[I libri del crepuscolo]: i consigli di agosto

Kara Lafayette
M E L A N G E
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9 min readAug 5, 2021

Ridendo, scherzando e senz’altro — o soprattutto — porconando, siamo arrivati ad agosto e per l’amatissima challenge di Ambra & Lucio ci inoltriamo negli oscuri meandri della narrativa italiana. Cosa ne uscirà? Come sempre, qualcosa di interessante e piacevole, magari poco conosciuto, appartenente a piccole case editrici o, addirittura, cose autopubblicate ommioddio. Vediamo un po’ cosa salta fuori dal cilindro.

UN HO/WE/GO ITALIANO

Il consiglio di Kara Lafayette:

L’incanto del pesce luna, di Ade Zeno, edito da Bollati Boringhieri. Un romanzo di 180 pagine che scorre via in una giornata di riposo. Perfetto per chi desidera una lettura veloce e disimpegnata. Per quanto l’autore, credo, ci tenesse a caricare la storia di pessimismo cosmico — cosa che potrebbe rendere l’idea di avere tra le mani un piccolo macigno di dolore — , l’ho trovata comunque fruibile e di facile lettura. Il protagonista si chiama Gonzalo e di mestiere fa il cerimoniere presso la Società per la Cremazione di una città indefinita. L’autore è nato e vive a Torino e anche lui lavora (lavorava?) dove lavora Gonzalo. Parte, quindi, da una sua esperienza personale, il che è interessante, vista la tipologia di lavoro. Nonostante i nomi dei personaggi ci riconducano altrove, lo sfondo degli eventi potrebbe essere la stessa Torino. Ma non è importante, di riferimenti geografici non ne abbiamo, siamo dunque in un ambiente che potremmo dire qualsiasi: è una storia che può esistere ovunque. Ed è la storia di un uomo distrutto a causa di un dolore senza nome, ovvero quello della rara malattia della figlia Inés che, senza nessuna spiegazione medica, la riduce in coma. Il matrimonio tra Gonzalo e Gloria si frantuma e lui finisce per sopravvivere, giorno dopo giorno, in attesa che arrivi quel momento della sera in cui va a trovare la figlia e le parla, ascoltano i musical di Gene Kelly e le racconta delle storie. Gonzalo, un giorno, cambierà lavoro per permettersi cure costosissime in una clinica palesemente strana. La proposta arriva da un tizio strano, ovvero quella di occuparsi di una vecchia signora ricca, detta Signorina Marisòl e, manco a dirlo, molto strana. Il resto ve lo godete leggendo. Lo dico subito: siamo nel campo dell’horror sovrannaturale, checché ne dicano quelli che ci hanno ricamato sopra (il romanzo è stato finalista del Premio Campiello, quindi vi lascio immaginare), ed è una storia semplice, travestita da viaggio introspettivo (i dialoghi non sono virgolettati, quasi per dare un senso di monologo interiore, come se il protagonista stesse parlando con se stesso) e da noir (chi sono i loschi figuri che hanno a che fare con la vecchia e la clinica? Quesiti in realtà non importanti, lo sappiamo già dal primo momento), ma alla fine è quello che deve essere: un horror coi mostri. E infatti le scene in cui i mostri fanno i mostri sono ben costruite, spudorate e orgogliose di esserlo. Ed è il motivo per cui lo consiglio. Nota speciale: c’è un capitolo costruito dal punto di vista di un insetto. Pregevole.

“A volte ha come l’impressione che la pelle di Inés stia sbiadendo. Potrebbe dipendere dalla scarsa illuminazione, un gioco di neon, oppure dagli occhi troppo stanchi. L’effetto, in ogni caso, è straziante: il sospetto che la materia di cui sono fatte quelle misere cellule stia perdendo non solo colore ma anche sostanza lo tormenta di continuo. Un corpo prossimo alla trasparenza pronto a lasciarsi ingoiare dalle lenzuola.”

Il consiglio di Domenico Attianese:

Il Ghigno di Arlecchino, di Adriano Barone, Asengard Edizioni. Due motivi mi hanno spinto a scegliere questo libro. Nello specifico, Il Ghigno di Arlecchino è uno dei migliori weird italiani che abbia mai letto, anche perché in parte potrebbe anche essere considerato Bizzarro Fiction. In parte, non ufficialmente, quindi va bene in questa classifica.

