrutture e decideremo se vivere esclusivamente di turismo o di tante piantagioni, così da inondare i mercati con i nostri frutti a basso prezzo, oppure puntare all’industria pesante e addirittura al terziario (quest’ultimo settore dal quarto capitolo).

Dovremo gestire anche la politica estera: nel primo e terzo capitolo sarà limitata ai rapporti con Stati Uniti e Unione Sovietica, nei successivi capitoli si aggiungeranno anche l’Unione Europea, la Cina e i paesi arabi. Decideremo se adottare una politica neutrale, essere amici di tutti oppure trattare con il Cremlino e concedergli la possibilità di piazzare sulla nostra isola un paio di testine nucleari puntate su Washington DC, o semplicemente vivacchiare con i dollari e le armi fornite dalla CIA. Dovremo affrontare disastri come terremoti e cicloni, addirittura maremoti e la rabbia infuocata della nostra isola vulcanica.

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In Tropico 5 c’è una maggiore attenzione al commercio. Per maggiore attenzione intendo la possibilità di instaurare contratti commerciali dove acquisteremo o venderemo risorse. Niente di che.

Pure su Tropico la follia è fare e rifare la stessa cazzo di cosa, ancora e poi ancora, sperando che qualcosa cambi

Tutto ciò che ho descritto nel paragrafo precedente è la struttura portante di Tropico, la quale mai è stata cambiata in sei capitoli al di là del avvicendarsi degli sviluppatori e soprattutto al di là del passaggio da una visuale isometrica alle tre dimensioni. Una struttura semplice e poco approfondita, dove l’unico fine è rimanere presidente; lo si rimane con un portafoglio pieno e con cittadini felici. Ci sono degli “obiettivi” durante una partita, consistenti nell’accumulare tot risorse oppure nel costruire una determinata struttura, ma, a esclusione degli scenari della campagna, questi sono facoltativi e rimovibili in qualsiasi momento. La difficoltà del gioco sono le condizioni che sono imposte (o noi imponiamo) a inizio partita: la propensione dei cittadini a diventare ribelli, l’ONU che ci controlla e soprattutto ci impedisce di truccare le elezioni; un’isola che è semplicemente il cucuzzolo di una montagna sperduto nel Triangolo delle Bermude; tante palme da cocco o pochi giacimenti d’oro. Volgarmente i Tropico non sono difficili, ma noi giocatori possiamo renderli difficili.

Nei diversi capitoli ci sono state delle aggiunte a questa struttura portante, spesso abbozzate: per esempio lo scorrere del tempo — con conseguenti variazioni dell’atteggiamento delle potenze estere e sblocco di nuove infrastrutture — o la possibilità di mandare in giro l’avatar del nostro presidente così da velocizzare i lavori di costruzione. Potremo addirittura shitpostare su Twitter, anzi Spitter, come l’ultimo dei Donald.

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Guarda mamma! Senza rotelle! Proprio come Donald!

Tutte queste meccaniche sono state implementate in modo superficiale e qualche volta abbandonate nei capitoli successivi; addirittura dal quarto capitolo la Kalypso ha avuto l’idea di pubblicare tanti piccoli DLC che introducono qualche scenario bonus, qualche edificio e qualche cappellino per il nostro presidente. I nuovi edifici sono implementati così male che sono totalmente inutili o rompono gli equilibri del gioco. Politica della Kalypso, attuata in modo minore anche per i Port Royale e i Patrician, che non ho mai apprezzato. Amo e rigioco al primo Tropico, ma non riesco ad affezionarmi agli altri, li mollo dopo poco, li considero delle delusioni. Delusioni che hanno ferito il mio innocente e puro cuoricino.

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(Diapositiva di muà mentre infesta la redazione) «HAI ROTTO UNA PROMESSA. HAI ROTTO UNA PROMESSA COME HAI FATTO CON TROPICO 5, CON TROPICO 4, CON PORT ROYALE 3, CON RISE OF VENICE, CON PATRICIAN 4, CON GRAND AGES, CON GALACTIC CIVILIZATION 3, CON SUDDEN STRIKE 4».

El Presidente contro le forze del male e venti chupacabra

In teoria questo speciale dovrebbe concludersi qui con quella gif. Invece no, continua per il semplicissimo motivo che uno degli aspetti che preferisco del primissimo capitolo è l’atmosfera leggermente più seria. Dal terzo capitolo Tropico diventa molto, ma molto più spensierato, addirittura mi voglio spingere a definirlo cringe.

What? Tu quoque parli di cringe?

Direte voi miei cari lettori indicando in ordine il 90% dei miei contributi per Frequenza Critica; la parrucca e il kimono che indosso in questo momento; l’espressione di buona parte della redazione tra Dama costretto a un facepalm perpetuo et infinito, Dyni che sventola una mazza da baseball arrugginita (ma pur sempre medica) e Alteridan che comunica l’arrivo della quarta lettera di cease and desist from Sega.