Arlecchino è un essere onnipotente, creato per essere tale, ma folle. Un folle dio che sfugge ai suoi creatori e inizia a gettare il caos in tutto il multiverso.

Semplice, efficace e, purtroppo, ora reperibile solo come usato.

Il secondo motivo per cui l’ho citato, infatti, è anche per ricordare l’Asengard Edizioni, una piccola casa editrice che qualche anno fa e per poco tempo pubblicò non solo delle piccole perle della narrativa italiana, ma fu anche la casa editrice che iniziò ad importare in Italia i romanzi su Doctor Who.

“Arlecchino si svegliò.

Si rese conto di essere in trappola.

Voleva uscireuscireuscire.

Sbatté la testa contro il muro. Ancora. E ancora e ancora e ancorancorancora.”

Il consiglio di Andrea Lupia:

Nightbird, di Lucia Patrizi.

Irene e Giada sono acchiappafantasmi professioniste. Ma il loro metodo di lavoro è un po’ particolare: Irene disinfesta i luoghi appositamente infestati da Giada al fine di procacciarsi nuovi, danarosi clienti. I quali credono di avere a che fare con lo spettro infuriato del proprio trisavolo, e non sospettano trattarsi invece di una messinscena ben orchestrata. Sì, perché Giada è realmente un fantasma. Le sue sono vere infestazioni, seppur abusive. Ma questo non impedisce alle due ghostbusters di mantenere “vivo” il profondo, contrastato legame che le unisce, messo a dura prova dal terribile evento che ha segnato per sempre le loro esistenze: la morte di Giada.

“Anche i ricordi alla lunga muoiono. È solo una questione di tempo.”

Il consiglio di Davide Mana:

Il deserto dei Tartari, di Dino Buzzati, Edizione Mondadori.

Un caposaldo della narrativa weird italiana quando ancora “weird” non sapevamo cosa fosse.

Neanche la scuola, probabilmente, è mai riuscita a farcelo odiare.

Da leggere e da rileggere, per imparare come si fa.

Incipit

Il consiglio di Germano Hell Greco:

Cielo e Ferro, di Italo Bonera e Paolo Frusca.
Qualsiasi affresco del futuro parla anche del presente, in uno spontaneo, per quanto arduo, sforzo di proiezione del nostro inconscio, delle nostre paure.
Cielo e Ferro è una raccolta di nove racconti, a cura di Italo Bonera e Paolo Frusca, ambientata in una distopia, un mondo diviso in Libere Città e Nazione di Avraham, dove una stanca democrazia che si finge tale e s’aggrappa alla libertà s’oppone alla fusione di tutti i Fondamentalismi.
Idea vincente, che pure giudico affatto distopica. E che l’orrore lo presenta come dato acquisito, integrato nel quotidiano.
La raccolta reca il sottotitolo “Il Futuro è Cambiato”, ma…
… È sufficiente affacciarsi alla finestra, accendere la TV, collegarsi all’internet. Cielo e Ferro, più che distopia, è ritratto coevo. Bisbiglia realismo.
Infedeli impalati, in pasto ai corvi, lasciati a monito in un sobborgo, Terranera, zona di nessuno, che finiscono per diventare uno scoop giornalistico, molto meglio del solito servizio sul soldato fanatico che opera “dall’altra parte”; mercenari in guerre sporche, nuove stirpi umane generate (non create) da orrori di guerre pseudo-nucleari che trasformano città in grado di evocare calde immagini esotiche in crateri…

Il consiglio di Francesca Von Franzenstain:

Malombra, di Antonio Fogazzaro.

Marina Crusnelli di Malombra vive da reclusa in un cupo e decadente palazzo sul Lago di Como, ospite dello zio, il Conte d’Ormento, uomo duro e solitario. Il ritrovamento di un documento appartenuto a un’antenata e l’incontro con un giovane scrittore travolgono l’inerzia in cui si era trascinata in quel momento la sua vita: Marina si convince di essere la reincarnazione dell’antenata e di avere il compito di vendicarne la morte.