Sì, io parlo e scrivo di cringe, scrivo e affermo che dal terzo capitolo Tropico è diventato cringe. Questo è male!

Nel primissimo capitolo l’ambiente di gioco era dipinto con un sottile strato di ironia nera, forse un po’ cinica; ma dal terzo capitolo in poi il tutto è diventato cringe, con le caricature super deformed dei nostri consiglieri e una comicità mediocre, tra battutine e accenni ai meme. Roba che in confronto l’umorismo dei Borderlands è da scuola di teatro (Tac! te ho infilato anche un link interno).

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Schermata finale alla conclusione di una partita in Tropico. Dopo ciò un filmato nel quale una voce maschile ci ragguaglia sui risultati raggiunti.

Se nel primo capitolo potremo sentire una voce maschile pronunciare con tono drammatico una frase di questo genere:

«Presidente, ai nostri cittadini mancano le cure mediche necessarie!»

Nel quinto capitolo abbiamo ciò:

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I giovani di oggi, questi zoomer, non sanno che il Muro di Berlino è caduto grazie a Rocky e a David Hasselhoff

Perché questo cambiamento di registro? Da una parte gli sviluppatori della Haemimont Games hanno abbandonato l’idea del punteggio di fine partita presente nel primo capitolo, preferendo una campagna composta da diversi scenari, con la costruzione anche di un’ambientazione composta da diversi personaggi secondari che vanno dall’immancabile vicepresidente Penultimo allo stereotipato sceicco arabo.

All’inizio ho fatto notare che il primo capitolo fu pubblicato nel lontano 2001, mentre il terzo nel 2009: i destinatari del primo capitolo, i ventenni/trentenni di quell’epoca, erano nati nel 1981 o prima, mentre i destinatari degli altri capitoli erano nati dal 1989 in poi. Questo cambio di pubblico di riferimento può sembrare una cosa da nulla, ma chi è nato nel 1979 o nel 1985 ha conosciuto un mondo diverso rispetto a quelli più giovani di una decina di anni: l’era di Carter e di Reagan, le ultime fasi della guerra fredda, la dissoluzione dell’Unione Sovietica e la fine di un mondo diviso in due blocchi (e mezzo); la generazione successiva ha invece vissuto l’11 settembre e l’escalation della guerra al terrore come momenti fondamentali.

L’attuale tardo trentenne quarantenne definirà la repubblica delle banane come un richiamo ai diversi regimi dittatoriali dei Caraibi e del Sud America (ma anche Africa e Asia Meridionale) fondati sul culto della personalità del leader e su una politica commerciale orientata esclusivamente sulla vendita di un unico prodotto; regimi caratterizzati dal ruolo preponderante dell’esercito e delle multinazionali estere, dall’influenza di USA e di URSS, dalla corruzione interna e dal tentativo dei vari presidenti di dipingere i propri paesi come dei paradisi terrestri agli occhi del mondo. Il tardo trentenne avrà visto o almeno avrà un ricordo di diversi personaggi di quegli anni: non solo i canonici Castro e Idi Amin Dada, ma anche Pinochet, Videla, Gheddafi, Duvalier, Suarez e tanti altri. Di questi autocrati, e soprattutto di quelli filo-sovietici o appartenenti al cosiddetto terzo blocco, l’uomo comune europeo conosceva poco o nulla, al massimo una lunga serie di aneddoti personali che spesso descrivevano un’immagine stereotipata di un sanguinario nemico della libertà.

Il ventenne, il quale aveva cinque anni durante quell’undici settembre, definirà la repubblica delle banane come un semplice richiamo a una classe politica ignorante e corrotta, semplicemente poco seria; inoltre la rivoluzione digitale e la fine della guerra fredda hanno cambiato totalmente l’immagine dei cosiddetti dittatori, e molti leader del cosiddetto “mondo libero occidentale” hanno iniziato a costruire un proprio culto della personalità volgarissimo attraverso i social. Il nostro ventenne scuoterà la testa sentendo quei nomi citati in precedenza, ignorerà le particolari personalità di un Lukasenka o di un Berdimuhamedow, conoscerà Kim Jong-un, perché è dipinto dai media come un pericoloso meme vivente, e sarà più abituato a determinate personalità dei regimi democratici come Trump, Orban, Erdogan. Tutto ciò potrebbe aver influenzato la diversa atmosfera tra il primo titolo e i seguenti, inoltre esagero speculando che il primo è stato sviluppato da yankee, il secondo da bulgari, che in modo indiretto o addirittura diretto hanno vissuto sotto un regime del Patto di Varsavia.

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Dal terzo capitolo le schermate di caricamento di Tropico hanno queste citazioni di importanti politici attuali e del passato. Nel quarto capitolo c’è pure una attribuita a Silvio Berlusconi.

Don’t ask questions, just consume product and then get excited for next products

Rimanendo sempre nell’ambito delle differenze tra primo capitolo e seguenti e soprattutto della scarsa tendenza all’innovazione, non può essere tralasciato che il primo capitolo fu pubblicato durante una piccola età dell’oro per strategici, gestionali e city builder. Anni di innovazione e sperimentazione che vanno all’incirca dal 1998 al 2004, dove non c’era una netta distinzione tra grandi gruppi di sviluppatori AAA e piccoli sviluppatori indie e retro, esisteva un gruppo intermedio che poteva sostenere la possibilità di sperimentare su determinati generi.

Voglio fare un altro elenco, mi dovete lasciar fare un altro elenco per potervi mostrare la particolarità di quegli anni:

  • Metal Fatigue. RTS pubblicato nel 2000. Titolo caratterizzato dai grandi mecha, volgarmente robottoni alla Mazinger et friends, e dalla possibilità di combattere contemporaneamente su tre livelli (piattaforme sospese in cielo, terra e sottosuolo).
  • Theocracy. RTS del 2000 caratterizzato non solo dalla particolare ambientazione, l’America centrale delle civiltà precolombiane, ma anche dai tentativi di introdurre alcune caratteristiche di altri generi come gli eroi e battaglie su larga scala.
  • Evil Genius. Gestionale del 2004, dove si interpretava un Bond villain, si costruiva una base segreta e si puntava alla conquista di Pekopon, aka il Mondo. Una tentativo di modernizzare i precedenti Dungeon Keeper del 97/99.
  • Il primo capitolo della saga SpellForce pubblicato nel 2003. Tentativo di coniugare RTS e GDR, evoluzione di un genere creato anni prima con i tre capitoli di Myth.
  • Impossible Creatures. RTS del 2003 ispirato al romanzo breve L’isola del dottor Moreau e caratterizzato dalla possibilità di costruire le nostre unità combinando gli arti di diversi animali.
  • Stronghold. Saga di RTS nata nel 2001 dove si costruisce, si gestisce e soprattutto si difende una fortezza medievale.
  • Space Colony. Un particolare gestionale del 2003 dedicato alla costruzione di una colonia spaziale, stile unico e simpatico, lontanissimo dal cringe citato in precedenza.
  • Sudden Strike. Un RTS del 2001 ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale e caratterizzato all’attenzione a diversi fattori come il terreno, la balistica e la differenza tra le unità impiegate.
  • Homeworld. Pubblicato nel 1999. Un RTS ambientato nello spazio profondo, lontanissimo dalla struttura canonica alla Warcraft o C&C.

Passando a titoli maggiormente famosi, basti ricordare che Europa Universalis 2 è del 2001; Shogun: Total War, il primissimo Total War, è del 2000; Caesar III, Faraon, Emperor e Zeus, i grandi city builder della Sierra, sono stati pubblicati dal 1998 al 2002; Black & White è del 2001; Warcraft 3 è del 2002.

Erano anni dove si poteva sperimentare e introdurre nuove meccaniche anche in generi mainstream o in saghe già imposte: Tropico 2 è un esempio lampante.

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Tropico 2: tante piccole idee, ma poco profonde. Un esperimento curioso, ma invecchiato male.

VAMOS EL MAMBO

Ora davvero dovremmo essere alla conclusione di questo speciale, devo fare presto e devo andare in lavanderia a ritirare gli altri costumi, forse ci sarà anche il cappello da pirata, così da poterlo indossare per parlare di Tropico 2.

Dimenticavo! Non potevo tralasciare la questione sonora o — come direbbe Alteridan — videogiochi da ascoltare. Uno dei punti di forza di Tropico è la bellissima colonna sonora composta da tracce strumentali e tracce cantate del genere musica caraibica. Musiche di Daniel Indart per il primo capitolo; Alex Torres e la sua orchestra per il terzo capitolo e il quarto capitolo. Melanconiche le prime, frizzanti le seconde.

Lascio questo video così da ascoltare cliccando qualche link interno!

  • Well, I know what I’ve been told / You got to work to feed the soul / But I can’t do this all on my own /No, I know, I’m no Superman /I’m no Superman ossia la recensione di Two Point Hospital by Bix.
  • Rip and tear! Doom, tanto quello del 2016 che quello eterno del 2020 narrato, descritto, rippato e tearrato by Thresher3253.
  • Alteridan ci parla della Capcom e Dama prova a proporre una tassonomia videoludica intelligente.
  • Holy crap Lois. It’s Sans! La guida per capire e pure amare Undertale by Lorenzo “GOV” Sabatino.
  • KAWAII! Little Witch Academia: Chamber of Time et Sakura Wars by Lucchi.

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