A ragione considerato uno dei migliori esempi di gotico revivalista, Malombra ne riprende i temi in maniera quasi filologica: dalla fanciulla prigioniera lacerata da un amore impossibile che la porta lentamente alla follia, fino alle suggestive ambientazioni nella Villa Pliniana, storico palazzo cinquecentesco a picco sulla sponda occidentale del lago di Como, scelta proprio da Fogazzaro per le storie tragiche e morbose che la riguardano. Amore e morte, follia e possessione ne fanno un romanzo nero a tutti gli effetti.

“Tacevano i bisbigli nei corridoi, le persiane rigate di luce si oscuravano di botto, una dopo l’altra; ma la vecchia casa non dormiva ancora quieta. Nell’ala di ponente le finestre della camera d’angolo verso il lago erano aperte e tuttavia lucenti come occhi giallastri d’un gufo mostruoso.”

Il consiglio di Nicola Laurenza:

Le due zitelle, di Tommaso Landolfi.

Una storia grottesca piena di strani esseri umani vecchi o paralitici immersi in una provincia italiana inquietante, scimmie indomabili, messe nere e scontri teologici che credo non si siano mai visti in generale nella letteratura italiana e non. Landolfi un maestro del weird e questo è forse il suo romanzo più sovversivo e luciferino.

“Pare impossibile, e forse lo è difatto, ma tale è la solita conclusione. Impercettibilmente piegandoci e raffreddandoci ci avviciniamo al nostro principio, cantò (o strise) il poeta. Infine non è da ora che ci saremmo abituati; non è questo un mondo dove capitano le cose impossibili, e direi solo quelle?”

Il consiglio di Lucia Patrizi:

Exit, di Francesca Fichera.

Questo è un libro speciale perché è stato scritto da un’amica che non c’è più, ma ha lasciato una testimonianza del suo talento racchiusa in una raccolta di racconti che posso definire in un solo modo: magici.

Tratto dal racconto: “La prigione”

[di Francesca Fichera, di quello che è stata per noi, ve ne parlai qui. Perché col cavolo che il dolore passa. Diventa solo un pochino più sopportabile.]

Il Consiglio di Fabrizio Borgio:

Maglia Rossa, di Gianfranco Manfredi.

Nella Milano di metà anni ’70, Mario Montrese, consulente di archeologia industriale al Museo della Scienza, rimane colpito da un articolo pubblicato su una rivista di storia da un compagno di studi, Alberto Bellini. Vi si parla di un episodio delle repressioni operate dal generale Bava Beccaris nel maggio del ’98, e soprattutto delle imprese di un mago anarchico e scapigliato, forse folle, sicuramente “sovversivo” per i parametri dell’epoca: Tommaso Reiner.

Con la sola forza del pensiero, Reiner sembra capace di fermare a distanza i macchinari dell’industria, o di far scoppiare i fucili dei carabinieri puntati sugli operai in fuga. Avvolto in fumi sulfuree Reiner compare anche nel resoconto di una serata medianica in casa di un avvocato scettico, presenti il comico Ferravilla, la sua amante Emma Ivon, lo scultore Bazzaro e vari scapigliati. L’avvocato perisce nello scoppio di una macchina galvanica. Ce n’è abbastanza per mettere sulle tracce di Reiner i due amici e Marisa, che è la donna di Mario dopo esserlo stata di Alberto. Puntualmente la caccia si complica di morti ammazzati e inquietanti prodigi: idoli che si animano, automi assassini, visioni d’incubo, morti viventi, in un intreccio sempre più fitto di coincidenze e disvelamenti.

Si direbbe che Tommaso Reiner è vivo, vivissimo e ben deciso a difendere il suo segreto.

È uno dei primi horror italiani che ho letto, un libro scritto in un periodo dove l’idea che uno scrittore nostrano pubblicasse una storia così era cosa inconsueta. Siamo a cavallo tra il Pupi Avati di Zeder, una versione maligna di Rol e una galleria di situazioni al limite tra l’onirico e l’inquietante. Non si copiava King, non c’era ancora l’idea di fare cose Pulp e si lavorava di buon mestiere.

I consigli di:

novembre e dicembre

gennaio

febbraio

marzo

aprile

maggio

giugno

luglio

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